Sepolcri imbiancati! – Siamo soli nell’Universo? – Il fanatico burlato. – Tra il cantore luterano ed il genio di Salisburgo! – Fidelio sempre attuale l’inno alla libertà e alla speranza – Dal Baltico a Belgrado passando per la Bielorussia, da Brest a Brest…LE PAGINE DI GIORGIO CORTESE

Sepolcri imbiancati!
Che vuole dire ipocrisia? In sostanza vuol dire: “predicare bene e razzolare male”. L’ipocrita, pur essendo una persona infame, vuole tuttavia apparire come un giusto, un santo, una persona buona, e per questo dissimula la propria malvagità, la tiene nascosta, fa anche la “morale” agli altri. L’ipocrita sa cosa è bene e cosa è male, sa anche di compiere il male, e, per orgoglio o per vanità, tiene nascosto questo suo comportamento malvagio in modo da apparire onesto e buono, cosa che può riuscirgli poiché egli sa cosa è bene e come dovrebbe comportarsi una persona buona. Il lemma deriva da una parola greca con il significato di simulazione, fingere, sostenere una parte. Questi vengono anche chiamati infingardi, una meraviglia di parola che viene di solito usata come un dispregiativo generico e un po’ rétro, ma ha invece dei connotati ben precisi nel nascondere le personali reali intenzioni dei farabutti. Peccato per loro che, dopo il Carnevale, certe maschere rimangono, ancorate alle loro apparenze. Nella vita tutti possiamo indossare una maschera, a volte serve per nascondere la tristezza, altri per nascondere falsità. Ma, mentre quella della tristezza cade subito, quella della falsità, alla fine, diventa volto. Oggi il mondo è pieno di ipocriti, per loro il giorno, la notte, qualunque momento è buono per esserlo e sicuramente non bisogna avere coraggio per esserlo. Il vile ipocrita riconosce subito altri della sua stessa maligna figura, tra di loro, tutti si conoscono, si cercano, si pianificano, si scagionano, si compiacciono ragionando che il fine ultimo, giustifica i mezzi. Gli ipocriti non sentono pietà, perché non la conoscono, non sentono amore, perché non sanno amare, sanno solo sempre simulare. Personalmente diffido di quei demagoghi, piccoli di cervello e senza coscienza, che predicano l’idea del sacrificio, ma ciò che in realtà vogliono è che qualcuno si sacrifichi per loro. Se nel mondo ci fosse più coerenza tra i fatti e le parole, ci sarebbe più chiarezza e meno illusioni. Personalmente ritengo che la coerenza è quando ciò che dico, ciò che faccio, ciò che penso e ciò che sono vengono tutti dal mio quotidiano vivere, pazienza se poi vengo mal interpretato. Nella vita non devo essere niente altro che me stesso, anche se la vita cerca sempre di rendermi un altro, e questo significa combattere una arduo cimento quotidiano, ma se credo in qualcosa e poi non viverla, è disonestà morale. Ecco questo è l’unico vero fallimento nella vita quello di non agire in coerenza con i propri valori. In conclusione, adesso in questo istante che scrivo queste poche righe potrebbero obiettare che è facile ostentare rettitudine morale, con stipendio con un posto fisso al sole rispetto a chi rimane all’ombra con le incertezze sul futuro. Ma nella vita non dipende da quello che sono capace di predicare a farmi diventare migliore, ma da quello che metto in pratica ogni giorno nelle piccole azioni quotidiane a differenza degli ipocriti che sono dei miseri sepolcri imbiancati.
Favria 24.10.2018 Giorgio Cortese

Il dramma oggi che i politici guardano solo alle prossime elezioni, non capiscono che l’attività politica ad ogni livello significa servizio negli esseri umani, rispetto per l’ambiente e con il pensiero rivolto alle future generazioni

Siamo soli nell’Universo?
Questo è il titolo di una interessante conferenza che si svolgerà a Rivarolo venerdì 26 ottobre p.v. nella Sala Consiliare del Comune di Rivarolo alle ore 21,00 organizzata dagli Amici del Polo Astronomico, relatori Ernesto Torti e Adriana Baldassi e con le sonorità vocali del duo Le Terre, per info cell. 3355488461 – 335 473858. Il titolo di questa bella locandina mi porta a riflettere che ormai non ci sorprende più un cielo stellato, eppure fermarsi e alzare lo sguardo in una notte buia e limpida è un gesto scritto dentro di noi ed era già comune agli uomini delle caverne! Oggi abbiamo smesso di “desiderare”: un verbo che non a caso rimanda alle stelle, dal latino de-sidera. Ma non possiamo farne a meno perché sentiamo forte la mancanza di qualcosa più grande di noi. Ben vengano queste serate organizzate dall’APA di Alpette che si occupa del planetario e osservatorio con il suo Presidente Daniele Corna che si occupano di divulgare l’Astronomia. L’Astronomia è la scienza più antica del mondo, la sua origine si perde nella notte dei tempi. L’uomo, agli albori della sua esistenza, cominciò a divenire consapevole della volta celeste e nel cielo cercò di riconoscere i segni del proprio destino. L’osservazione degli astri aveva anche l’importante funzione di un primordiale calendario che regolava la semplice vita dei nostri antenati. Penso che sia paradossale, quando oggi la tecnologia ci permette di scrutare le profondità dell’universo a un livello inconcepibile anche solo pochi decenni fa, eppure questa è la prima generazione che ha perso l’abitudine di esporsi alla meraviglia del cielo stellato. Grazie di Cuore a questi volontari, “ figli delle stelle” astrofili con passione, che portate avanti corsi e serate di astronomia ad Alpette e collaborare con le scuole per mantenere sempre vivo questo nostro istintivo legame. Insomma le stelle coprono il cielo di notte e ci fanno sognare le luci infinite della vita.
Favria, 25.10.2018 Giorgio Cortese

Ogni giorno cerco di fare sempre ciò che è giusto, così accvontento delle persone e ne stupisco delle altre.

Il fanatico burlato.
Il fanatico burlato del 1787, è un dramma giocoso in due atti di Domenico Cimarosa, una satira della smania di nobiltà, dove Don Fabrizio, barone del Cocomero, cerca per la figlia Doristella un matrimonio che gli consenta di salire in società. Finirà per cadere vittima di una burla in cui un finto principe turco si offre di nominarlo “Gran Mammalucco”. Ma intanto Doristella fuggendo si perderà nel bosco col suo giovane amante Lindoro e conoscerà paura e disperazione, ma poi tutto si concluderà al meglio.
Favria 26.10.2018 Giorgio Cortese

La quotidiana intelligenza è la capacità di capire a chi veramente piaccio e a chi gli faccio solo comodo

Tra il cantore luterano ed il genio di Salisburgo!
Mio malgrado mi sono trovato in mezzo ad una garbata discusssione tra due miei amici dove si dividevano nei lusinghieri giudizi come i loggionisti del teatro d’opera, uno era fautore del genio di Salisburgo l’altro per il cantore luterano di Lipsia. Innanzitutto io sono affascinato da queste due penne di partiture straordinarie che portano i nomi di Mozart e Bach, musicisti che per l’intensità dei loro capolavori riescono a dare forma al pentagramma. Mozart e Bach sono dei geni che avvicinano al divino e ha ragione l’affermazion di un teologo secondo cui forse gli angeli, quando sono intenti a rendere lode a Dio, suonano la musica di Bach ed invece, che quando si trovano fra loro suonano Mozart e allora anche il Signore trova particolare diletto ad ascoltarli. Nella prospettiva luterana, la musica porta la Parola fino in fondo al cuore e ne fa risuonare l’eco. Nell’ascolto delle sue composizioni si colgono molte discontinuità che formano una struttura musicale fatta di resistenze e lotte, cromatismi e silenzi, ascensioni e cadute. Bach è uno splendido architetto della musica, con un uso ineguagliato del contrappunto, guidato da un tenace ésprit de géometrie, simbolo di ordine e di saggezza, riflesso di Dio. In Mozart ogni cosa è in perfetta armonia, ogni nota, ogni frase musicale è così e non potrebbe essere altrimenti. In Mozart anche gli opposti sono riconciliati e la “serenità mozartiana” avvolge tutto, in ogni momento. È un dono questo della grazia di Dio, ma è anche il frutto della viva fede di Mozart, che specie nella sua musica sacra riesce a far trasparire la risposta dell’amore divino che dona speranza, alla fine del Flauto magico di ode: “ I raggi del sole scacciano la notte!.” In conclusione ritengo che la musica aiuta l’intelligenza di credere ed è la più grande esaltazione della nostra fede.
Fsvrias 27.10.2018 Giorgio Cortese

I volontari non sono remunerati, non perché non valgono nulla ma perché sono inestimabili.

Fidelio sempre attuale l’inno alla libertà e alla speranza
Fidelio l’unico lavoro teatrale lasciatoci da Ludwig van Beethoven, rappresentata per la prima volta a Vienna nel 1805 col titolo di Leonore, essa fu sottoposta ad altri due profondi rifacimenti che corrispondono ad altrettante versioni dell’opera, l’ultima delle quali andò in scena nel 1814 col titolo Fidelio o L’amor coniugale. Fidelio all’inizio non ebbe un immediato successo e non fu facile arrivare ad una versione finale che soddisfacesse Beethoven e pubblico. Il messaggio umano di Fidelio ha bisogno di tempo per essere assimilato appieno, e oggi ne abbiamo disperato bisogno con il virus della disumanità che corrode animi e menti di tante, troppe persone. La vicenda di Fidelio, narra della moglie fedele che si traveste da uomo per andare a cercare il marito prigioniero e deriva dal dramma in due atti, Lonore, ou l’amour conjugal di Bouilly, che costituì il testo di partenza di Ferdinand Sonnleithner e Georg Friedrich Treitschke, i librettisti di Beethoven. La storia, tuttavia, si carica in Beethoven di una tensione particolare per l’intensità dei valori morali messi in gioco che non parlano solo dell’amore coniugale tra Leonora, travestita da Fidelio, e Florestano, il marito prigioniero, a cui fa da breve contrappunto iniziale l’equivoco di Marcellina, che si innamora di Fidelio e rifiuta le attenzioni di Jaquino, ma anche la dignità, il coraggio e la tenacia di chi condannato ingiustamente e si oppone al proprio destino solo con la propria nobiltà d’animo. E infine il trionfo della giustizia grazie all’intervento di Don Fernando, che salva Florestano dopo il colpo di scena in cui Fidelio rivela di essere Leonora e salva il marito che sta per essere ucciso da Pizarro. Insomma un mix di potere, la politica, gli amori coniugali: i diversi aspetti di questo singolare e a volte inquietante incrocio fra ambizioni e sentimenti, buon governo e abissi dell’anima, mi fanno giudicare Fidelio come testimonianza della libertà, dell’amore coniugale e del coraggio. Una testimonianza di giustizia con il terrore attuale il diverso e lo straniero e si tenta di contrabbandarlo siccome parto rivoluzionario.
Favria, 28.10.2018 Giorgio Cortese

Certe persone hanno il volto di miele e la bocca di fiele

Dal Baltico a Belgrado passando per la Bielorussia, da Brest a Brest.
I toponimi sono una ricca miniera di informazioni storiche. Se prendiamo ad esempio il nome Belgrado, in serbo Beograd, significa città bianca, ovvero città dell’Ovest. Il Baltico , significa bianco e deriva dalla radice slava balt, bianco. Secondo una corrispondenza, tipica dei toponimi di origine slava, tra i colori e i punti cardinali il colore bianco sarebbe stato associato dagli antichi slavi all’Ovest. Pare ovvio il nome in italiano della Bielorussia, detta anche Russia Bianca derivi da qualcosa di bianco. Il signor Carlo mi ha detto che anticamente per difendersi dalle scorreria di popoli provenienti dalla steppa gli abitanti del luogo avevano eretto delle alte torri nei passaggi liberi nella Pushcha, cosi si chiama l’ingarbugliata foresta che fungeva da difesa naturale. Queste torri per essere visibili vennero dipinte di bianco, ma il nome attuale dello Stato è Belarus, con Rus che fa riferimento alla popolazione che precedette russi, ucraini e bielorussi e secondo quanto detto prima Belarus non sarebbe altro che la “Rus’ occidentale. Oggi il Parco Nazionale “Belovezhskaya Pushcha” è l’ultima isola delle vaste foreste europee, che un tempo si estendevano dalla Francia fino alla Russia, da Brest in Normandia e Brest in Bielorussia, ops pardon Belarus.
Favria, 29.10.2018 Giorgio Cortese

Per trattare te stesso, usa la testa; per trattare gli altri, usa il cuore.
giorgioCortese_alpino