Salire in bigoncia – Si viaggiare – La via tremula. – Sos salviamo l’italiano. – Funesto o ferale!. – Il cielo notturno – Dape, dapale ovvero il dapifero… LE PAGINE DI GIORGIO CORTESE

Salire in bigoncia
La bigoncia, anche detta bigoncio, termini derivanti per composizione dallatino bis, due volte e congius, antica misura per liquidi, è un secchio di legno fatto a doghe con cerchi di legno o di ferro. La bigoncia era tradizionalmente costruita con legno di castagno, la bigoncia veniva utilizzata durante la vendemmia e la vinificazione per trasportare l’uva pigiata dalla vigna alla cantina e per riempire i tini di fermentazione. La sua forma tronco-conica e allungata favoriva l’ammostamento dell’uva con l’uso di un bastone ed era possibile il trasporto a spalla della capacità di circa 50 litri. La bigoncia era infatti una antica unità di misura di capacità per liquidi, usata a Venezia fino al 1866, ed allora era equivalente a 150,23 litri.Pensate che la bigoncia viene citata nella Divina Commedia di Dante Alighieri, nel Paradiso, canto nono, 55-57, all’interno della celebre “profezia di Cunizza”: “ Troppo sarebbe larga la bigoncia che ricevesse il sangue ferrarese, e stanco chi ‘l pesasse a oncia a oncia,…”. nella tradizione popolare si usava dire a Roma, “essere er mejo fico der bigonzo”, ovvero essere il fico migliore riposto nel bigoncio. Il detto fa riferimento ai frutti di fico migliori che venivano posti, appunto, in cima al bigoncio per nascondere quelli meno belli, forse perché troppo maturi ed ammaccati, occultati sul fondo. Ciò avveniva solitamente al termine della vendemmia quando i contadini tornavano alle loro case recando con sé secchi carichi di succulenti frutti. La locuzione, nel tempo, ha assunto il significato dell’indicare la persona migliore, solitamente per aspetto fisico, avvenenza e fascino, non è il mio caso, all’interno di un gruppo ristretto di individui. Ma per bigoncia di indica anche l’antico pulpito o cattedra da cui si parlava nelle università e nelle accademie ed oggi in senso ironico si dice “salire in bigoncia”, fare il saputo. Purtroppo certe persone non sono ne dei fichi bigonci ne dei saputi ma dei falliti incapaci che conoscono tutti i trucchi per giustificare i loro fallimenti snocciolano una serie di pretesti, da loro ritenuti a prova di bomba, per giustificare l’a loro manifesta incapacità,
Favria, 17.04.2017 Giorgio Cortese

Nella vita inizialmente concedo fiducia e rispetto a tutti, ma il mio atteggiamento cambia in base a chi ho davanti, alle persone che meritano do anche l’anima, ma a chi mi tradisce e non mi rispetta e perde la mia fiducia, posso indicare solo la porta!

Si viaggiare
Ma viaggiare non vuole solo dire spostarsi da un luogo all’altro, questo gli esseri umani lo compiono fino dalla preistoria. Da allora gli esseri umani si sono sposti per terra e per mare attraversando perfino dei continenti. Allora i motivi erano, e sono ancora, i più vari. Il viaggio infatti serve anche a conoscere e conoscersi, a liberarsi da vecchi pregiudizi, a mettersi in discussione, in pratica il viaggio mi regala il più profondo senso di appartenenza all’Umanità. I viaggi danno una grande apertura mentale. Infatti esco dal cerchio dei pregiudizi del mio orticello mentale. Oggi il viaggio non sono solo le orme che lascio in luoghi stranieri, sono le orme dei miei quotidiani percorsi strada della vita. Se poi mi giro indietro vedo che non sono sulla strada che mai più calpesterò, ma forse non è una strada ma scie lasciate dall’aereo nel blu del cielo. Viaggiare è andare avanti per andare dietro con l’assenza di avere un fine, e l’ansia di conseguirlo, il resto è solo terra e cielo.
Favria 18.04.2017 Giorgio Cortese

Provo una smisurata pena nell’ascoltare e leggere quanto scrivono delle persone che si auto elogiano come fossero essenze di pura luce e che sono scesi in terra a dettare le ragioni e verità. Che patetici!

La via tremula.
Nella mitologia nordica il bifrost, la via tremula è il nome del variopinto ponte realizzato sotto forma di arcobaleno che unisce Midgard, la terra, ad Asgard la residenza degli dei. Secondo la mitologia il ponte viene percorso tutti i giorni dagli dei che si riuniscono in assemblea. Il ponte è sorvegliato dal dio Heimdallr, dotato di sensi così acuti che può sentire crescere l’erba. Questo dio sorvegliante del ponte ha un corno detto Gjallarhon che verrà suonato alla fine del mondo il Ragnarok. Secondo gli studiosi il ponte dovrebbe essere l’arcobaleno che unisce terra e cielo ma secondo altri potrebbe essere la Via Lattea. Ogni giorno se non uniamo l’entusiasmo e ottimismo non faremo mai nulla di grande.
Favria, 19.04.2017 Giorgio Cortese

Certe persone viaggiano con due modelli di morale, una che predicano ma non praticano e l’altra che praticano ma non predicano

Sos salviamo l’italiano
L’amico e collega Matteo mi ha recentemente fatto notare come la nostra amata lingua italiana sia sempre più sommersa da termini esterofili che vengono usati a sproposito. La mia non è una chiusura xenofoba alle lingue straniere, né contro l’impiego dei molti termini inglesi che, da mouse a discount, da toast a software, non hanno corrispondenti italiani efficaci e accettati. Certo l’italiano cambia e si è evoluto rispetto al passato e alle grammatiche classiche, tanto da essere ben diverso dall’idea che tutti ne abbiamo come lingua sempre uguale a se stessa, fa passare sottotraccia quella serie di cambiamenti costanti che oggi, nella maggior parte dei casi, avviene proprio a vantaggio dell’Inglese. Ma si possono trovare delle parole italiane che con maggior efficacia esprimono il concetto che si vuole dire usando dei forestierismi superflui. Ricordando a certi nostrani fenomeni che compassionate society non è una società compassionevole, quanto piuttosto una società solidale o comprensiva. Su questa linea semantica di “comprensione”, o addirittura “condoglianze”, si deve intendere anche il termine sympathy, che non indica né simpatia né preferenza; per esempio: “My sympathy goes out to the parents of the victims”, Le mie sincere condoglianze ai genitori delle vittime. Insomma se pensate all’ education non si riferisce alle buone maniere, ma solo all’istruzione. Il mio non vuole essere un discorso trivial che non vuol dire triviale, volgare bensì banale. Scrivo questa breve lettera perché sono sconcertato dalla pollution non è la polluzione ma, bensì l’inquinamento di parole straniere che straipano dai discorsi e dalle mail, lettere, forse per dare un taglio meno provinviale dell’italiano puro. Aggiungo che spesso le parole inglesi vengono caricate di un senso e di un potere esoterico che, di loro, non avrebbero. Per esempio, brand è la marca, non il marchio, e brand image è l’immagine della marca. Né più, né meno. L’atteggiamento several che non significa severo ma alcuni che con ingenuity , non vuol dire ingenuità, che si dice naivety, bensì ingegnosità, (to) pretend non vuol dire pretendere, to claim, bensì fanno finta e simulano un inglese frettoloso. Infatti ignorano la regola inglese di anteporre l’aggettivo al sostantivo, gereando dei mostri e così la pending review diventa la spending e la bodycopy diventa “la body”: “ Ehi, tagliami un po’ questa body! Schizzi di sangue dappertutto! La lingua italiana per me è il luogo dove custodisco le mie storie, la mia vita, quella dei mei progenitori ed è anche la base per trovare il mio futuro
Favria, 20.04.2017 Giorgio Cortese

Oggigiorno l’appello di smetterla di predicare bene e razzolare male, forse non viene recepito e queste persone dovrebbero avere la compiacenza di essere coerenti. E allora, visto che si comportano male è il caso che inizino anche nel predicare male, cribbio un minimo di coerenza e di spina dorsale dell’animo!

Funesto o ferale!
Ferale deriva dal latino feralis, funebre, fatale, che significa funesto, mortifero. Ia forza di questa parola è di allontanarmi da una dimensione emotiva. Il che – beninteso – non sempre è un male. È ricercata, lucida, comunica il concetto in maniera potente, ed è tutt’altro che patetica. Insomma, se sentiamo parlare di una notizia tragica l’inclinazione a un’empatia drammatica si manifesta più forte, se la medesima notizia è chiamata ferale, il risultato è più pulito e compassato. Ma qual è la differenza fra funesto e ferale? Sembrano perfetti sinonimi, e in effetti denotano gli stessi attributi. Ma volendo indagare le diverse sfumature, anche in virtù del diverso suono, il funesto lascia in un silenzio sbigottito, mentre il ferale spaventa in maniera più accesa.
Favria, 21.04.2017 Giorgio Cortese
Penso che i fatto che tutti gli uomini siano fratelli non è spiegato dalla loro somiglianza, né da una causa comune di cui sarebbero l’effetto come succede per le medaglie che rimandano allo stesso conio che le ha battute

Il cielo notturno.
Una domenica pomeriggio riflettevo verso sera mentre mi affrettavo a concludere la passeggiata serale, che ogni giorno siamo tutti presi ad osservare il personale metro quadro d’erba, meglio asfalto, che ci circonda, da non accorgerci dell’immensità del cielo che in inverno ha tutto un suo fascino incantatore. Mi è venuto da pensare di quando da bambino alla sera dopo cena accompagnavo a volte mio papà a dare da mangiare ai conigli nella stalla in fondo al cortile. Mi ricordo l’aria fresca e pungente, il buio pesto del cortile che permetteva di osservare le stelle brillare nel cielo, il cercare di capire la posizione delle varie costellazioni. Andavo al sabato in biblioteca o consultavo i libri di mia sorella maggiore per trovare le piante cartografiche del cielo notturno e saper individuare le varie stelle. Mi ricordo che fuori dalla stalla, al buio, osservavo il cielo con l’unica compagnia del cane e mi immaginavo la grandezza di questi corpi celesti con la fantasia di un bambino. Mi ricordo di come mio papà mi indicava la costellazione dell’Orsa Maggiore con le sue sette luminose stelle, con la forma geometrica se si uniscono le stelle simile ad un Gran Carro, come viene anche chiamato. Ammiravo la luminosità della stella Polare, la stella più brillante della costellazione, vicina al polo nord della volta celeste. Ho ancora vivo il riecheggiamento affascinante di come mio padre mi spiegava con la sua semplicità nell’esporre gli argomenti che certi mondi, se abitati lontani milioni di anni luce, per la precisione distanti 65 milioni di anni luce, se hanno la capacità di osservare nei dettagli con un potentissimo telescopio la superficie terrestre, osserverebbe la nostra Terra popolata da creature gigantesche: i dinosauri! Ricordo ancora nella stalla il concerto dei conigli impegnati a rodere i cereali avuti per pietanza unito a del fieno. Mi viene in mente le varie teorie che aveva mio papà con gli amici che allevavano i conigli se nel dare o non dare acqua, adducendo gli uni la teoria che l’acqua la trovavano già nei vari cibi oppure come mio papà che affermava che tutti gli esseri viventi devono avere l’acqua, poca per i conigli perché gli poteva fare male, ma un minimo di acqua si. Che bello pensare ancora adesso alla vigna dopo la stalla nelle serene notti di inverno tutta buia ed oscura che popolava la mia fantasia quando pensavo alla foresta misteriosa nei romanzi di Salgari. Nell’osservare ancora adesso le stelle mi rimane nell’animo impresso il senso reale e figurato che mi donano questi pensieri. Certo l’astronomia di oggi continua a svelare tanti segreti dell’universo, ma loro conservano intatto il loro fascino misterioso. Il cielo notturno costituisce uno tra i tanti spettacoli che la natura ci offre quotidianamente. Uno spettacolo gratuito, osservabile sin dalla notte dei tempi dai nostri antenati che l’hanno studiato, osservato, contemplato. Troppo spesso, presi dai problemi quotidiani che la vita ci impone, dimentichiamo di alzare lo sguardo verso altri mondi. Mondi affascinanti che ci sovrastano, che ci appaiono tanto lontani, pur facendone noi parte. Andiamo un attimo indietro nel tempo e capiamo come i primi esploratori concepivano il cielo. Un tempo questi valorosi uomini facevano riferimento al firmamento per viaggiare non avevano l’Iphone, ma hanno fatto scoperte che ci permettono di vivere adesso nell’era di internet. Se avete tempo contemplate il cielo non fa mai male, e aiuta a rilassare l’animo perché tutte le stelle del firmamento ci ricordano che non siamo mai soli.
Favria 22.04.2017 Giorgio Cortese

Sic stantibus rebus, stat sua cuique dies! Sic transit gloria mundi. Stando così le cose, ognuno ha il suo giorno. Così passa la gloria del mondo.

Dape, dapale ovvero il dapifero
Forse non lo sapete ma la parole dape è italianissima deriva dal latino daps, dapis e letteralmente in antico italiano, è vero è poco usata, significa vivanda, lauto cibo, banchetto ed in senso figurato il nutrimento spirituale, scriveva infatti Dante: “La mente mia così, tra quelle dape Fatta più grande, di sé stessa uscì”. Da questo lemma all’aggettivo dapale, dal latino dapalis, con il significato di vivande, ricco di vivande si arriva a dapifero che ea ed è chi porta i cibi, ed in particolare, l’incaricato di portare il cibo ai cardinali in conclave. Parola composta da due lemmi latini, sempre da daps vivanda, banchetto, e da ferre portare. Come si vede la figura base del dapifero è quella del portatore di vivande per i nobili tant’è che ha preso questo nome in particolare l’incaricato di portare il cibo ai cardinali chiusi nel conclave, ruolo delicato, in quanto, quasi, unico punto di contatto con l’esterno. In Germania, in Francia e in Inghilterra, invece, dapifero è stato un titolo ufficiale che descriveva variamente gli attendenti dei nobili o addirittura gli ufficiali di Stato presso la corte reale, o i generali di particolare caratura. Ciò non deve stupire, spesso attività apparentemente umili sono stati alla base di titoli ufficiali presso le corti, mi viene da pensare al ‘connestabile, in origine soprintendente delle stalle. Il lemma connestabile deriva dal latino comes stabuli e assunse in molti stato del Medioevo ruoli importanti, nell’impero bizantino il gran connestabile, Megas Konostablos, comandava un corpo di cavalleria formato da mercenari latini, ossia né greci né barbari. Attualmente nei paesi anglosassoni il titolo di connestabile, constable, è attribuito a funzionari di polizia o di giustizia. Ritornando al termine dapifero, in italiano, per quanto sia un termine desueto, mantiene una relazione diretta con l’azione del portare le vivande. Certo sono parole ricercate, ma il ricercato ritengo che sia un atto di alta cultura, che ci ricollega alle nostre tradizioni che non consiste nel conservare le ceneri ma nel mantenere viva una fiamma. nel nostro animo.
Favria Giorgio Cortese
Favria 23.04.2017

Una tradizione trasmette valori quando non solo testimonia un passato concluso, ma trasmette una forza viva che anima e informa di sé il presente.