Piccolo grande passo! – Tutto scorre… – Monte Soglio, 13 luglio 2019. 39 pellegrinaggio Alpino! – Se dovesse capitare a me! – Un Alpino sulla luna! – La tolleranza – Simurgh, Saena! – Carmina non dant panem!…LE PAGINE DI GIORGIO CORTESE

Piccolo grande passo!
Cinquanta anni fa, nella notte di luglio, l’uomo mise per la prima volta il piede sulla Luna, battendo nella corsa al satellite la concorrenza dell’Urss. Ancora oggi quel giorno d’estate è ricordato e celebrato in tutto il mondo. Sono le 4,56 minuti e 15 secondi del 21 luglio 1969 in Italia, le 22, 56 minuti e 15 secondi del 20 luglio negli Stati Uniti, quando il comandante della missione Apollo 11 imprime la sua orma sul nostro satellite. Mi ricordo ancora quella indelebile frase nella mia memoria pronunciata da Neil Armstrong: “Ora scendo. Sarà un piccolo passo per un uomo, ma un gigantesco passo per l’umanità.” Era li indeciso sull’ultimo gradino della scaletta del Lem, il modulo lunare, chiamato Aquila. Poi, finalmente, allunga la gamba e poggia il suo piede sinistro sulla gessosa superficie della Luna. Certo solo un passo ma di una portata storica per la nostra storia, un passo che segna lo sbarco del primo uomo al mondo su un corpo extraterrestre. Dopo Armstrong, scende sulla superficie lunare anche il suo compagno di viaggio. E. Aldrin, detto Buzz, mentre in orbita intorno alla Luna, a bordo della capsula madre Columbia, resta ad aspettarli il terzo astronauta della Missione Apollo 11, Michael Collins, Mike per gli amici. Paradossalmente è l’unico così vicino, ma anche l’unico che non può vedere in diretta l’evento. Sulla Terra milioni e milioni di persone sono incollati ai monitor delle Tv, ed bambino ero uno di questi, nessuno vuole perdere l’appuntamento con il progresso. Da allora a oggi sono passati 50 anni, ma l’impronta impressa da Armstrong è ancora indelebile nella storia dell’umanità e nella mia memoria. Il viaggio verso la Luna è cominciato quattro giorni prima, il 16 luglio 1969, dalla base di lancio di Cape Canaveral, in Florida, quando il razzo Saturno V, alto 110 metri e pesante oltre 2.000 tonnellate, lascia la rampa 39A del Kennedy Space Center. E inizia la straordinaria avventura. Tuttavia dopo che è esaurita la sfida con il trionfo del progetto Apollo, la Luna ha perso interesse e sono dovuti passare 37 anni prima che la Cina decidesse di allunare, aprendo una nuova era di esplorazione costruendo il suo Palazzo del Paradiso, la stazione spaziale Tiangong 1. E anche l’India ha superato i confini della Terra, mandato una sonda nell’orbita lunare. Oggi la Nasa punta a conquistare Marte, ma il sogno di mandare un equipaggio sul pianeta rosso è ancora lontano e tutti i Paesi tecnologicamente avanzati dovranno unire le forze. Intanto, oltre l’orbita terrestre, nelle profondità dello spazio, in questi ultimi decenni sonde mandate dalla Terra hanno visto da vicino Marte, Venere, Giove, Saturno e le sue lune. La sonda Voyager 1 ha superato i confini del Sistema Solare facendo sentire la sua presenza con segnali che arrivano dal profondo spazio interstellare. Anche dalla Terra, grazie ai potenti telescopi spaziali e terrestri gli scienziati riescono a esplorare l’Universo, a catturare immagini di altri sistemi planetari, di stelle arrivate dopo il Big Bang, allargando così i confini della conoscenza. Con il primo avamposto umano nello spazio, con il lavoro sulla Stazione Spaziale Internazionale di decine e decine di astronauti americani, russi, europei fra cui molti italiani, giapponesi e canadesi, molti misteri sono stati svelati. Sulla luna crateri, deserti ed oceani di quel luogo lontano e sconosciuto, ben 170 sono le tonnellate di “souvenir terrestri” abbandonati dagli astronauti con le sonde sovietiche, americane ed europee che risiedono ancora sparse al suolo a testimoniare 50 anni di ricerche che, comunque non hanno intaccato il potente influsso romantico e misterioso che la Luna continua a infondere negli animi umani. Ciao Luna, astro che illumini le mie notti continui ad avere un fascino misterioso, dopo 50 anni di ricerca pare che non hai più segreti, rimani nell’immaginario comune un posto fantastico.
Favria, 21.07.2019 Giorgio Cortese

Il coraggio è come un muscolo. So per esperienza personale che più lo alleno e più diventa naturale impedire alla paura di condizionarmi.

Tutto scorre…
Nella vita tutto scorre, la roggia nel Borgo scorre gagliarda, e la vita stessa lo fa, ma le persone vere restano. Nella vita finché abbiamo dei ricordi, il passato dura e, finché abbiamo speranze, il futuro ci attende. Ma solo se abbiamo degli amici, il presente vale la pena di essere vissuto. Non c’è vera felicità senza un amico con cui condividerla. Ho questi pensieri in testa dopo aver saputo che il segretario del Borgo della Neve di Favria per motivi di salute rassegna, con grande rammarico il suo incarico. Penso che in questa società sempre più liquida abbiamo bisogno di simboli e di figure fisse per ancorare le nostre aspirazioni, progetti e per lavorare insieme. Con queste persone si instaurano rapporti di amicizia duratori che proseguono nel tempo, oltre al periodo con cui si è collaborato. Nel Borgo Madonna della Neve di Favria ho avuto la fortuna umana di conoscere delle splendide persone membri del Direttivo, propositive e collaborative con due persone che su di loro primeggiano come due fari per il loro impegno il Presidente Riccardo ed il segretario, meglio deus ex machina Valentino. Sono ottimista per natura e mi auguro che risolva bene i problemi di salute e ritorni con noi, perché i suoi preziosi consigli sono sempre indispensabili ed utili per traghettare i Direttivo per le future ricorrenze di Luglio negli anni a venire. Lasciatemi dire in conclusione, una semplice parola ma che vuole esprimere quanto Vi sono grato! GRAZIE! Una parola da tempo ormai sconosciuta. Una semplice parola, una parola così semplice che però racchiude un grande sentimento, racchiude tutto quanto provo per Voi ed intanto tutto scorre come la roggia che lambisce la ultra centenaria cappella
Favria, 22.07.2019 Giorgio Cortese

Ogni giorno coltivo nell’animo delle speranze per stupire i miei sogni.

Monte Soglio, 13 luglio 2019. 39 pellegrinaggio Alpino!
Si è tenuto anche quest’anno il 39 raduno al monte Soglio. Presenti le Penne Nere della IX Zona, ma non solo. L’iniziativa è organizzata dai Gruppi Alpini di Forno, Levone, Rivara, Corio, Rocca e Sparone, che sono i Gruppi fondatori di questa bellissima iniziativa. Si tratta di una tradizione nata nel luglio 1980 quando alcuni gruppi alpini della zona hanno trasportato e posizionato al Monte Soglio la statua della Madonna, e da allora, siamo al 39 anno alle 11 è viene officiata la S. Messa e poi pranzo al sacco oppure pranzo conviviale. Il legame con la religione è sempre stato forte tra tutte le truppe italiane che hanno sempre un gran numero di Santi patroni, per gli Alpini, San Maurizio martire. Ma allora la Vergine Madonna come è riuscita a suscitare una particolare devozione? La Madonna è la Mater Dolorosa nella quale gli Alpini, ma ogni soldato in genere, hanno da sempre visto al fronte della Grande Guerra la loro madre, la mamma di tutte di tutte le penne mozze china sul corpo dei propri figli. Leggendo diversi libri su testimonianze della Grande Guerra, si trova questo accostamento “Madonna – Mamma”. E’ l’urlo di disperazione o di rabbia che grida il soldato, esaltato dall’alcool, lanciandosi fuori dalle trincee, ma è anche lo straziante lamento del ferito nella terra di nessuno che non può essere soccorso e che la morte tarda a liberare dai tormenti, è la preghiera dell’ammalato in delirio. Ma è anche la mamma che raccomanda al figlio soldato prima di parte per il fronte prudenza e devozione mentre gli consegna la medaglietta della Madonna della Vittoria o l’immaginetta della Madonna del Soldato. Così un po’ per fede e un po’ per quell’accostamento Madonna-Mamma durante la Grande Guerra, è nata la devozione degli alpini a Nostra Signora della Neve. Si ringrazia per l’annuale impegno i gruppi della IX Zona di Torino con gagliardetto di Corio, Forno, Rivara, Rocca, Levone, Barbania, Favria e Bosconero, Labaro di Torino, il gruppo di Sparone sezione di Ivrea, CAI di Lanzo che con la loro presenza a questa ricorrenza hanno portato la testimonianza ancora una volta dei valori Alpini, non solo fatta di altruismo e solidarietà ma di devozione semplice e schietta che accomuna nella nostra umanità, la fede semplice e genuina, le risate che ci aiutano ed il senso di appartenenza alla nostra Alpinità nell’umana società, grazie a tutti, siete stati fantastici. Grazie al Capogruppo di Favria e al segretario Sergio per avermi fornito le foto e informazioni a questa importante giornata alpina. W Gli Alpini!
Favria. Alpino Giorgio Cortese
Favria, 23.07.2019 Giorgio Cortese

Conosco delle persone che sono delle nullità. Però molti altri ne valgono il doppio!

Se dovesse capitare a me!
Sono sgomento nell’apprendere dell’ennesima morte di una giovane ciclista in bicicletta da parte di un camion. Nel Bel Paese il ciclismo è lo sport più popolare dopo il calcio. Questo recente e scioccante lutto riporta alla luce un problema drammatico e troppo spesso dimenticato, quello che sempre più ciclisti muoiono a causa di incidenti stradali. In base alle tragiche statistiche chi va in bicicletta il rischio di mortalità è di 2,18%. Si tratta del più alto in assoluto dal momento che per i pullman è pari a 0,48%, per i camion a 0,67%, per le automobili a 0,7%8, per i motorini a 1,06% e per le moto a 1,96%. Per chi pedala la media è di un morto e quaranta feriti al giorno. Pensate è come se ogni anno scomparissero, a causa d’incidenti stradali, tutti i ciclisti che partecipano al Giro d’Italia e al Tour de France. Un dato davvero allarmante e paradossale se si considera che l’utilizzo della bicicletta viene sempre incentivato in quanto si tratta, senza ombra di dubbio, del mezzo con il minor impatto ambientale. Purtroppo non sembra essere altrettanto sostenibile per la salute di coloro che la utilizzano. Il motivo è prima di tutto da ricercarsi nella mancanza di strutture adeguate: seppur negli ultimi anni si inizi a scorgere qualche piccolo passo in avanti. Siamo deficitari di percorsi ciclabili non così diffusi come all’estero e la viabilità non è pronta ad accogliere gli amanti della bicicletta. Manca, una sana cultura della bicicletta in quanto quando siamo automobilisti manifestiamo un’insofferenza cronica nei confronti dei ciclisti e i ciclisti si sentono in costante pericolo dinanzi agli automobilisti. È senz’altro vero che gran parte degli incidenti avvengono per comportamenti indisciplinati alla guida da parte degli automobilisti: limiti di velocità non rispettati, manovre azzardate, precedenze non date. Ma anche i ciclisti, troppo spesso, non rispettano delle accortezze che sarebbero in grado di salvare tante vite: utilizzare e tenere ben allacciato il casco, procedere su unica fila nelle strade più pericolose, fuori dai centri abitati e in tutti i casi in cui le condizioni della circolazione lo richiedano, mantenere libero l’uso delle braccia e delle mani ed altro. Insomma, oggi più che mai, occorre un serio dibattito per tutelare i ciclisti sulle strade e punire chi trasgredisce le regole perché è bello andare sue due ruote, simili a due pensieri tondi pieni di luce e di vento e non vivere sempre lo sgomento di questo ennesimo tragico incidente perché domani potrebbe capitare a me che scrivo o Te che mi leggi!
Favria, 24.07.2019 Giorgio Cortese

I libri non sono solo di carta. Per secoli e millenni sono stati di coccio, di papiro, di seta, di pergamena. Scritture sulla pietra o nella cera. Incise nel legno, nel marmo o nel metallo. O tramandate per “tradizione orale”. Oggi sono anche nelle macchine elettroniche e negli spazi smisurati della rete

Un Alpino sulla luna!
Il 20 luglio 1969 il mondo intero ha potuto assistere al primo sbarco sulla luna, un evento storico e indelebile perché avvenuto in un secolo, il ‘900, dilaniato dai conflitti mondiali e dalla guerra fredda e che, per qualche ora, sembrava aver posto fine agli attriti tra America e Urss. Il mondo intero, grazie anche alla televisione inventata almeno quindici anni prima, ha potuto assistere a diciannove ore di diretta, di registrazioni in cui si è cercato di rivivere dal pianeta Terra, quanto stava accadendo sulla Luna. Tutti hanno potuto assistere al primo sbarco dell’uomo sulla Luna vivendo quelle ore con il fiato sospeso. Quella notte di cinquanta anni fa il modulo lunare dell’Apollo undici comandato Neil Amstrong apri il portello e con movimenti un po’ impacciati a causa della grande tuta spaziale, scese dalla scaletta che avrebbe portato per la prima volta un essere umano sul suolo di un piccolo mondo diverso dal nostro: la Luna! In quell’occasione, Armstrong pronunciò una delle frasi più famose della storia, quella che in sostanza sanno tutti: “Questo è un piccolo passo per un uomo, ma un grande passo per l’umanità!”. Fu un momento emozionante e, subito dopo scese anche Buzz Aldrin mentre Micheal Collins pilotava il modulo Aquila in orbita intorno alla luna. Neil Amstrong ha avuto un incontro che non ha mai raccontato a nessuno. Dopo pochi passi prima che scendesse, anche l’altro astronauta ha incontrato un Alpino. Sì un Alpino! Cosa ci faceva proprio un Alpino sulla Luna? Neil Amstrong subito non capiva, chi era quell’alieno con il cappello e la penna in testa, sembrava a un nativo americano! Non aveva la sua goffa tuta da astronauta e lo capiva parlare, anche se aveva una cadenza simile a un suo vicino di casa oriundo del Canavese. L’Alpino era lì appoggiato a un masso lunare, sorridente con la sua divisa grigioverde della Grande Guerra e gli ricordava che il grande passo per l’umanità non era la conquista del Cosmo e l’evoluzione della tecnologia ma portare l’umanità nel cuore delle persone, la solidarietà: essenza dello spirito alpino appunto. Neil stava per rispondere ma la radio aveva ripreso a gracchiare, dalla Base di Houston nel lontano Texas si preoccupavano per lui, era stato irraggiungibile per alcuni minuti e nel frattempo sbucava da dietro la collina lunare, l’altro astronauta Aldrin a grandi balzi, sulla luna non c’è la gravità, nel frattempo la figura dell’alpino si era dileguata. Dalla base di Houston dissero i tecnici che per effetto del vento solare c’era stato quel problema e, Amstrong non parlò allora con nessuno di quel strano incontro alla Nasa. Pare che molti anni dopo durante una visita in Italia si diresse a Redipuglia a visitare il sacrario della Grande Guerra. Che forza di Alpini, sono arrivati sulla Luna prima di Americani e Russi, senza usare potenti razzi, ma con la forza del loro spirito umano universale fatto di solidarietà, fratellanza, senso del dovere. W gli Alpini.
Favria, 25.07.2019 Giorgio Cortese

Ogni giorno arriva il mattino a raccontarmi come si fa, ogni volta, a ricominciare. Ogni giorno volto pagina sperando di trovare un nuovo capitolo, di quelli in cui c’è subito una bella frase da sottolineare!

La tolleranza
Quando il disordine sotto il cielo è grande, le carte si rimescolano. Nel mondo tutte le opinioni sono legittime, lo sosteneva già Protagora nel suo paradosso, perché nessuno può pretendersi in possesso della verità assoluta. Oggi giorno nel mondo che viviamo la distinzione tra noi e loro non ha più senso, perché tutto ormai interconnesso e mescolato. La barca è la stessa e decisioni degli uni comporta e sempre delle conseguenze per gli altri ma come si può regolare questo conflitto che inevitabilmente si produrrà ? Fiducioso ma non illuso, nella capacità umana di ragionare perchè quando viene meno questo spazio comune non si va da nessuna parte. Certo possono sembrare idee ingenue, ma ricordo che quando viene meno questo spazio comune non resta che l’uso della forza con i suoi nefandi risultati. Sarebbe bene ricordare che il benessere aumenta, la vita si allunga, le malattie diminuiscono perché la sfida che devo affrontare oggi di fruire un nuovo spazio comune in cui tutti possono far valere la propria prospettiva, in cerca dei principi condivisi. Consapevole che la ragione non può tutto e che a volte sbaglio ma senza di essa non si costruirà mai niente
Favria, 26.07.2019 Giorgio Cortese

Non esiste profumo più bello dell’odore di terra bagnata, tra le zolle inaridite da una calda arsura estiva.

Simurgh, Saena!
Uccello gigantesco, il cui nome, nella letteratura avestica, è Saena o Sen. Di qui deriva Sen-Murv , in persiano “uccello Sen” o Simurgh, Simorgh, Simorg, Simurg, Semurg, Simurgh, Simoorg, Simorq, Simourv. Nell’iconografia, il Simurgh compare come un ibrido tra cane, di cui ha la parte anteriore del corpo, con la testa e due zampe, e uccello di cui ha le ali e la coda. Esistono delle varianti in cui al cane viene sostituito il leone, o in cui la testa torna ad essere di uccello, o in cui l’insieme ricorda molto il drago babilonese. Al titolo di “re degli uccelli”, di cui il Simurgh è il rappresentante più quotato, concorrono altri uccelli misteriosi, che probabilmente, pur partiti da antichi miti differenziati tra di loro, sono poi stati confusi e parzialmente fusi, come l’Anqa e il Rukh, il Cenamrosh, il Cihratp ed il Kar Shipt.. Il Simurgh fa il suo nido sul monte Alburz, in cima all’albero chiamato Vispobish, o Albero di Tutti i Rimedi, o di Tutti i Semi, che si dice contenga i semi di tutte le piante selvatiche. Nella più antica mitologia persiana le montagne crebbero come alberi le cui radici sprofondavano nel sottosuolo, circondavano la terra e continuarono a crescere per ottocento anni, fino a superare le regioni degli astri e a toccare l’empireo. Inizialmente chiamate Hara, furono in seguito identificate con l’Alburz. La vetta principale della catena, il Dema-Vend, divenne scenario di numerosissimi eventi leggendari e mitici, e sede del paradiso zoroastriano. Si tratta della catena montuosa che si estende a sud del mar Caspio e separa la fascia costiera dall’altopiano iranico. Secondo alcuni accenni il Simurgh avrebbe tre nature; non sarebbe inoltre un vero uccello, ma un mammifero, come il pipistrello, perché si dice che allatti i suoi piccoli. Nel Libro dei Re capolavoro epico del poeta persiano Firdusi consiste nella traduzione di un’opera molto più antica nella lingua medio-persiana Pahlavi, ed è rimasto straordinariamente popolare tra i persiani per oltre un migliaio di anni. Esso, scritto in forma poetica utilizzando la lingua persiana, racconta delle storie dell’antica Persia prima della conquista della regione da parte degli arabi, iniziando circa nel 5.000 a.c.,. Il poema narra la storia dei re persiani, dei cavalieri, del sistema di leggi, della religione, delle vittorie dell’impero e delle sue tragedie. Tornando a Saena nel Libro dei Re svolge un ruolo molto importante, perché alleva l’eroe Zal, abbandonato dal padre sul monte Alburz, figlio di Sam, marito di Rudabeh, padre di Rustem, re di Sistan, una regione dell’Iran al confine con l’Afghanistan, il suo territorio corrisponde all’antica Drangiana e trae l’attuale nome dalla tribù scitica dei Saci, che vi si stanziarono ne I Il secolo d.C. Nell’ideologia Sufi il Simurgh è l’emblema stesso della divinità. Nell’epopea mistica del poeta persiano Fariduddin At-tar, XIII secolo, dal titolo Mantiq ut-tair, La lingua degli Uccelli, si narra di una assemblea di tutti i volatili, in cui essi decidono di andare a trovare il Simurgh, re di tutti loro. Dopo molte esitazioni si intraprende il viaggio; ma molti si perdono lungo il cammino, ed alla meta arrivano solo “trenta uccelli”. Il numero non è casuale, perché Simurgh significa anche ‘trenta uccelli’; con questo gioco di parole si vuole sottolineare l’unitarietà della creazione. Infatti, quando i trenta uccelli guardavano il Simurgh, vedevano loro stessi; quando si guardavano, vedevano il Simurgh; e quando guardavano tutti e due, vedevano l’Uno e il Simurgh!
Favria, 28.07.2019 Giorgio Cortese

La farfalla mi sembra un biglietto amoroso piegato in due che cerca l’indirizzo di un fiore.

Carmina non dant panem!
La frase Carmina non dant panem, tradotta letteralmente, significa: le poesie non danno pane. Lo stesso concetto è espresso anche dalla frase “Litterae non dant panem, le lettere non danno pane. Insomma pare che sia difficile trovare lavoro, e quindi denaro, per quelle persone che si dedicano a professioni artistiche o, in senso più ampio, intellettuali. Nell’antica Grecia gli aedi abitavano nelle case dei Principi per allietarne i conviti con il canto. A Roma esistevano ricchi patrizi, come ad esempio Mecenate, da cui nacque il termine mecenatismo, che incoraggiavano e finanziavano artisti e poeti. Nel Medioevo trovatori, poeti-giullari, “clerici vagantes” erano costretti per sbarcare il lunario ad andare di corte in corte, così anche, dal Rinascimento in poi, i poeti, chiamati presso le grandi famiglie aristocratiche, si sdebitavano dell’ospitalità non solo celebrando nei loro versi la casata del loro Signore, ma anche adoprandosi come segretari o faccendieri. Abbiamo solo rari esempi di poeti che, grazie al loro rango e alla loro ricchezza, poterono dedicarsi allo scrivere per puro diletto, Matteo Maria Boiardo, Lorenzo il Magnifico, Matteo Bandello, Vittoria Colonna, Veronica Gambara. Ai tempi nostri, per carenza di aristocratici magnanimi o di ricchi industriali, oggi disposti più a sponsorizzare sport come calcio, automobilismo, vela piuttosto che l’arte che la poesia. Ma oggi la poesia sopravvive anche in un’epoca tecnologica e industrializzata come la nostra. Giornali e riviste aprono nuovi spazi, nascono siti internet specializzati, si tengono recital pubblici di poesia e centinaia di associazioni indicono concorsi letterari sempre affollati di partecipanti. Certo con i versi non si guadagna niente, ma ci sono però numerose piccole case editrici, che pubblicano opere inedite con il contributo da parte dell’aspirante scrittore; ecco quindi che proprio e soltanto per questi editori le parole di Orazio si mutano in “Carmina dant panem. Esiste e si consolida sempre più una comunità, legata da affinità elettive, che si incontra sulle riviste letterarie o su internet, si ritrova in occasione di premi letterari o di recital in teatri o piazze, si raccoglie in una miriade di associazioni, una società eterogenea, che ha raccolto e porta avanti il testimone della poesia. Questa “Poesia”, che scopre e rigenera la realtà attraverso metafore e simboli, che decodifica il mondo esterno e fa luce in fondo a noi stessi, che con parole nuove non consunte dall’uso e ci fa volare lontano, questa “Poesia” per sua stessa natura è libera, disinteressata, tesa verso l’inafferrabile, rifugio da tutto ciò che è mediocre, e chi l’ama accetti serenamente che essa non dia guadagno e resti svincolata da mere leggi di mercato. Concludo che “Carmina non dant panem”, la poesia non dà pane, certo ma cura, consola e offre all’animo delle risposte profonde, capaci di aiutarci dalla quotidiana fatica del vivere.
Favria, 29.07.2019 Giorgio Cortese

Non esiste dovere più indispensabile di quello che impone di restituire una gentilezza.
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