Tricolore italiano. – Perché è importante la donazione di sangue? – Mai arrendersi. I tre moschettieri! – -mangiare la foglia! – Grisaglia e non gramaglia! – Nevrile strapuntino del cacume… LE PAGINE DI GIORGIO CORTESE

Tricolore italiano.
Il 7 gennaio si celebra il Tricolore, per ricordare la nascita della bandiera ufficiale dello Stato italiano, avvenuta nel 1797. L’origine della bandiera italiana è da attribuire alla Rivoluzione francese. Con la presa della Bastiglia, i rivoluzionari scelsero come colori-simbolo della loro battaglia: il blu, il bianco e il rosso. Gli ideali di libertà, uguaglianza e fratellanza espressi dalla Rivoluzione si diffusero, attraverso le campagne di Napoleone, in tutta Europa arrivando anche in Italia. Dei tre colori originali il blu fu sostituito con il verde per dare al moto italiano una sua indipendenza rispetto alla Francia. Il bianco ed il rosso sono i simboli della sovranità per il popolo e della libertà per la nazione. Mentre il verde, che era il colore della speranza, ma anche delle uniformi delle milizie italiane che combattevano al fianco di Napoleone, rappresentava coloro che avevano combattuto per la libertà dell’Italia. Una festa importante, che riafferma, rafforza e consolida l’identità nazionale. Per riscoprire quello che siamo stati, grazie a grandi personalità come Cavour, Garibaldi, Mameli o Giuseppe Verdi ma soprattutto ai patrioti, ai letterati, agli artisti, ai musicisti e a tutto il popolo che si è battuto per rimanere unito sotto un’unica bandiera. Il primo tricolore era rosso, bianco e verde a strisce orizzontali. Al centro portava le iniziali della repubblica (R e C) e un emblema costituito da una faretra e un trofeo bellico con quattro frecce che simboleggiavano le quattro province originali della federazione padana; il tutto entro una corona di alloro. L’11 maggio 1798 fu precisata la forma del Tricolore. Diventò a strisce verticali come oggi e senza nessun emblema. Il Tricolore nasce a Reggio Emilia il 27 dicembre 1796 durante un congresso. Nella sala dell’Archivio Ducale 110 delegati, presieduti da Carlo Facci, decretarono la costituzione della Repubblica Cispadana, comprendente i territori di Bologna, Ferrara, Modena e Reggio Emilia. In quell’occasione fu Giuseppe Compagnoni, segretario generale della confederazione, a proporre per primo di adottare una bandiera Verde, Bianca e Rossa. Ispirato agli ideali liberali della Rivoluzione francese è ricordato come il “Padre del Tricolore”. L’ufficialità arrivò pochi giorni dopo, il 7 gennaio 1797, giorno che segue l’Epifania. Quando fu proclamato il Regno d’Italia, allo stendardo si aggiunse lo stemma della corona reale sabauda. Fu il 27 dicembre del 1947 che il Tricolore divenne una bandiera nazionale per affermarsi definitivamente alla fine della Seconda Guerra Mondiale. Sarà l’emerito Presidente Azeglio Ciampi che più di tutti ha cercato di recuperare quel senso di appartenenza alla Patria con innumerevoli omaggi alla bandiera. Il Tricolore è il simbolo dell’unità nazionale. La bandiera va esposta nelle nostre case e tenuta con cura. È un simbolo vivo e attuale, emblema moderno di un popolo antico, ricco di cultura, di tradizioni, di arte e di nobiltà d’animo Dichiarò durante un discorso Verde, Bianco e Rosso nelle parole del Carducci: “E subito quei colori parlarono alle anime generose e gentili, con le ispirazioni e gli effetti delle virtù onde la patria sta e si augusta: il bianco, la fede serena alle idee che fanno divina l’anima nella costanza dei savi; il verde, la perpetua rifioritura della speranza a frutto di bene nella gioventù de’ poeti; il rosso, la passione ed il sangue dei martiri e degli eroi. E subito il popolo cantò alla sua bandiera ch’ella era la più bella di tutte e che sempre voleva lei e con lei la libertà!”. Sono le parole del discorso tenuto il 7 gennaio 1897 per celebrare il Primo Centenario della nascita del Tricolore a Reggio Emilia dal poeta e premio Nobel Giosuè Carducci. Un verso che esprime l’amore assoluto per l’Italia e quello che dovremmo noi provare oggi nella giornata nazionale dei colori del dare al nostro Paese quel senso di coesione che talvolta sembra essersi perso.
Favria, 7.01.2019 Giorgio Cortese

Ogni volta che facciamo qualcosa per gli altri, pensando solo alla loro felicità, ci sentiamo meglio. Queste azioni mi riempiono il cuore di gioia. È un esperienza che Mi può cambiare la vita per sempre. Vieni a donare mercoledì 9 gennaio, cortile interno comune di Favria, dalle ore 8 alle ore 11,20.

Perché è importante la donazione di sangue?
Perché il sangue non è riproducibile in laboratorio ma è indispensabile alla vita umana. La donazione del sangue è un gesto volontario, gratuito, periodico ed anonimo. Il sangue spesso è fondamentale in occasione di gravi traumi ed incidenti, in numerosi interventi chirurgici, nei trapianti di organi, nelle anemie croniche, nelle malattie oncologiche e in molti altri casi. In Italia servono circa 8000 unità di sangue ogni giorno. Donare il sangue è molto importante per garantirne una continua disponibilità, con scorte adeguate e di qualsiasi gruppo sanguigno. E’ la garanzia che sempre, per chiunque, ci sarà il sangue giusto e disponibile ad essere trasfuso in caso di occorrenza. D’altra parte per il donatore, oltre all’aspetto etico e morale di aiutare il prossimo, c’è il vantaggio di essere controllato regolarmente da un medico e di sottoporsi ad una serie di esami del sangue (gratuiti) grazie ai quali, alcune alterazioni iniziali per esempio della glicemia, della pressione arteriosa, del colesterolo possono essere subito evidenziate e affrontate tempestivamente dal medico curante. Lo si fa per la salute degli altri, ma ormai non ci sono dubbi: i benefici valgono anche per quella propria. Donare il sangue, come fanno ogni anno 1,7 milioni di italiani, è una scelta che contribuisce a migliorare la salute anche di chi compie il nobile gesto. Maggiore attenzione alla prevenzione, via libera all’adozione di stili di vita più sani, nuovi rapporti sociali da coltivare: recarsi con regolarità in un centro trasfusionale aiuta a salvare le vite degli altri e a prendersi un po’ più cura pure della propria. venite a donare mercoledì 9 gennaio, cortile interno comune di Favria, dalle ore 8 alle ore 11,20.
Favria 8.01.2019 Giorgio Cortese

Sono stato all’ospedale a trovare un caro amico che veniva sottoposto ad una trasfusione di sangue. Mi domandavo di chi fosse il donatore, che sentimenti aveva vissuto prima di entrare in un altro corpo. Vieni a donare mercoledì 9 gennaio, cortile interno comune di Favria, dalle ore 8 alle ore 11,20.

Mai arrendersi.
Nella vita non c’è motivo per arrendersi. Non c’è forza che ci possa fermare. Non c’è tempo che freni il nostro tempo, forgiamo le nostre ali sul carattere e mettiamoci tutta l’energia che abbiamo, vivere non sarà un’impresa, ma diventerà una bellissima vittoria sul destino. Buona giornata
Favria 9.01.2019 Giorgio Cortese

Oggi mercoledì 9 gennaio venite a donare cortile interno comune di Favria, dalle ore 8 alle ore 11,20.

I tre moschettieri!
Sono tre moschettieri, ma non quelli del romanzo di Dumas ma molto più leali, devoti e coraggiosi verso la loro padrona che per ragioni di riservatezza dico solo che ha un nome di origine latina dal significato “Difensore”. I Tre baldi moschettieri sono due bellissimi dobermann Kuma e Dakota coordinati dal frizzante westie Ice che di coraggio ne ha da vendere, qualche volta anche troppo e la sua irruenza lo porta ad essere spavaldo ma che ben si amalgama con i due dobermann che a dispetto del volto truce sono pacifici e socievoli, affettuosi, e molto coraggiosi. Dicono che gli animali non hanno un’anima… bè, io non ci credo. Se avere un’anima significa essere in grado di provare amore, fedeltà e gratitudine, allora gli animali sono migliori di tanti esseri umani e questi sono dei grandi moschettieri. Concludo che i cani sono dei gentiluomini, sono sinceri, non mentono, non ingannano, non tradiscono, generosi, altruisti e penso che i proprietari di un cane se lo guardano negli occhi, come possono dubitare che non abbia un’anima?
Favria 10.01.2019 Giorgio Cortese

In molte persone gli occhi sono le finestre dell’anima.

Mangiare la foglia!
La frase risulterebbe enigmatica, se non si conoscesse la storia di Ulisse, che per sfuggire ai sortilegi della maga Circe ed evitare la sorte dei compagni, trasformati in maiali, fece ricorso di moly, o moli donatagli dal dio Ermes, Mercurio. Il moli o moly è una pianta immaginaria, appartenente al regno divino con proprietà magiche. Dioscoride, identificò il moly con l’harmalá e con la pianta che i siriani chiamavano bessarsan, cioè con la pianta riconosciuta botanicamente come Peganum harmala, nota in italiano come ruta siriaca o pègano, altri la identificano con aglio, per l’assonanza con il nome in greco molyza. Quella foglia nella fertile immaginazione di Omero aveva il potere di antidoto contro la pozione a base di ciceone, bevanda rituale nell’antica Grecia. Tale bevanda venne offerta dalla maga Circe come dono di ospitalità. Ma leggendo dei libri ricchi di citazioni della tradizione popolare dove si legge che gli animali da pascolo, gradualmente si fanno adulti, abbandonano le poppe materne da cui succhiano il latte ed iniziano a brucare per nutrirsi di foglie tenere. Per associazione il passaggio è pertanto acquisizione di un’acquisita scaltrezza nel giudicare le cose del mondo, di una rinuncia all’ingenuità che induce ad essere sempre più prudenti e a “mangiare la foglia” quando si profila un inganno o raggiro. Altra origine potrebbe essere che i pastori avevano l’abitudine prima di dare la possibilità al loro gregge di accedere ad un pascolo di assaggiare personalmente l’erba e le foglie per valutare la qualità del nutrimento. In questo modo capivano subito, o capivano al volo, se il pascolo potesse giovare alla salute dei loro animali.
Favria 11.01.2019 Giorgio Cortese

Stiamo diventando così occupati che presto i lettori non avranno più tempo di leggere tutti i libri che gli autori non avranno più tempo di scrivere.

Grisaglia e non gramaglia!
La grisaglia è una stoffa pettinata tessuta con fili bianchi e neri, che risulta grigia, oppure abito abito confezionato con tale stoffa. Fa li nel linguaggio artistico viene indicata una pittura monocroma usata per decorare le vetrate delle chiese dal francese grisaille, da gris, grigio. Come si vede un riferimento così vasto al grigio non poteva che essere versatile. Ora, anche se gramo e grigio sembrano simili, la grisaglia non va confusa con la gramaglia. La gramaglia , abito da lutto, addobbo per riti funebri, deriva dallo spagnolo gramalla, veste lunga usata dai dignitari d’Aragona. Curiosamente il termine gramaglia giunge in Italia prima della dominazione spagnola, il che fa supporre una derivazione parallela direttamente dal catalano. Ad ogni modo, arrivato in Italia richiamò subito all’orecchio l’aggettivo, gramo. E a quanto pare è stato proprio così che la dignità della gramalla si tradusse in una severità funebre. La grisaglia è invece l’abito triste-serio, l’abito della tradizione, della formalità ma non del lutto.
Favria, 12.11.2018 Giorgio Cortese

Ricordiamoci che quando tutto sembra spegnersi, rialziamoci e riaccendiamo la vita, la quotidiana partita non è ancora finita

Nevrile strapuntino del cacume.
Per indicare certe persone ho usato le tre parole del tiotolo, che prima spiego. La nevrite significa scattante, vigoroso, eccitabile. Esisteva il sostantivo ‘nevrilità’, fin dall’Ottocento, e descriveva un carattere dei nervi, la loro attitudine alla conduzione d’impulsi elettrici, si poteva parlare della nevrilità di un tessuto, per esempio. Ma è morto, del tutto obsoleto, risorge però, in compagnia dell’aggettivo ‘nevrile’, con altri significati: sorte curiosa, per una parola, morire e risorgere così diversa. Nevrile ha alla base la parola nervo, la persona nevrile non vuole dire che sia nervosa, ma l’atteggiamento scattante vigoroso, che scatta. con una rapidità felina. Am se penso alle seconda parola strapuntino, rifletto su di un oggetto umile. Strapuntino significa, infatti, sacco imbottito trapuntato, materassino; sedile pieghevole o ribaltabile diminutivo di strapunto, derivato di trapunto. La parola, pare che derivi dal francese, strapotin, e precisamente dal linguaggio marinaresco, sarebbe il materasso della branda. Ma già nel Seicento il francese strapontin aveva preso il significato di sedile pieghevole o ribaltabile, temporaneo o a scomparsa. Insomma un posticino sportivo su cui sistemarsi, come il materassino sottile. La terza ed ultima parola cacume, e non pensate male, non sono sotto le travi abitate dai colombi, ma la parola ha una origine dal latino, cacumen, cima, sommità, colmo e significa in italiano, vetta, cima. Secondo gli studiosi la parola ha una radice indoeuropea, ak, che indica proprio la cima, che si vedrebbe anche in acuto. Come si vede sono persone sempre in movimento, nrevrite, che nonostante il lavoro frenetico sono umili ma sportive come gli strapuntini e permettono di raggiungere il cacume impervio del nostro animo. Sono persone straordinarie come le tre parole che vi ho elencato.
Favria, 13.01.2019 Giorgio Cortese

Ogni giorno Il primo passo non mi porta dove voglio, mi toglie da dove sono.
GiorgioCortese1