Sosteniamo i piccoli negozi – Dalla circolare all’enciclica. – La minestra di sasso. – La forza sempre con lui: Ercole! – 1659 Proibirono il Natale in Inghilterra ed in America – Mantenere la parola data, una virtù in estinzione?-8 dicembre- Terribile è la guerra… LE PAGINE DI GIORGIO CORTESE

Sosteniamo i piccoli negozi, una ricchezza nascosta.
Da alcuni anni il modo di fare la spesa e di fare acquisti della maggior parte di noi è cambiato. La giustificazione più semplice è legata alla diffusione dei centri commerciali e dei grandi supermercati che fin da subito hanno voluto presentarsi come la soluzione ideale per risparmiare e avere a portata di carrello tutto ciò che serve. Ma la progressiva apertura di nuovi supermercati e centri commerciali ha portato alla chiusura inesorabile di molti negozi di paese, di alimentari e non, o comunque a grandi difficoltà economiche per i loro gestori. Centro compriamo al supermercato e nei centri commerciali, attirati dalle offerte, dalla vasta scelta e forse dalla possibilità di mescolarci tra la folla per dedicarci allo shopping in totale anonimato. Ma fare la spesa in questa maniera significa più smog e meno socialità, perché in quei posti si ha sempre fretta. Fretta di trovare le cose tra le mille corsie. Fretta di pagare. Fretta di incassare e avanti il prossimo! Fretta di arrivare e fretta di andare via. Di certo non c’è tempo per quattro chiacchiere quando siamo in fila alle casse, sommersi dalla dalla gente e dalla musica, ma solitari nell’animo. I piccoli negozi delle nostre Comunità sono le arterie che la mantengono in vita. Aiutano le associazioni quando devono fare le feste con omaggi e gadget, danno lavoro a famiglie intere, mantengo saldi i rapporti umani tra i concittadini. Insomma sono un valore necessario ed una ricchezza che molto spesso ci dimentichiamo. Se chiudono i piccoli negozi la Comunità perde la sua anima e diventa un nonluogo, solo dormitorio che sprofonda nel degrado. Siamo nel periodo natalizio. Compriamo nei piccoli negozi di paese e se volete fare un bel regalo comprate a Favria. In questa società dove regna sempre di piu la solitudine dominata dagli smarphone è nei piccoli negozi che ritrovi le relazioni umane in carne e ossa e non dei link. Certo con i soldi non possiamo comprare la felicità, ma a Favria nel periodo di Natale possiamo acquistare degli ottimi regali. Parola di Babbo Natale!
Vi aspettiamo a Favria ..aspettando il Natale, sabato 15 e 16 dicembre. Se a Favria acquisti a dicembre effettuerai giammai Ti pentirai!
Favria 2.12.2018 Giorgio Cortese.

Il mio albero di Natale sarà fatto di amici sinceri, amore, gioia, solidarietà, speranze, preghiere per tutti. Buon Natale!

Dalla circolare all’enciclica.
Oggi, il nome enciclica suona abbastanza solenne, da quando il 3 dicembre 1740 Prospero Lambertini divenuto nell’agosto precedente Papa con il nome di Benedetto XIV, spedì una lettera a tutti i vescovi dal titolo “ Epistola encyclica et commonitoria ad omnes episcopos”, che significa: “Lettera circolare di istruzione a tutti i vescovi”, insomma una circolare che un dirigente invia ai sottoposti. Il vocabolo latino encyclica deriva dal greco en kyklio, in cerchio, che avrebbe dovuto essere tradotto in latino con circularis, ma la prosa adottata da allora fa tutto un altro effetto. La pratica di inviare lettere ai fedeli esiste già alle origini del cristianesimo, come nel caso delle Lettere di San Paolo o di altri Apostoli. Da allora era pratica comune che il Vescovo all’inizio della Quaresima scriveva lettere ai sui fedeli, le lettere pastorali. In questo clima Prospero Lamberti assunto al soglio di San Pietro iniziò in maniera ordinata questa forma di comunicazione con i fedeli indicando fli errori da evitare diventando lo strumento privilegiato dei pontefici e nel corso dei secoli alcuni non sono state redatte in latino lingua ufficiale della Chiesa ma nella lingua del paese a cui sono indirizzate. Mi riferisco alla famosa enciclica “Mit brennender Sorge, con bruciante preoccupazione” in cui nel 1937 Papa Pio XI denunciava la condizione della Chiesa cattolica sotto il regime nazista. E per questo, scritta in tedesco e rivolta ai tedeschi tutti ne parlarono.
Favria 3.12.2018 Giorgio Cortese

Il S. Natale non è un oggetto ma solo affetto, il regalo del cuore, è il dono più prezioso da scartare: l’amore.

La minestra di sasso, favola per adulti.
Il caro amico Fervido mi ha raccontato questa bella fiaba. In una fredda notte d’inverno un vecchio malconcio lupo bussa alla porta della signorina gallina. La gallina apre la porta e si trova di fronte il lupo. Il lupo dice alla gallina di non avere timore, è vecchio ed è sdentato. Gli chiede visto il rigido clima e l’imminente tempesta di neve se può fermardi a casa sua per scaldarsi davanti al camino e prepare la sua minestra di sasso. Beh i lupi sono falsi e mentitori, chiedetelo ai tre porcellini, a Cappuccetto Rosso, all’agnello della favola di Esopo. Questo lo sa la signorina Gallinella, ma è troppo curiosa e poi vuole assaporare la minestra di sasso. Il lupo si avvicina al camino e tira fuori dal sacco che portava sulle spalle un sasso e lo mette a bollire in una pentola fornitagli dalla Gallina. Che scena, un vecchio lupo ed una giovane gallina davanti al camino in attesa di assaggiare la minestra di sasso. Stanno perr iniziare un discorso ma, peccato che il momento intimo venga interrotto dal bussare alla porta, la gallina apre ed ecco apparire il signor Maiale che ha visto entrare in casa messer Lupo ed è arrivato preoccupato. Quando si rende conto che il vecchio e malconcio lupo prepara un minestrone con un sasso, il maiale propone di aggiungere delle rape. Poco dopo bussano alla porta e si affacciamo il cavallo e l’oca che hanno visto entrare il lupo e poi non hanno visto ritormare indietro il maiale, ed preccupati sono veniti a vedere. Il cavallo propone di aggiungere al minestrone dei porri e l’oca dei cavoli, al lupo sta bene e loro sono corsi alle rispettive case a prenderli. Intanto attirata dal rimore festso della casa sono arrivati la mucca, la pecora, la capra ed il cane. Anche loro hanno da ridire sulla riocetta ed aggiungono del sedano, patate e cipolle e carote. Ormai non è più una semplice minestra di sasso ma un ghiotto minestrone e tutto dal un lavoro d’insieme e di collaborazione tra tutti gli animali. Beh la favola potrebbe concludersi così con l’elogio alla collaborazione ma leggete cosa succede. Si stappano bottiglie di vino, si fanno dei brindisi e si raccontano aneddoti e barzellette. Gli aninali ridono escherzano e la mezzanotte è passa da un pezzo. Tutti mangiano educamente con piatti e posate e con galateo. Il lupo non siede ma serve il minestrone e mangiano con gusto. Tutti ridono e scherzano, il lupo no, continua a seguire la minestra che cuoce sul duoco e poi di scatto si alza e tutti ammutoliscono, prende un coltello e va verso la pentola e sente con la punta se il sasso è cotto. Il lupo dice che il sasso non è cotto e chiede il permesso di riprenderselo per la cena del giorno dopo. Il lupo rimette il sasso nel sacco saluta tutti e se ne va fuori nella buia notte e piano piano si perde nell’oscurità. C’è una vena di maliconia negli altri animali, lo credvano ormai uno di loro. Ma non sanno che il lupo ogni notte mette a bollire il sasso nella sua minestra e come dice il proverbio si sa il lupo perde iòl pelo ma non il vizio. Il sasso della minestra è il suo istinto, la sua indole che bolle nella pentola del suo animo. Il lupo come noi non si arrende e ogni notte bussa alla porta degli animali domestici per provare a diventrare come loro, perdere l’istinto animale, ma quando si rende conto che questo non si scioglie, abbandona la civiltà per il bene della civiltà. Vorremmo essere tutti un po come il lupo, cerchiamo di non farci omogenizzare dalla società e appena riusciano ci prendiamo il sasso del nostro istinto individuale e usciamo dalle regole pallose per rimanere noi stessi costi quello che costi anche di sparire nella buia notte.
Favria, 4.12.2018 Giorgio Cortese

Il Natale è fatto di gioie, sorrisi, abbracci, amore, anche speranze di rinascita… Buon Natale a tutti.

La forza sempre con lui: Ercole!
Bello, almeno secondo la tradizione, Ercole alla romana o Eracle alla greca. Ercole sempre affaticato, costantemente impegnato in imprese all’apparenza impossibili, artefice di tantissime imprese tra le quali le 12 fatiche. Entrare nei dettagli di queste gesta sono indispensabili alcuni cenni alle Alla nascita. Ercole. Figlio nominalmente, di Anfitrione e di sua moglie Alcmena, ma in verità figlio di Zeus, il re degli dei notorio protagonista di gesti amorosi che fanno di lui senza tema i concorrenti, il primo molestatore seriale dell’antichità. Giove, Zeus ogni qualvolta veniva preso da una delle sue frequenti passioni si divertiva soddisfarle ricorrendo a una serie di trucchi. Per fare uno degli esempi più celebri, per sedurre Leda si trasforma in un bellissimo cigno. Da questa uinione Leda partorisce un uovo dal quale nasce Elena, quella della guerra di Troia narrata da Omero. Per sedurre Alcmena, il signore dell’Olimpo assusnse le sembianze del marito al momento assente riuscendo così a passare la notte con lei. Si dice che questa notte la fece durare quanto tre notti di fila. Poiché AnfitrionE rientro immediatamente ad occupare la parte del talamo che gli spettava di diritto né conseguì che Alcamena partorisce due figli, uno Ercole Figlio di Zeus e l’altro ificle Figlio di Anfitrione. La moglie di Zeus Era, Giunone gelosissima invio due enormi serpenti nella cuLLA dei neonati per strozzarli, ma il piccolo ificle strillava daLlla paura, Ercole, afferrò i due animali li strozzò. A quella in terribile forza con gli anni si affiancò il possesso delle qualità morali che fecero l’eroe più amato della Grecia. Secondo una leggenda riportata da Senofonte nei “memorabilia“ intorno ai 18 anni egli avrebbe incontrato due donne bellissime una delle quali gli avrebbe offerto una vita di piacere e indolenza, l’altra un’esistenza dedicata al dovere e aiuto all’umanità. Ercole scelse la seconda. Ma aldilà della leggenda quel che è certo grazie agli insegnamenti impartiti dal padre Anfitrione egli si distinse a tal punto da superare con la forza e l’astuzia tutte le dodici fatiche che, si diceva Giunone gli aveva imposto come condizione perché potesse acquistare una volta defunto l’immortalità, che poi, in effetti, gli viene riconosciuta. Tali prove comportavano l’uccisione di belve invincibili e di mostri. il nostro eroe riuscirà regolarmente a sconfiggere. l’episodio curioso e che quando viene ospitato per i 50 giorni necessari a svolgere una sua impresa, ebbe modo di compiere anche un’altra impresa, meno nota ma per altri versi non meno rimarchevole. Il Re Tespie , che aveva 50 figlie e avrebbe avuto dei nipoti da un uomo di tale valore, ogni sera introduceva una delle ragazze nella sua stanza. Ed Ercole, tra buio e stanchezza non distinguendo l’una dall’altra, in 50 notte regalo a Tespie altrettanti nipoti.Che altro dire delle sue molteplici qualità? Impossibile citare tutti gli autori che si sono ispirati, da Sofocle a Euripide, da Ovidio a Virgilio, da Seneca a Plauto. Ma un’ultima cosa va ricordata nel primo Umanesimo e nel Rinascimento Ercole assunse a simbolo dell’uomo che con la forza dei propri virtù riesce a conquistare l’eternità. Una curiosità nel Medioevo il cristianesimo, proprio della figura del semidio dalla forza straordinaria e dal carattere viene associato a quello del Salvatore al punto che la sua discesa negli inferi per strappare Alcesti a Thanatos, prefigura la figura di Cristo nella sua discesa nel Limbo per liberare le anime dei giusti, così le sue vittorie contro animali mitologici, annunciano la vittoria del Redentore sul demonio
Favria 5.12.2018 Giorgio Cortese

A Natale ognuno diventa bambino nell’attesa del proprio Babbo Natale che porti un po’ di serenità, nella speranza di un domani migliore, perché fino a quando l’uomo sognerà non invecchierà mai. Buon Natale!

1659 Proibirono il Natale in Inghilterra ed in America
A guardare oggi le strade addobbate di Londra e New York sembra incredibile. Eppure c’è stato un tempo in cui in in Inghilterra e nelle voplonie Amereicane il Natale era vietato. Nel 1659 i Puritani fecero l’impossibile per proibirne le celebrazioni. La loro interpretazione rigorosa del cristianesimo li spingeva a credere che tutte le forme di festa, incluso il Natale, fossero peccati quando non odiosi riti pagani. Le festività natalizie furono bandite per la prima volta in Inghilterra nel 1644 dopo che i Puritani ottennero la maggioranza del parlamento inglese. I Puritani nel New England in America seguirono a ruota. Il divieto colpiva anche gli alberi di Natale, le decorazioni e i piatti tipici di quella festa. Ma non durò molto, il Natale tornò in auge in Inghilterra nel 1660 e nel New England nel 1681.
Favria, 6.12.2018 Giorgio Cortese

Natale è musica, magia, meraviglia! Una festa che coinvolge ogni cuore che ama e perdona, perché ognuno diventi un dono da inserire nel sacco della propria anima. Buon Natale!

Mantenere la parola data, una virtù in estinzione?
Oggi viviamo in un epoca storica fatta di trasformismi e dominata da codardia, dove prevale sempre e comunque l’interesse del singolo, è difficile pensare che ci sia mai stato un tempo in cui la politica era nobile arte e la parola “cittadino” era piena di lealtà e dignità. Ma forse non ci credevano nemmeno gli antichi romani, tuttavia allora piaceva pensare che ci fosse un passato, relativo alla storia di Roma repubblicana, in cui gli uomini erano ancora capaci di compiere grandi gesta in nome di un ideale supremo: la “res publica!”. Se penso ai numerosi esempi di antichi romani che avevano la virtù, oggi merce rarissima, della parola data, mi viene in mente in primis Attilio Regolo, console al tempo della prima guerra punica. Il console Regolo viene catturato dai rivali cartaginesi. Questo fatto ci viene raccontato dallo storico Tito Livio e dal poeta Orazio. Narrano infatti che Cartagine decise di inviare proprio Attilio Regolo a Roma, benché prigioniero, per persuadere i Romani ad arrendersi, in tal caso lo avrebbero liberato, diversamente sarebbe dovuto rientrare a Cartagine ed essere condannato a morte. La leggenda vuole che Regolo, uomo di nobilissima indole e rara virtù, non solo, una volta giunto a Roma, persuase i connazionali del contrario, ossia a continuare la guerra, perché certo che ormai Cartagine non potesse più resistere, ma, per mantenere fede alla parola data, ritornò anche presso i nemici, andando dignitosamente incontro alla morte. Inutile dire che Roma vinse la guerra. Poi penso a Publio Decio Mure, altra figura eroica dell’età repubblicana. Anche lui console durante le guerre con i Sanniti. Durante una battaglia si accorse che le sorti della battaglia erano decisamente sfavorevoli per i suoi uomini, per amor di patria decise di ricorrere al rituale della “devotio”. Quest’ultima era una pratica antichissima, per cui il comandante dell’esercito si immolava agli dei Mani per ottenere, in cambio della propria vita, la salvezza e la vittoria dei suoi uomini e la morte degli avversari, secondo la logica magico-religiosa: una vita per una vita. Il rituale consisteva nell’indossare la toga praetexta, velandosi il capo, e recitare delle formule per attirare solo su di sé la collera degli dèi, per poi gettarsi a capofitto tra le schiere nemiche e portando con sé la maledizione. E poi, altra figura eroica, studiata a scuola: Muzio Scevola. Il cui nomen deriva dal latino “scaeva”, mancino! Si narra che nel 508 a.C., mentre Roma era assediata dal re etrusco Porsenna, il patrizio Muzio Cordo cercò di entrare nell’accampamento nemico per uccidere il re, ma fu catturato e portato al cospetto di Porsenna dove si dice affermò: “a mia mano ha commesso un errore ed io ora la punisco per questo imperdonabile errore”, ponendo la mano destra su un braciere ardente e lasciandola finché essa non fu completamente bruciata. Per questo gesto, denso di estremo coraggio, il re etrusco decise di salvargli la vita e di liberarlo. Da quel giorno il suo nome cambiò da Cordo a Scevola. Il principio è stato confermato dalla morale cristiana, per secoli sono bastate semplici lettere private in cui uno si impegnava a dare e l’altro a restituire enormi somme di denaro senza che ci fosse una legge o uno Stato a farle rispettare, ma solo la fiducia reciproca. Nel nostro mondo contadino le transazioni si facevano sulla parola, con una stretta di mano. Era un principio che si imparava fin da bambini: le promesse vanno mantenute. Molti di noi sono cresciuti in questa atmosfera morale, e quando incontro gente che si comporta diversamente vengo preso dal ribrezzo. La vita mi insegna ad essere prudente ma c’è sempre una zona protetta, dove do per assodato che venga sempre mantenuta la parola data: l’amicizia. L’amico è quello in cui ho fiducia. Anzi l’essenza dell’amicizia è proprio la fiducia. L’amicizia è sempre stata così anche nel passato, me lo ricordano Cicerone, Montaigne e Voltaire. E’ questo il motivo per cui quando l’amico non mantiene la parola data mi si lacera l’animo. Cosa avviene quando questo principio viene abbandonato nella società? Sfacelo politico e sociale, guerra e miseria. L’abbiamo visto durante l’anarchia dei signorotti feudali in lotta tutti contro tutti. L’abbiamo visto nella catastrofe dell’Italia del Cinquecento, il Paese più ricco e progredito d’Europa, ma fatto di staterelli in guerra fra di loro con un gioco continuo di alleanze e tradimenti. Prima con i francesi, poi con gli spagnoli, poi con i lanzichenecchi luterani quando il duca di Ferrara e di Mantova tradirono Giovanni delle Bande nere aprendo loro la strada al saccheggio di Roma. Nessuna società riuscirà mai a vivere e prosperare se il principio di mantenere la parola data non viene ribadito dalla legge e dalla morale, insegnato fin dall’infanzia e scolpito nel cuore degli uomini in modo che venga applicato in tutti i campi dell’esistenza.
Favria 7.12.2018 Giorgio Cortese

Buon Natale per ogni regalo che vorrai trovare sotto l’albero, per ogni sorriso che ti farà star bene, per ogni abbraccio che ti scalderà il cuore… Auguri.

8 dicembre
Nel giorno dell’Immacolata si sente ancor di più l’atmosfera natalizia. È il giorno in cui luci e festoni riempiono le nostre case per preparare l’albero e il presepe. Ogni anno si ripete, ma ogni volta è una nuova gioia, una nuova emozione. Nell’aria c’è il calore delle Feste, di dolci colazioni che profumano di buono, profumano di famiglia, profumano di casa.
Favria 8.12.2018 Giorgio Cortese

Caro Babbo Natale avrei un desiderio da esaudire per questo Natale. Vorrei che il Cuore fosse il protagonista dei pensieri e sogni da regalare! Buon Natale.

Terribile è la guerra.
“Che la guerra sia così terribile è un bene, altrimenti ci piacerebbe troppo” così disse Robert Lee, il comandante dell’esercito confederato dopo la battaglia del 13 dicembre 1862 di Fredericksburg durante la guerra civile americana. Quel giorno affrontarono un esercito unionista quasi due volte più numeroso di loro. Lee, collocò i suoi soldati dietro un muro in cima ad una collina. Le forze unioniste credevano  che se avessero assaltato la posizione di Lee, forti del numero,l’avrebbe sopraffatto! Ma quello che non capirono era che i soldati di Lee avevano i fucili a canna rigata con potenza di tiro a 200 metri, rispetto al precedente moscetto a canna liscia che arrivava solo a 50 metri. Ma allora i generali erano imbevuti delle guerre napoleoniche, che esibivano un culto per l’offensiva, e della superiorità numerica come nel settecento. Dove delle truppe ben disciplinate in numero prevalente superiore sarebbero sempre state in grado di sopraffare gli avversari in un assalto frontale. La differenza era data dalla tecnologia dei moschetti. Quando a Fredericksburg Gli unionisti attaccarono i confederati vennero colpiti ad una distanza quattro volte maggiore da quella da loro utilizzata. Il risultato fu massacro, il primo del genere. La sera del 13 dicembre il campo di battaglia davanti a Lee era coperto di cadaveri fu una delle sue più più grande vittoria anche se è terribile come disse lui stesso. Le lezioni di una guerra sono sempre le più dolorose perché vengono sempre pagate con il sangue dei soldati. Lee non comprese la portata tecnologica dei nuovi moschetti e circa un anno dopo, in luglio si combatteva un altra battaglia, la più significativa della sua carriera, in Pennsylvania, Gettysburg . Ma Lee non aveva fatto tesoro della vittoria dell’anno prima e ordinò una carica, la famosa carica di Pickett, dal nome del generale che la condusse con le truppe per 300 metri di terreno scoperto, fu un massacro da parte deglu unioinisti sui confederati. Lee, non aveva compreso la lezione ma i soldati si, durante l’attacco dei confederati gli unionisti dietro il muretto scandivano sui confederati i loro fucili gridando: “ Fredericksburg! Fredericksburg!
Favria 9.12.2018 Giorgio CortesegiorgioNatale