XXV Aprile 2019. Ricordiamo una lezione che non dobbiamo mai dimenticare! – La buccina. – A Te non costa nulla! – Sa die de sa Sardigna – Albero della Cuccagna! – Liardo un quarto di sol, non un miliardo!…LE PAGINE DI GIORGIO CORTESE

XXV Aprile 2019. Ricordiamo una lezione che non dobbiamo mai dimenticare!
Buongiorno al Signor Sindaco, alle autorità civili e militari presenti, la Dirigente scolastica, gli insegnati con agli alunni delle scuole, ai musici della Filarmonica Favriese, colonna sonora delle nostre manifestazioni, le varie associazioni presenti ed al Gruppo Alpini che festeggia i 95ani di fondazione, a tutte le altre associazioni favriesi, a tutti i concittadini e l’ANPI che oggi partecipano a questa importante commemorazione per la vita civile di Favria e di tutta la nostra amata Patria.
Oggi, l’anniversario del XXV Aprile, ci invita ad unire tutti le nostre forze per superare le difficoltà del momento, per garantire a tutti gli italiani di vivere un presente ed un futuro in una nazione libera e democratica.
Questo 74simo anniversario è un valore che ci riconduce al sacrificio di quanti hanno concorso a renderci liberi, di donne e di uomini che hanno contribuito a riconquistare la democrazia in questo Paese.
L’anniversario della Liberazione ci deve ricordare a tutti noi l’impegno ad essere, insieme a coloro che governano e amministrano, garanti e promotori di una serena e pacifica convivenza civile, nel rispetto dei diritti di tutti e di ognuno.
Oggi festeggiamo la festa della liberazione, della libertà ritrovata dopo la dittatura fascista. Ma che cos’è la libertà?
In generale si pensa che la libertà indichi la possibilità di fare ciò che si vuole senza subire controlli esterni. Tuttavia, a contrastare questa definizione da vocabolario, è la consapevolezza che la nostra personale percezione di libertà finisca nel momento in cui inizia quella degli altri. Se si prendono per buone entrambe le considerazioni, allora, fondamentalmente, la libertà non è mai esistita e non esisterà. Eppure , la libertà è un valore insito dentro ognuno di noi.
A lei ci affidiamo e desideriamo raggiungerla, sentirla dentro, nelle cose e nelle persone che ci circondano.
A lei sono stati dedicati gesta, opere artistiche, ideologie sociali e ancora esercita un grande fascino non appena la si sente nominare.
La si invoca in ogni circostanza, sempre e, a volte, anche a sproposito.
Ma la libertà vuole dire solo che basta ottenere un bel lavoro, avere una bella casa, uno stipendio fisso?
Credo che la libertà del fare e la possibilità di avere qualsiasi cosa venga, in un qualche modo confusa e tende a diventare nulla più di un prodotto vendibile sul mercato.
Personalmente mi rifiuto di credere che la libertà si riduca a questo e, pur non negando l’importanza di guadagnarsi da vivere onestamente, mi inquieta sentirla associata al denaro, all’interesse, al potere e a quant’altro.
In questi contesti credo sia preferibile lasciar in pace la libertà e rispolverare, sempre con cognizione di causa, il termine di dignità e riflettere di più su entrambe.
Ma questa liberta è stata riconquistata con il sangue e sacrificio di chi per due lunghi e dolorosi anni dal 1943 al 45 ha combattuto in montagna, nei paesi, nelle case e nei posti di lavoro.
Allora un esercito molto più numeroso dei combattenti, ma silenzioso ha combattuto questa battaglia giorno per giorno, mi riferisco alle donne e agli anziani che lavoravano nelle fabbriche o che accudivano nei campi e nelle case.
Ricordiamoci oggi che il presente è frutto di un passato sofferto e di tanti persone, molte giovanissime che hanno contribuito anche con la vita a costruire una nazione, uno Stato, un futuro. In questi tempi difficili e complicati, la forza per andare avanti e uscire dalla crisi ci deve arrivare dall’aiuto reciproco, dalla condivisione delle difficoltà, dal superamento delle stesse attraverso un impegno comune, di tutti.
La libertà si consolida con una Politica che abbia come punto di riferimento la società e i suoi bisogni che abbia come fine aiutare le persone, in quanto esseri umani e non giocare sulla crisi per mettere gli ultimi contro gli ultimissimi!
Bisogna dare voce a chi non ha voce!
Oggi viviamo la minaccia di un nuovo fascismo che risorge maligno, sotto altre forme come l’incitazione all’odio verso i diversi sotto ogni forma: migranti, rom, omosessuali, che si esprime in modi, luoghi e forme diverse, ma è espressione di un risorgente fascismo e non sempre riceve le giuste condanne, sia che provengano dagli stadi con i buu razzisti, sia con l’impedimento ad una famiglia rom di prendere possesso di un alloggio legittimamente assegnatole, sia con una politica anti immigratoria che in tutta Europa non tiene conto che chi fugge ha subito torture, stupri ed ogni angheria.
Ricordiamoci che a forza di costruire muri imprigioniamo la nostra libertà!
Ricordare è un bisogno essenziale, perché senza il ricordo di cosa compirono i nostri fratelli 74 anni fa, corriamo il rischio di abbandonarci all’indifferenza, alla perdita di entusiasmo, alla freddezza o al disinteresse verso noi stessi e verso la nostra Comunità.
Cari Favriesi l’unica cosa che dobbiamo detestare è la quotidiana indifferenza, l’apatia. Se vogliamo vivere veramente, dobbiamo partecipare alla vista sociale, altrimenti viviamo nell’indifferenza che è indolenza, parassitismo, codardia.
Diamoci ogni giorno una scossa di vita, destiamoci dagli smartphone che cancellano i nostri sinceri sentimenti, fermiamoci a riflettere e chiediamoci: se avessi fatto anch’io il mio dovere, se avessi cercato di far valere la mia volontà, se avessi accettato di vivere interessandomi della cosa pubblica, oggi forse vivremmo in una società che non rincorre più i bisogni!
Anzi, probabilmente saremmo una società più libera dal bisogno e dalle paure.
L’indifferenza la si vede nei comportamenti scorretti o francamente illegali, ma anche nei gesti più piccoli e apparentemente insignificanti.
Chi non rispetta le regole, anche quelle più piccole e di convivenza, chi degrada e sporca le pareti della nostra Comunità e vandalizza manufatti pubblici.
Chi getta la carta per terra anziché usare il cestino, chi getta i rifiute per le strade ed inquina come un novello maiale, chi lascia l’auto in divieto di sosta, chi non rilascia lo scontrino fiscale ed evade le tasse.
Se tutti facessimo la nostra piccola parte nella società, se odiassimo l’indifferenza, vivremmo in una società più giusta per tutti.
Ecco che contro l’indifferenza quotidiana vengono in aiuto i valori degli alpini che oggi come gruppo compiono i 95 anni di fondazione, una associazione che ha fatto sua dei valori che forse abbiamo perduto o mi auguri solo oggi dimenticato.
Gli Alpini hanno imparato a rispettare la natura, sentendosi parte di essa fino all’ultima goccia di sangue, e a tenere duro sulla meta prefissata, costi quello che costi.
Gli Alpini, hanno capito che nella vita quello in difficoltà potevo essere lui e che per chiudere il cerchio doveva aiutare chi lo era più’ di lui!
Gli Alpini, hanno dentro di loro il sentimento che il valore di un uomo non si misura dal denaro, potere e fama e successo, ma dalla sua umanità!
Ecco allora che il 25 aprile deve essere per noi ogni anno, naturalmente, anche un giorno di festa e di memoria, in cui ci ripromettiamo di lasciarci alle spalle l’odio per chi ha una pelle diversa dalla nostra, la violenza dell’intolleranza, la dittatura del più forte, le disuguaglianze sociali.
Ecco oggi ho un sogno, vorrei che fosse il giorno in cui ci lasciamo alle spalle anche l’indifferenza.
Il 25 aprile non è solo una ricorrenza o un giorno di festa: è il giorno in cui, ricordiamo le nostre comuni origini di combattenti liberi e tenaci e facciamo sempre nostri i principi lasciati in eredità dai nostri nonni e dalle nostre nonne.
Servono a noi per ridare sostanza e colore al nostro passato, per ricordarci ora e sempre da dove proveniamo, ricordiamolo sempre!
Ricordiamo sempre questa data, il sacrificio di quanti hanno combattuto per la Libertà nella quotidianità di tutti i giorni, il nostro quotidiano scudo morale!
Prima di concludere permettetemi di dire che sarebbe doveroso dedicare una via cittadina alle donne che hanno combattuto per la nostra attuale libertà.
La Festa del XXV Aprile vuole dire anche questo, mai dimenticare ed onorare i nostri morti ogni anno.
Permettetemi di concludere con la riflessione sempre attuale del pastore luterano Martin Niemoller, arrestato per l’opposizione al regime nazista e internato nel campo di sterminio di Dachau: “Prima di tutto vennero a prendere gli zingari, e fui contento, perché rubacchiavano. Poi vennero a prendere gli ebrei e stetti zitto, perché mi stavano antipatici. Poi vennero a prendere gli omosessuali, e fui sollevato, perché mi erano fastidiosi. Poi vennero a prendere i comunisti, e io non dissi niente, perché non ero comunista. Un giorno vennero a prendere me, e non c’era rimasto nessuno a protestare”. Per impedire questo sono morti 74 anni fa dei nostri fratelli!
Oggi, quando gli ultimi vengono messi contro gli ultimissimi, dobbiamo come non mai ricordarci dei nostri Partigiani: per la libertà lottarono persone di idee molto diverse, ma non discriminarono chi la pensava diversamente da loro, tutti uniti contro la dittatura nazifascista, per la libertà!.
Questa è la lezione che non dobbiamo mai dimenticare.
Grazie a tutti!
Buona festa della liberazione a tutti Voi. Viva i Favriesi, viva la Repubblica ed evviva gli Alpini!
Favria 25.04.2019 Giorgio Cortese

Nella vita le avversità molte volte possono essere delle formidabili occasioni.

La buccina.
Ho trovato in un libro questa strana parola, buccina che deriva dal latino buccinare, derivato di bucina. Ma per comprendere questa parola è necessario aver presente che cosa sia una bùccina. La buccina è la conchiglia ritorta che può essere usata come una tromba che mi ricorda il mito di Poseidone e i tritoni. Nell’antica Roma la buccina era una rudimentale tromba militare, poco più di un tubo di bronzo ricurvo, con cui veniva scandita la vita dell’accampamento. Ed è da questa immagine che traggo il il significato moderno di buccinare e di quanto scritto nel libro. Buccinare significa divulgare, bandire, al modo in cui il suono della tromba richiama e avvisa. Ha in sé una sfumatura di rumore che, se non scomposto, certo non è aggraziato, mi dipinge un personaggio che con slogan strepitosi si rivolge a un pubblico ampio.
Favria 26.04.2019 Giorgio Cortese

La peste degli esseri umani è la presunzione di sapere. La presunzione può gonfiare un uomo, ma non lo farà mai volare.

A Te non costa nulla!
A te non costa nulla ma per molti significa tanto
dona il tuo 5×1000 alla FIDAS ADSP – codice fiscale FIDAS ADSP 80090270010
questa scelta non comporta alcuna spesa per te essendo una quota d’imposta a cui lo stato rinuncia. se non effettuerai alcuna scelta, il 5×1000 resterà allo stato. Scegliendo di destinare il tuo 5 per 1000 dell’Irpef a Fidas ADSP (non comporta nessun costo) contribuirai al finanziamento delle attività che l’associazione porta avanti sul territorio piemontese per la diffusione della pratica della donazione anonima, gratuita, volontaria, periodica e responsabile del sangue e dei suoi componenti.
IL CODICE FISCALE DI FIDAS ADSP E’ 80090270010
Presenti il 730 o il Modello Unico? Bastano 2 semplici mosse:
Metti la tua firma nel riquadro “Sostegno del Volontariato…” Inserisci nello spazio “codice fiscale del beneficiario” il codice fiscale di Fidas ADSP 80090270010. Anche se non devi presentare la dichiarazione dei redditi puoi devolvere lo stesso a Fidas ADSP Onlus il tuo 5 per mille:
Compila la scheda fornita insieme al CU dal tuo datore di lavoro o dall’ente erogatore della pensione, firmando nel riquadro indicato come “Sostegno del volontariato…” e indicando il codice fiscale di Fidas ADSP 80090270010
Inserisci la scheda in una busta chiusa
Scrivi sulla busta “DESTINAZIONE CINQUE PER MILLE IRPEF” e indica io tuo cognome, nome e codice fiscale. Consegnala a un ufficio postale (che la riceverà gratuitamente) o a un intermediario abilitato alla trasmissione telematica (CAF, Commercialisti…)
Grazie dell’aiuto!
Favria, 27.04.2019 Giorgio Cortese

Ottimista è colui che crede che a tutto ci sia rimedio. Pessimista è colui che pensa lo stesso, ma sa che nessuno lo inventerà

Sa die de sa Sardigna
Sa die de sa Sardigna è la festa del popolo sardo che ricorda i cosiddetti “Vespri Sardi”, cioè l’insurrezione popolare del 28 aprile 1794 con il quale si allontanarono da Cagliari i Piemontesi e il viceré Balbiano in seguito al rifiuto del governo torinese di soddisfare le richieste dell’isola titolare del Regno di Sardegna. I Sardi chiedevano che venisse loro riservata una parte degli impieghi civili e militari e una maggiore autonomia rispetto alle decisioni della classe dirigente locale. Il governo piemontese rifiutò di accogliere qualsiasi richiesta, perciò la borghesia cittadina con l’aiuto del resto della popolazione scatenò il moto insurrezionale. Il movimento di ribellione era iniziato già negli anni Ottanta del Settecento ed era proseguito negli anni Novanta toccando tutta l’isola. Le ragioni erano di ordine politico ed economico insieme. Il motivo del malcontento popolare era dovuto anche al fatto che la Sardegna era stata coinvolta nella guerra della Francia rivoluzionaria contro gli stati europei e dunque contro il Piemonte. Nel 1793 una flotta francese aveva tentato di impadronirsi dell’isola, sbarcando a Carloforte e insistendo successivamente anche a Cagliari. I Sardi però opposero resistenza con ogni mezzo, in difesa della loro terra e dei Piemontesi che dominavano allora in Sardegna. Questa resistenza ai Francesi aveva entusiasmato gli animi, perciò ci si aspettava un riconoscimento ed una ricompensa dal governo sabaudo per la fedeltà dimostrata alla Corona. La scintilla che fece esplodere la contestazione fu l’arresto ordinato dal viceré di due capi del partito patriottico, gli avvocati cagliaritani Vincenzo Cabras ed Efisio Pintor. Siamo appunto al 28 aprile del 1794, data nota come sa die de s’aciappa, ossia, il giorno della cattura, la popolazione inferocita decise di allontanare dalla città il viceré Balbiano e i 514 funzionari continentali, che nel mese di maggio di quell’anno furono imbarcati con la forza e rispediti nella loro regione. Incoraggiati dalle vicende cagliaritane, gli abitanti di Alghero e Sassari fecero altrettanto, e infine il resto dell’isola, fecero altrettanto. I moti antifeudali furono successivamente guidati per altri due anni da Giovanni Maria Angioy, alto magistrato del Regno di Sardegna, salvo essere alla fine repressi dalle forze lealiste, ingrossatesi in seguito alla stipulazione del trattato di pace sottoscritto da Napoleone e Vittorio Amedeo III. L’esperimento rivoluzionario sardo giunse così al termine, e l’isola rimase sotto la giurisdizione sabauda. A esso, seguì un periodo di restaurazione aristocratica e monarchica, che non riuscì a spegnere altri spontanei focolai di ribellione occorsi nel 1802, 1812, 1816 e 1821.
Favria, 28.04.2019 Giorgio Cortese

Fai la prima mossa vieni a donare il sangue, salva una vita umana. . Vieni a donare venerdì 10 maggio a Favria cortile interno del Comune ore 8-11,20. Abbiamo bisogno di Te!

Albero della Cuccagna!
Detto anche Albero di Maggio, risale alle popolazioni germaniche e ai loro antichi culti della fertilità. Si crede, infatti, che per festeggiare le nuove fioriture sacrificassero delle focacce, Kuchen, appendendole all’albero consacrato. Ci sono oggi diversi approcci a quello che è diventato ai nostri giorni un gioco, sia l’Albero piantato in terra e ingrassato o appeso su un corso d’acqua, resta il fatto che i giocatori devono affrontare una grande sfida di equilibrio e abilità per arrivare all’ambito premio e scalare il palo che rappresenta l’antico Albero della Cuccagna.
Favria, 29.04.2019 Giorgio Cortese

Le motivazioni si dimostrano meglio con le azioni, non fermarti alle intenzioni. Vieni a donare venerdì 10 maggio a Favria cortile interno del Comune ore 8-11,20. Abbiamo bisogno di Te!

Liardo un quarto di sol, non un miliardo!
Ho trovato in un libro recentemente letto il nome di questa moneta, liardo. Antica moneta francese del valore di 3 denari che ebbe origine nel Delfinato nella seconda metà del 14° sec. e fu coniata in tutta la Francia sino alla fine del 18° sec., con denominazioni varie secondo le zecche e i tipi: si hanno liardo di Carlo I e Carlo II Gonzaga-Nevers coniati nei loro possedimenti francesi a Charleville. In Italia furono contraffatti nelle zecche di Desana dei Tizzoni, di Passerano dei Radicati e di Frinco dei Mazzetti. Anche Antonio Grimaldi principe di Monaco fece coniare nel 1720 un liardo di mistura del valore di 2 denari. Una moneta con questo nome era anche usata nel Principato vescovile di Liegi. Aveva tale denominazione anche una frazione del Kronentaler, moneta dei Paesi Bassi spagnoli. 1 Kronentaler valeva 254 liard. In seguito all’occupazione francese del 1794, il Kronentaler fu sostituito con il franco francese. Questa era è la breve storia della moneta Liardo di rame usata in Francia sino al 1856. Valeva un quarto di sol e non un miliardo!
Favria 30.04.2019 Giorgio Cortese

Quando porgiamo la mano a chi ha bisogno di aiuto, non dobbiamo pensare ad un tornaconto… non è la mano che dona, ma è il cuore. Vieni a donare venerdì 10 maggio a Favria cortile interno del Comune ore 8-11,20. Abbiamo bisogno di Te!
giorgioNovembre