Sperare con la speranza degli alpini. – I cieli grigi sono solo nuvole di passaggio – Lutto al tempo del Coronavirus – Dalla finestra – S. Pasqua di Risurrezione – Leggere per evadere dalla finestra chiusa. – Dalla cicoria all’endivia o indivia!…LE PAGINE DI GIORGIO CORTESE

Sperare con la speranza degli alpini.
In questi giorni, settimane, di coronavirus sono stato raggiunto al telefono, unico mezzo di parlare con i miei simili fuori dai miei famigliari, non essendo possibile di persona per motivi sanitari, ma almeno con la voce a distanza. Questo Alpino, già avanti negli anni mi ha detto che da una parte era dispiaciuto del rinvio del raduno nazionale a Rimini, ma nel suo animo comprendeva benissimo le ragioni. Dispiaciuto perché sperava per la prossima data di essere ancora dèsgagià, agile, lesto nel fare il raduno. Simpatica la parola usata dall’anziano Alpino, lemma che deriva dal francese dègager che proviene dall’antico tedesco waddi, con il significato originario di sgomberare poi passato al francese con aggiunta iniziale di des con il significato di prontezza che è rimasto oltre che al piemontese anche nel ligure desgagàrse e nell’occitano desgajà. Ma dall’altra parte come tutti gli Alpini fedele allo spirito civico di ubbidire costi quello che costi e sempre rispettare le regole prima di tutto, ma con positività e speranza. L’esigenza di tutelare la salute di tutti è prioritaria. L’adunata, che dalla fine della Seconda guerra mondiale non si è mai interrotta, è la più importante manifestazione al mondo organizzata da una associazione d’arma, con lo spirito di amicizia e solidarietà che da sempre contraddistingue gli Alpini. Mi ha fatto affiorare nell’animo con commozione i valori dell’Alpinità stanno a significare che essi non sono propri solo dell’Alpino, ma sono quelli di una società civile e il compito dell’Alpino è quello di tramandarli, farli conoscere a tutti perché se rispettare questi valori significa che rispetta il prossimo, da qualunque luogo egli venga. Per società civile non si intende un qualcosa di astratto, ma siamo tutti noi che ogni giorno ci svegliamo, e poi adesso affrontiamo la guerra con il virus, magari non in trincea come i negli ospedali, le forze dell’Ordine, la Protezione Civile e volontari del soccorso ma facciamo la nostra parte nel nostro piccolo, nella quotidianità. Se ognuno di noi cercasse di fare la sua parte, sarebbe possibile pensare di avere una società migliore, facendo il nostro dovere non perché qualcuno ci dica grazie, ma farlo per noi e per rispetto degli altri e della nostra umana dignità. Concludo per segnalare il grande gesto dei tutti gruppi della sezione de la Veja di Torino che sono fermamente convinti nella vita abbiamo bisogno gli uni degli altri e pertanto siamo responsabili gli uni degli altri hanno devoluto alle Molinette una offerta per sostenere la nostra Sanità impegnata sul Piave della salute a combattere il temibile morbo. W gli Alpini.
Favria, 7.04.2020 Giorgio Cortese

Nella vita non sempre tutto si può fare, non sempre tutto si può realizzare, ma in tutto, per fortuna, si può sempre sperare. Vieni donare a Favria mercoledì 8 aprile , cortile interno del Comune dalle ore 8 alle ore 11,20. Abbiamo bisogno di Te e grazie se fai passa parola. Attenzione a seguito del DPCM del 8 marzo 2020, per evitare assembramenti è necessario sempre prenotare la vostra donazione. Grazie per la vostra collaborazione. Cell. 3331714827

La vita è una tela bianca ma la speranza ce la rende allegra e colorata come un dipinto.

I cieli grigi sono solo nuvole di passaggio.
In questi tempi di coronavirus, la vita pare rallentata, tutto si chiude nella nostra amata Italia, si abbassano le saracinesche, tutto diventa ovattato e silenzioso, vedo fuori che la Natura si riprende la sua rivincita con i gorgheggi dei vari pennuti, le strade rimangono silenziose, questa è una strana guerra, prima di tutto contro noi stessi, che ci fanno capire che le nostre azioni sono strettamente legate agli altri e pertanto dobbiamo rispettare TUTTI la consegna ricevuta, proprio come in guerra. In prima linea a combattere il virus ci sono medici ed infermieri e poi tutti quelli che garantiscono i servizi essenziali, poste, banche, esercizi alimentari, raccolta rifiuti e la Protezione Civile e le Forze dell’Ordine e spero di non aver dimenticato nessuno. Siamo consegnati nelle nostre case per non permetter al virus di vincere ma un pensiero affiora nella mia mente che forse la società del benessere e del tutto è subito, le mie umane certezze vengono a mancare e mi ritrovo in casa a improvvisamente isolato e avvolto in uno stato di vita senza tempo con in un limbo sospeso. Ma poi rifletto che adesso deve venire con forza fuori il senso di Comunità e dobbiamo cominciare a immaginare il futuro che ci aspetta. Parlare di normalità oggi, tra due settimane, tra due mesi o chissà quando è una bugia colossale ma tutti noi siamo chiamati a riflettere sull’inevitabile cambiamento che si produrrà nelle nostre vite. Oggi nella nostra amata Patria che è divenuta un immensa Zona Protetta mi fa capire che siamo tutti sulla stessa barca ed è un bene che ci sia stata l’uniformità dei provvedimenti e l’osservanza di stessi comportamenti. Certamente l’emergenza di questa natura rischia, come è normale, di accompagnarci alla paranoia collettiva ma questo non deve accadere in nessuno di noi. Queste situazioni ci devono fare dimenticare, speriamo per sempre, l’egoismo e l’individualismo e tornare ad essere razionali. Tutti con pazienza dobbiamo rispettare le regole e dire a tutti “IO RESTO A CASA-RESTIAMO TUTTI A CASA-”. Impariamo a fare cose che nella normalità non facciamo o solo in modo molto fugace ma riflettiamo su una cosa che a mio parere oggi è la più importante, come potremmo affrontare questa emergenza ormai diventata planetaria se nella nostra Patria non avessimo questo sistema sanitario che, nonostante alcune criticità, dimostra di essere uno dei più efficienti al mondo. Pensiamo a questo e supportiamo i nostri medici, i nostri infermieri e tutto l’apparato sanitario che in queste ore sta facendo sforzi immensi e che non dobbiamo smettere di ringraziare abbastanza. Quando tutto sarà finito torneremo ad affrontare tutte le nostre problematiche, nazionali e locali, ma certamente con uno spirito e un’ottica diversa perchè questa emergenza ci avrà cambiato tutti nel nostro modo di essere e di pensare. Siamo un grande paese che ha affrontato momenti drammatici, riusciremo a superare anche questo. Siamo un grande Paese di millenaria cultura e siamo più coraggiosi di quanto crediamo, più forti di quanto sembriamo, e più intelligente di quanto pensiamo e finirà anche la notte più buia e sorgerà il sole. Andrà tutto bene facciamo diventare questa guerra un punto di ripartenza per il futuro, perché i cieli grigi sono solo nuvole di passaggio.
Favria, 8.04.2020 Giorgio Cortese

Nella vita certi giorni non è importante arrivare in alto, ma sapere volare anche senza ali. E allora cosa aspetti, vieni a donare a Favria, oggi, mercoledì 8 Aprile, cortile interno del Comune dalle ore 8 alle ore 11,20. Abbiamo bisogno di Te e grazie se fai passa parola. Attenzione a seguito del DPCM del 8 marzo 2020, per evitare assembramenti è necessario sempre prenotare la vostra donazione. Grazie per la vostra collaborazione. Cell. 3331714827

Ogni giorno attingo coraggio dal profondo pozzo della speranza.

Lutto al tempo del Coronavirus
Nel tempo del Covid-19 i funerali sono vietati, anche questo ci insegna quell’infame ospite indesiderato, che accompagnare il caro defunto è un rito necessario per chi se n’è andato e per chi resta. Sotterrare i morti è prerogativa di noi esseri umani, ma onorarli anche degli altri esseri che abitano su questa Terra, nel settimo viaggio di Sinbad, un mito della letteratura araba che si trova nella raccolta “Le Mille e Una Notte”, si trova il racconto che sono gli stessi elefanti adulti che raggiungono il cimitero prima di morire. Gli esseri umani non lasciano i loro morti abbandonati alle intemperie o, preda degli animali, ma lì collocano in luoghi appartati, ne ricompongono le mortali spoglie, insomma li onoriamo piangendone il distacco terreno. Le modalità del rito funebre cambiano in relazione alla civiltà di appartenenza ed al credo religioso. È la religione che da sempre si occupa di accompagnare i defunti, con riti e preghiere. Il lutto della comunità dei familiari, amici e conoscenti è una risposta sociale alla morte per ricordare nel dolore della scomparsa. Parlo di questo quando una cara persona mi ha telefonato decidendomi che era mancato un suo familiare che conoscevo bene, una persona umile ma dotata di tanto buon senso e di grande onestà morale. Purtroppo in questo periodo non possono essere svolti funerali in Chiesa e allora ho riflettuto sull’importanza del rito funebre, per onorare degnamente questa splendida persona. Quante persone veranno seppellite come militi ignoti senza chi li ama attorno. Mi immagino il pianto in solitudine in casa dei familiari col cellulare appoggiato alla guancia umida. Quante cose ci sta insegnando questo virus microscopico indesiderato e inatteso. Ne avevamo bisogno? Spero soltanto che tutti questi insegnamenti lascino tracce, ferite capaci di generare perle preziose da conservare nello scrigno della nostra coscienza, che ci facciano riscoprire l’umiltà ed il rispetto dei nostri simili e di tutto il creato che ci circonda. Mi auguro che il sacrificio di tutte queste persone ci aiuti a migliorare noi stessi come esseri umani per riflettere di più il nostro essere e non solo sulla maledetta avidità della ricchezza, auri sacra fames, che ci ha portati a questo. Meno male che abbiamo il web che accorcia le distanze  e sentirci più vicini, per condividere insieme la speranza che andrà bene. Ma ora più mai è evidente che il bene del singolo passa per il bene della collettività, così come aveva intuito Socrate, e ho la sensazione che, anche se nel dramma, l’umanità stia dando il meglio di sé e se tutti collaboriamo passerà, coraggio, sursum corda!
Favria, 10.04.01.2020 Giorgio Cortese

L’unica gioia al mondo è cominciare. È bello vivere perché vivere è cominciare, sempre, ad ogni istante. C’è un sole che sorge dentro noi ogni mattina e può illuminare la giornata anche dopo il tramonto si chiama speranza! Che la pace tocchi i cuori di tutti gli uomini e che possa regnare l’amore e non l’odio. Buona Pasqua.

Dalla finestra.
Molte volte  è automatico quando sono a casa, mi avvicino alla finestra, qualcosa attira la mia attenzione e guardo la strada ed il parco mentre il tempo scorre lentamente e inesorabilmente. Molte persone lo fanno provando un certo senso di colpa, si rimproverano di sprecare tempo pensando che guardare fuori dalla finestra sia un atto passivo, che non serve a nulla. Ma quell’atto di lasciare che gli occhi osservino liberamente il paesaggio, mentre la mente che vaga si rilassa, è molto più utile di quanto immaginiamo. Il poeta Wallace Stevens disse che “non è sempre facile distinguere tra pensare e guardare fuori dalla finestra”. Il punto è che questo atto di “procrastinazione” non implica solo vedere quello che sta succedendo fuori, ma può diventare un esercizio per scoprire i contenuti della nostra mente. Platone suggerì che le nostre idee sono come uccelli che svolazzano nella voliera del nostro cervello. Perché gli uccelli si stabiliscano, egli considerò che abbiamo bisogno di periodi di calma senza nessun proposito particolare. Guardare fuori dalla finestra mi offre questa opportunità. In questo periodo di contumacia vedere il mondo passare mentre sono in casa e mi sento tranquillo, protetto e rilassato è come se scendo dal treno in corsa. Non ho un obiettivo specifico e la mia attenzione vaga senza meta, quindi il semplice atto di guardare fuori dalla finestra può essere quasi rilassante e ristoratore quanto la meditazione. Ogni finestra delle nostre case si apre su un’immagine, ci mostra un pezzetto di mondo, un insieme di piccoli dettagli che forse non abbiamo mai davvero osservato davvero. La finestra è un’apertura sacra, dove entra luce, calore, suono. E mai come in questo momento dove siamo obbligati a stare in casa ci affacciamo alle nostre finestre per porre le nostre domande, per osservare ciò che c’è fuori, per cogliere i mutamenti della natura, per trovare conforto e unione con il tutto con la speranza e convinzione che andrà bene. Prima del Coronavirus la finestra non ci bastava. E andavamo in giro a cercare altro, ad esplorare il mondo anche lontanissimi dalle nostre case. Ci sembrava necessario prendere automobili, aerei, treni e navi per andare il più distante possibile, per esplorare luoghi lontani. Adesso che siamo consapevolmente autoreclusi per sconfiggere l’epidemia dobbiamo ripartire dalle nostre case e dalle nostre finestre e ci fermiamo a vedere la strada, e nel mio caso il parco. Strade vuote o sparuti passanti che vanno a fare la spesa ed il parco proibito a noi umani è divenuti il regno di gazze, merli, passeri, cardellini, tortore e colombi, ogni tanto disturbate da un tenace micio che ogni giorno come posso vedere cerca di ghermire qualche pennuto, ma i suoi lunghi appostamenti sono infruttuosi. Osservando il mondo dalla finestra penso che siamo diventati ingordi, insaziabili, avidi di possedere tutto ciò che c’è là fuori. Da casa adesso le nostre finestre ci parlano. Anche se ci portano immagini di campagna, di città, di paesi o di colline. Ad ognuno di noi stanno trasmettendo un grande grandissimo messaggio. La persona che vediamo nella casa di fronte, quel cespuglio in giardino, il micio nel parco, la musica di solidarietà per combattere il Coronavirus e i panni stesi, tutto è come un’opera teatrale solo per noi. Messa in moto per comunicarci il messaggio che in questa guerra contro il Coronavirus sono morte delle persone che conoscevamo, medici ed infermieri combattono senza tregua la battaglia per vincere l’epidemia. I nostri cuori e le nostre preghiere vanno alle loro famiglie, non li dimenticheremo. Né dimenticheremo coloro che hanno lavorato fuori dalla luce dei riflettori e a cui dobbiamo tutta la nostra gratitudine. Il virus non è venuto solo a distruggere le nostre cose o la nostra gente, è venuto a dissacrare un modo di vivere, a calpestare i nostri valori e anche la nostra libertà e questo non soltanto ha fallito ma ci ha fatto il dono più grande, la possibilità di rinascere. Noi ci risolleveremo, rigenerati, più forti e più uniti. Questo è il nostro momento, la nostra occasione di poter dimostrare a tutti il nostro valore, di poter dare quegli esempi di dignità, integrità e onore che ridaranno nuova vita.
Favria, 11.04.2020 Giorgio Cortese

La speranza nella vita è il propellente che mi incita a non mollare mai, a credere che andrà tutto bene. La speranza mi aiuta a non perdere mai di vista il traguardo, qualsiasi esso sia, anche se sembra poco probabile e lontano nel tempo. La speranza è vita. Senza speranza la nostra esistenza è già finita. La serenità e l’amore sono la vera sorpresa per il nostro cuore, nel giorno di Pasqua. Auguri.

S. Pasqua di Risurrezione.
Una volta al suono delle campane di Pasqua, le mamme bagnavano gli occhi dei loro bambini. Il significato del gesto non è difficile da comprendere, la Risurrezione di Gesù introduce una tale novità nella Storia, che è necessario per tutti noi uno sguardo nuovo. Celebrare la Pasqua, per noi Cristiani, significa ritornare alla sorgente della vita, ritornare al principio. Non si tratta di tornare al passato, di tornare indietro, ma di andare in profondità, di esplorare le fondamenta, di ritrovare la freschezza di un inizio. Non sto parlando di un’idea o di un insieme di valori, ma di un dono, di un’esperienza viva, di un incontro decisivo. È quella possibilità, che non può esser ridotta a suggestione, di proclamare: “Cristo è risorto” e rispondere personalmente: “È veramente risorto!”. L’annuncio della Risurrezione non è imbonimento rassicurante, non è alibi alla responsabilità di ciascuno e neppure pesante limitazione alla libertà di noi esseri umani, ma è esattamente il contrario. È luce per cogliere il senso decisamente umano di ogni conquista e di ogni sconfitta, è alimentazione di una responsabilità che abbracci ogni uomo e tutto l’uomo, è alimento di una libertà che diventa impegno quotidiano di liberazione da ogni male, da ogni ingiustizia, da ogni egoismo. La Pasqua è un passaggio e cambiamento anche per superare con il nostro animo questa crisi generata da questa epidemia cambiando veramente il nostro modo di vivere. Questo virus ci ha insegnato che con tutta la nostra tecnologia che ha portato e porterà indubbi miglioramenti alla vita dell’uomo, siamo fragili e mai come adesso avvertiamo la paura ed il senso di precarietà della umana esistenza. Questa epidemia non solo si è manifestata nel tempo che noi cristiani chiamiamo Quaresima, ma presenta una certa analogia con il tempo quaresimale. Il termine “quarantena” deriva da quaranta giorni. Anche la Quaresima è una sorta di “quarantena spirituale”, un periodo di purificazione dell’anima dal peccato per vivere in novità di vita, un tempo di benefica “potatura” delle falsità, della mondanità, dell’indifferenza e di tutte le altre malattie mortali causate dal virus del peccato. Penso che non dobbiamo mai cedere allo scoramento, ma questi momenti di rallentamento al nostro veloce vivere quotidiano ci portano a riscoprire le gioie semplici e quotidiane della vita. Perché la vita è fatta per la gioia. Questa epidemia ci mostra i nostri umani limiti e solo con l’umiltà di collaborare tra tutti noi possiamo uscirne fuori. La Santa Pasqua per me vuole dire che dobbiamo fare unità e non devono prevalere le divisioni ed il mio pensiero in questi giorni è d’augurio verso ogni essere umano di buona volontà, perché riesca ad allontanare ogni male che affligge questo mondo e possa trovare in fondo al cuore con la giusta ragionevolezza l’unica via messaggera di pace e amore. Ci serva questa festa a riflettere. Il passaggio di questa Pasqua ne è in effetti una traslazione dalla vita a migliore vita. Viviamo la vita come un attimo bellissimo per lasciar fiorire nuovi attimi ancora più belli. Buona Santa Pasqua.
Favria, 12.04.2020 Giorgio Cortese

Per voi amici che nonostante le difficoltà e, in diversi casi, la distanza, restate sempre persone a cui tengo, lascio il mio messaggio d’amore e d’affetto, di speranza. Vi auguro tutto il bene possibile… Auguri di Buona Pasqua.

Leggere per evadere dalla finestra chiusa.
Chi ha la passione della lettura lo sa già: i libri sono degli oggetti preziosi. I colori di copertina, il profumo delle pagine, la loro collocazione nella libreria di casa. Tutto ha un senso ben preciso. i libri sono in grado di emozionarmi, consolarmi e rilassarmi in questo periodo di epidemia e mi aiutano a migliorare la mia vita. Leggere è senza dubbio il modo più produttivo di regalarmi un momento di fuga dalla realtà in questi giorni, settimane presi a combattere da casa il coronavirus. Leggere è un po’ come un lavoro o uno sport, più lo si fa e più si diventa bravi e si acquisisce esperienza e poi viene come naturale scrivere. Bisogna solo avere un po’ di pazienza, tanta costanza e, soprattutto, iniziare a leggere con la storia e il romanzo giusto. Insomma la lettura mi rilassa e mi favorisce il sonno e a differenza delle medicine non ha controindicazioni o effetti collaterali e poi i libri costano assai di meno delle medicine e, sebbene questo non sia sempre vero soprattutto per alcuni tipi di testi, esistono pur sempre le biblioteche come quella di Favria G. Pistonatto dalla quale, previa iscrizione si potrà usufruire gratuitamente, oppure il prestito tra amici. Che belli i libri che si possono riutilizzare più e più volte, e non scadono mai, li posso scegliere liberamente e senza ricetta; la scelta è pressoché infinita e adatta a ogni caso, insomma, a ben cercarlo, c’è sempre un libro che sembra scritto appositamente per me ed è li che aspetta di essere letto. Poi che bello immedesimarmi nei protagonisti di un romanzo, e nelle loro vicende. Il libro mi fa indossare di volta in volta i panni di una donna, di un uomo, di un bambino, di un anziano e mi coinvolge facendomi partecipare alle emozioni e ai turbamenti di un adolescente e a una crisi di mezz’età. Per di più, quando sono coinvolti da una storia, divento io stesso medico assieme a un medico, e così archeologo o, magari un bieco manager o uno spietato agente segreto. Da ogni libro apprendo nuove parole o nuove nozioni di storia o di geografia immergendomi magari nell’Antica Roma, nei tempi della colonizzazione inglese dell’India o nell’attuale America latina. Viaggio mentalmente, ed il libro mi trasporta di qua e di là, assumendo punti di vista diversi, scavando nella psicologia dei protagonisti e di conseguenza questo mi aiuta a comprendere meglio le persone in carne e ossa. Probabilmente imparo anche anche a farmi comprendere meglio dalle persone, perché, con tutti gli alter ego che ho incontrato nel mondo di carta, che prende origine e spunto da quello reale. Che bella la lettura alla finestra in questi giorni che non posso uscire, sono abbondantemente uscito dal mio Comune, Regione e dall’Italia e poi ne sono rientrato senza esibire nessun documento giustificativo e senza prendermi nessuna malattia, ecco queste sono le emozioni nascoste, che apro leggendo semplici pagine di un libro corteccia d’albero che con le sue radici nutre e racchiude la storia.
Favria 13.04.2020 Giorgio Cortese

Possano questi giorni di festa portarci nuova speranza per un domani migliore, con la speranza sempre nei nostri cuori. Buona Pasquetta!

Dalla cicoria all’endivia o indivia!
La cicoria selvatica, cichorium intybus, è una pianta diffusa in tutto il mondo, soprattutto nei terreni incolti, nei prati e lungo i margini di strade e sentieri. Si presenta ruvida al tatto, con una radice a fittone, ingrossata, ricca di lattice amaro, un fusto eretto, ispido e foglie basali disposte in rosetta, caratterizzate da una lamina incisa in maniera irregolare, con segmenti triangolari acuti. I fiori sono di colore azzurro intenso, riuniti in capolini di 2-3 elementi, e disposti all’ascella delle foglie. Nel mondo si coltivano numerose varietà di Cicoria, caratterizzate da forme e colori diversi, bianche, verdi, rosse o variegate, tutte sono lontane parenti della specie selvatica, i cui caratteri ancestrali si sono modificati nel tempo sulla spinta di adattamenti ambientali, ibridazioni naturali e pazienti selezioni operate dall’uomo. Le più comuni sul mercato sono: la migliorata, la spadona, la catalogna, il pan di zucchero, la brindisina, la bianca di Milano, l’indivia Belga, la cicoria di Brunswich e vari tipi di radicchio, il trevisano, veronese, lombardo, sanguigno di Milano, le cui evidenti diversità cromatiche sono il risultato di particolari tecniche colturali come l’imbianchimento indotto da forzate condizioni di luce, temperatura e umidità. Se esistesse una speciale graduatoria capace di valutare il livello di apprezzamento riservato alle erbe selvatiche, la cicoria occuperebbe uno dei primi posti. Già la radice etimologica del suo nome la rende una candidata vincente: secondo alcuni autori, infatti, il termine cichorium deriva dal greco kichora o addirittura dall’egiziano kichorion, parola nata dall’accostamento di kio, nel significato di io, e chorion, riferito a campo. Invece il nome specifico intybus, citato da Virgilio, Plinio e Ovidio, è riconducibile al greco entybion, da cui deriva il termine italiano endivia o invidia. Infatti l’invidia era già apprezzata dagli antichi Greci che la chiamavano entýbion, probabilmente di origine egiziana tybi che significava gennaio, per il periodo locale di crescita della pianta. Poi dai Romani che la denominavano intybus. Successivamente fu attribuito il nome di specie “Intybus” alla Cicoria da Linneo, medico e botanico, alla fine del 1700. L’Endivia o invia è nota in orticoltura nelle due forme crispum, endivia propriamente detta, e latifolium, scarola, da escarius, commestibile. La cicoria nel linguaggio dei fiori simboleggia la frugalità e la temperanza. Era chiamata anche erba del sole e considerata simbolo di rinascita spirituale. Apprezzata fin dall’antichità per le sue proprietà medicinali e alimentari, era nota agli antichi egizi che la citano in alcuni trattati, tra cui quello di Ebers risalente al 1500 a.C., come ingrediente fondamentale di numerosi rimedi a base di erbe. I medici del tempo, per curare il mal di testa, consigliavano di applicare sulle tempie il succo fresco di questa pianta, unito ad aceto e olio di rosa, mentre per uso interno era utile per stimolare la funzionalità del fegato e dei reni. Importanti personaggi del passato, come Plinio il Vecchio, ne hanno elogiate le sue virtù curative, ritenendola un eccellente depurativo del sangue. Il famoso medico greco Galeno la considerava amica del fegato e non contraria allo stomaco. Orazio, I sec. d.C., consigliava di consumarla insieme alla malva e alle olive per mantenere in forma e in salute il corpo. Nei banchetti delle famiglie ricche romane veniva servita in grandi quantità, accompagnata da uova di tordo, beccafichi e pavoni. Santa Ildegarda di Bingen nel XII secolo la consigliava per le sue proprietà tonico-rigeneranti, mentre per Castore. Nella tradizione popolare era usanza sistemare le foglie di questa pianta sotto il corpo delle partorienti per alleviarne i dolori. In Germania è conosciuta come erba del sole, erba del solstizio o con il nome di sponsa solis, sposa del sole o di guardiana delle strade. Tali appellativi traggono ispirazione da un’antica leggenda che narra la storia di una principessa abbandonata dal suo sposo. La ragazza, straziata dal dolore, non riesce a sopportare la perdita del suo unico amore e prima di morire esprime il desiderio di potere continuare a vedere il suo principe. Dio commosso da tanta perseveranza, le concede questa consolazione trasformandola nella pianta dai fiori celesti che tutti osserviamo sui prati e lungo i bordi delle strade. Sempre in tema di amore si credeva che la radice, recisa con una lama d’oro o il corno di un cervo, potesse assicurare fedeltà e amore eterno. Una leggenda rumena narra di una bella donna, Domna Floridor, Dama dei Fiori, che un giorno fu chiesta in sposa dal Sole. Ma questa donna rifiutò la richiesta, disprezzando l’astro. Così, indignato, il Sole trasformò la donna in un fiore di cicoria. Il fiore di cicoria, ovvero Domna Floridor, è costretto a fissare il Sole nel momento in cui appare all’orizzonte, e a rinserrare i suoi petali quando la sua luce scompare. Un’altra credenza vuole che la Cicoria debba essere sradicata giammai con le mani, ma soltanto con un corno di cervo o con una moneta d’oro, che simboleggiano rispettivamente i raggi e il disco del sole, nel giorno di San Pietro e Paolo, il 29 giugno. Questa procedura avrebbe permesso a chi portava con sé la cicoria, di legare a sé l’uomo o la donna amata. Ma la radice, così come ha il potere di legare, si credeva, ha anche il potere di slegare. Ha inoltre il potere di togliere le spine dalla pelle. In passato, nelle campagne erano in molti a svolgere il mestiere di erbivendoli ambulanti che raccoglievano la cicoria selvatica nei capi per venderla poi nei mercati rionali. Nella medicina popolare è indicata per la cura dei calcoli renali, dei dolori reumatici, della gotta e delle parassitosi intestinali. L’acqua della lessatura di radici e foglie era bevuta a scopo terapeutico per pulire e rinfrescare l’intestino. Dal decotto di foglie e radici fresche, con l’aggiunta di zucchero, si prepara uno sciroppo ad azione digestiva e stimolante le funzioni intestinali. Nella medicina popolare il succo fresco delle foglie, unito ad aceto e olio di rosa rappresentava un valido rimedio contro il mal di testa; mentre le radici fresche pestate, per la loro azione rinfrescante ed emolliente, erano applicate sul viso in caso di pelle arrossata. Infine basta osservare una qualsiasi pausa pranzo per comprendere l’importanza dell’insalata nel nostro paese. Resta uno dei piatti preferiti, creato con un mix di prodotti sempre più sorprendente. E se nemmeno la cicoria facesse godere il vostro palato, allora val la pena provare l’indivia, abitualmente utilizzata dagli antichi egizi, greci e romani come pianta medicinale, in quanto molto ricca di potassio, ferro e calcio. Il sapore è piuttosto amaro, fatto che la rende indicata per stimolare la secrezione della bile e prevenire i calcoli biliari. E poi la rucola, particolarmente utilizzata nella cucina italiana. Gli antichi Romani le attribuivano perfino proprietà afrodisiache e per questo ne consumavano anche i semi!
Favria, 14.04.2020 Giorgio Cortese

Nella vita degli altri, noi tutti siamo delle matite colorate, che coloriamo la tela della vita.
giorgio