sul … sentiero del bosco della valle di Forzo di Giorgio Cortese

Giorgio Cortese autorevole collaboratore del sito della valle Soana, dopo aver preso visione del nuovo sentiero ripristinato in valle di Forzo, ci ha prontamento raggiunto con alcuni articoli scaturiti dalla sua feconda vena poetica e dalla sensibilità sia per l’argomento sia anche per la nostra valle. Grazie Giorgio!

Sentiero nel bosco.
Se penso ad un sentiero in un bosco, nella mia mente riaffiora quello che da ragazzo avevo percorso nelle montagne del verde Canavese. Entrare in un sentiero nel bosco, in montagna è come entrare in un’altra dimensione, quella del silenzio, del dimenticare la schiavitù dell’orologio. Allora il tempo diviene una cosa che non si misura in ore, minuti, secondi, è una cosa che semplicemente non si misura. Entrando nel sentiero, dopo poco tempo si cancella il vociare festoso dei villegianti, che stanno nel bar di montagna come potrebbero stare in un bar nel centro di Torino. Raggiunto il silenzio, mi fermavo in uno spiazzo ombroso o in una rientranza del sentiero, mi sedevo con le spalle appoggiate ad un albero e mi immergevo in un libro. Mi ricordo che ogni tanto mi fermavo nella lettura per dare spazio al silenzio che avevo intorno, e nel silenzio della natura, con suoni della natura ascoltavo il bosco. I boschi sono stati all’alba della nostra umanità i santuari primitivi, i luoghi in cui gli esseri umani hanno incontrato le prime rappresentazioni tangibili delle divinità. Se ci pensiamo bene, l’odore del pino è per tutti noi esseri umani essenza intima e familiare, anche per quelle persone che non hanno mai attraversato un sentiero una pineta, ricordo che il lemma sentiero che deriva dall’antico francese sentier, derivazione del latino “semita”, ovvero sentiero. Nel bosco sono sempre rimasto affascinato dal pino. Il genere Pinus è presente in quasi tutti i continenti, sempreverde capace di vivere a lungo anche nei luoghi meno favorevoli, in molte culture è simbolo della forza inestirpabile, di immortalità, del passaggio dalla terra al cielo. Se osservo un pino, poco per volta nel mio animo penso alla sua grandezza e mi viene spontaneo di levare la testa verso il cielo, esattamente come fa la sua chioma. Una serie di miti legati alla primavera ebbero al loro centro l’idea di un sacrificio a cui succede una creazione-rinascita-nascita come il mito di Attis e Cibele. Attis, bellissimo giovane nato dal sangue della dea Cibele e da questa amato, voleva abbandonarla per sposare una donna mortale. Cibele lo fece impazzire ed egli si evirò morendo dissanguato. Dal suo sangue nacquero viole mammole. Gli dèi lo trasformarono in un pino sempreverde. Il frutto, la pigna preziosa e corazzata, simboleggia come due cerchi concentrici la permanenza della vita, significato poi ripreso nella Cristianità con la resurrezione dei morti, l’eterno, l’incorruttibile.. Ecco i ricordi che riaffiorano dalla mio animo quando penso ad un sentiero nel bosco, il vivere a stretto contatto con la natura, con il tempo scandito dai suoi ritmi, osservandoli con attenzione e sempre con stupore perché ne faccio parte. Permettimi ma concludo con il libro di Isaia 35,8: “Ci sarà un sentiero e una strada e la chiameranno via santa, nessun impuro la percorrerà e gli stolti non vi si aggireranno.”

Il cannocchiale.
Nella calma del bosco vedo un tronco cavo posato come un cannocchiale per traguardare una alta guglia dall’altro lato della valle. Cannocchiale, parole che mi è sempre sembrata curiosa e che deriva da canna nel significato di tubo e occhiale, pare coniata dal gesuita Biancani nel 1611 per indicare lo strumento inventato da G. Galilei. Questo simil cannocchiale mi ricorda quando da bambino avevo anche io un vecchio, cannocchiale. Mi ricordo che era un mediocre cannochiale da bambini con la tecnologia di 50 anni addietro, ma quando osservavo le stelle pensavo che fosse “magico” ed immaginavo di poter guardare lontanissimo e osservare ogni singola stella. Non ricordo se si sia conservato dal tempo in cui, bambino curioso del Creato giocavo a guardare le stelle. Il vedere questo cannocchiale di legno costituito da un tronco cavo che traguarda una lontana guglia mi fa nascere nell’animo il desiderio di riprendere il vecchio gioco con il cannocchiale e di puntarlo in questa dolce e serena notte, verso la nera volta che tutto avvolge. Ma purtroppo il cannocchiale che avevo da bambino è rimasto nei mei ricordi e, anche se ne avessi uno, forse non lo saprei più usare, non perchè è guasto, ma perché invece di scorgere stelle e pianeti vedo soltanto i tanti volti delle persone care e amiche che hanno con me percorso un tratto del sentiero chiamato vita, andate via per sempre, volate in quel cielo lontano. I ricordi di queste persone care, fanno affiorare nell’animo vecchi ricordi, attimi di felicità e tristezza di persone che ritroverò alla fine del mio sentiero, un giorno. Forse non ho più il cannocchiale che avevo da bambino ma mi sono reso conto di averne sempre prezioso con me che si chiama cuore che la calma del sentiero del bosco ha fatto riaffiorare.

La scacchiera della vita.
Lungo il sentiero del bosco ripristinato da Luciano, guardaparco PNGP e dalla moglie Maura percorro la vecchia mulattiera che partendo da Pezzetto, sale a Molino di Forzo. Sul limitare del bosco, vicino all’argine del torrente vedo un manufatto simile ad una scacchiera. La scacchiera è massiccia di pietra, può sembrare grezza ma è ben delineata, ed al posto delle pedine della dama o dei pedoni degli sacchi ci sono delle semplici ma significative pietre di fiume. Rifletto che il gioco degli scacchi ha avuto origine in un punto assai remoto della storia della civiltà e per molti secoli è stato visto come metafora, dalla guerra alla virtù e all’amore spirituale, dall’intelligenza allo studio della mente. Insomma le 64 caselle sono simili al globo in miniatura e l’evolversi della partita, può in qualche modo essere assimilata allo scorrere del tempo in quella che è una esistenza umana, con tutto ciò che essa comporta. I sassolini disposti sulla scacchiera mi sembrano al libro della vita, le immagino come dei sassi bianchi come il libro della vita, dove all’inizio della mia umana esistenza nulla è ancora stato scritto. Ma poi mano a mano che cresco entro in contatto con delle persone, con loro cammino tratti più o meno lunghi del sentiero chiamato vita e la natura mi accompagna, senza che quasi me ne accorga per tutta la mia esistenza, con la sua colonna sonora, simile all’acqua che scorre nel torrente limpido li vicino. Purtroppo c’è chi subisce scacco matto in poche mosse e mi saluta prematuramente, c’è chi continua a giocare come il sottoscritto aspettando che giunga anche per me il momento in cui l’arbitro/destino bloccherà l’orologio. In questo gioco che si chiama vita, ogni giorno fatico con costanza e perseveranza per raggiungere delle vittorie parziali. Ma non è mai una vittoria netta, ma ogni giorno riparto dall’inizio del gioco e faccio esperienza delle sconfitte del giorno prima per raggiungere sempre  dignitosi risultati senza mai perdere la volonta di crederci sempre, di metterci il cuore e di ascoltare con attenzione chi incrocio con la mia scacchiera che chiamo vita, per avere  la forza di rialzarmi sempre, anche dopo le inevitabili e umane sconfitte. Il tutto, sempre accompagnato dal fluire del tempo che è simile al gagliardo torrente che mai si arresta in ogni tempo e stagione, giorno e notte. Buona partita a tutti