Piatti Tipici

a cura di Gabriella Stefano

Una volta…
La gente della nostra Valle di montagna conobbe, nei secoli passati e fin dopo la seconda guerra Mondiale, la miseria e talvolta, la fame. I soldi erano scarsi ed i mezzi di trasporto erano precari, per cui, non era sempre possibile acquistare derrate alimentari provenienti dalla pianura . I montanari cercavano quindi di sfruttare al massimo tutto ciò che l’ambiente poteva offrire. La cucina era semplice povera e non variava di molto nell’ arco dell’ anno : in primavera ed in estate, vi era a disposizione un maggior numero di ortaggi, di erbe e di frutti del bosco; l’ autunno era il periodo delle castagne e delle nocciole ed in inverno, si mangiavano soprattutto patate.
Vi erano poi a disposizione i prodotti dell’ allevamento: latte, burro, formaggio e uova. La carne si mangiava solo nelle feste principali mentre, la polenta, non mancava quasi mai. La farina di mais si doveva comprare, perchè in Valle Soana, si coltivava solamente l’ orzo e la segale. Quest’ultima si macinava nei numerosi mulini esistenti e poi si faceva il pane nero che veniva cotto nel forno comunitario presente in ogni borgata. Patate e prodotti dell orto.
Le patate si mangiavano praticamente tutto l’ anno e si conservavano, al buio, in cantina. Bollite con la loro buccia “trifole bruaie” e si accompagnavano con formaggio tenero o, meglio ancora, “mortaret” , un formaggio di latte scremato con aggiunta di sale e pepe. Si “saltavano” in padella con burro e lardo, si cuocevano in umido, si usavano per la preparazione di minestre. Una ricetta tipica della Valle Soana era quella del “frit gris” : si bollivano in precedenza sia le patate che le foglie di coste, poi , in una padella, si scioglieva del burro, nel quale si faceva imbiondire una cipolla tagliata fine, si aggiungevano le patate a fette sottili e le coste sminuzzate. Si saltava per qualche minuto e si serviva. Tra gli ortaggi preferiti, vi erano i porri, le rape, i fagioli e le zucche: erano quelli che potevano essere conservati più a lungo!
Con il pane raffermo ed i cavoli si faceva una zuppa: “l’ahtufa” de coi” che si cuoceva al forno. Le rape ed i fagioli si cucinavano in umido con il lardo. Con le zucche, le patate ed il riso si faceva la minestra.

La Polenta
La polenta si mangiava con il latte ed il formaggio oppure con le uova strapazzate con latte e aceto: “coco an bruhquet”. Vi era l’abitudine di fare la baula : una palla di polenta che racchiudeva un pezzo di toma.
Si faceva dorare al fuoco del camino o sulla stufa : intorno si formava una crosticina, mentre il formaggio, al centro, di fondeva. Polenta e merluzzo, polenta e coniglio in civet , polenta in umido, erano piatti per i giorni di festa.

La frutta
Tra i frutti più usati vi erano le castagne, che si conservavano e si mangiavano per lungo tempo . Bruciate o ballotte non mancavano mai nei giorni dei Santi e dei Morti. Alla sera del giorno dei Santi, si lasciava il tavolo apparecchiato con un po’ di castagne, con la zuppa di pane e cavoli ed una bottiglia di vino: si pensava che i parenti morti venissero a visitare la casa e si voleva dimostrare che erano ospiti graditi.
In autunno spesso, per la colazione, si mangiavano castagne e latte e, per cena , si preparava una minestra di castagne latte e riso. Sempre in autunno , si raccoglievano le noci e le nocciole selvatiche da cui si ricavava anche l’olio.
Un altro frutto apprezzato era la mela. Con le mele si faceva l’ unico dolce conosciuto: li matafam cioè le frittelle, ma più semplicemente, si cuocevano al forno con la buccia. In estate si raccoglievano i frutti di bosco: i mirtilli , lamponi , more , ribes, fragole e ciliegie selvatiche.

Erbe selvatiche
Molte erbe selvatiche si usavano nella preparazione di minestre come l’ortica ” l’urtia”, la bistorta “la biaveta”, il raperonzolo “l’artchai” ed il dente di leone la “sicoria”. Quest’ ultimo era consumato anche in insalata. Nella tarda primavera, soprattutto intorno alle baite, si raccoglievano gli spinaci selvatici : “i arco”, ottimi come contorno o per la preparazione di una frittata verde. Più rari, ma molto ricercati, erano gli asparagi selvatici : “i ouvertin” e i germogli del rabarbaro di montagna: “li mandjelo”. Oltre che per la cucina, parecchie erbe erano usate anche a scopo medicinale.

Carne e pesce
Abbiamo già detto che la carne era un lusso: si mangiava solamente nelle grandi occasioni e proveniva dagli animali allevati in casa: le galline vecchie venivano bollite ed il brodo ottenuto era considerato una squisitezza ed era usato per cuocere la zuppa di pane e cavoli; il gallo si preparava in umido ed il coniglio quasi sempre in sivet.
Alcune famiglie più benestanti allevavano il maiale e, quando si ammazzava, era una festa per tutto il paese . Qualche volta, la carne proveniva dalla caccia, che , a quei tempi, non era uno sport ma una necessità . Dal macellaio, si andava raramente e si comprava soprattutto il bollito o lo spezzatino. Gli unici pesci conosciuti erano il merluzzo e le squisite trote dei torrenti che venivano cotte al burro.

La cucina nei vari momenti della giornata

  • Colazione: latte con castagne , con polenta , con pane di segale
    oppure : Caffè d’ orzo (l’ orzo si tostava in un apposito recipiente) con un pezzo di burro fresco
    oppure : Minestra
  • Pranzo: piatto unico: polenta o patate con contorno
  • Cena : minestra
    oppure Crema di latte con farina, sale e burro : li bernin patate con formaggio

La cucina dei giorni nostri
Oggi la cucina e molto più varia e più ricca . Le vecchie ricette, povere , sono state praticamente dimenticate. I piatti rimasti sono : “la supa de coi“, “li frit-gris” e “li matafam” . La carne è presente ogni giorno su tutte le tavole e si è imparato a mangiare anche il pesce di mare. Nei ristoranti si può trovare la cucina tipica Canavesana e Piemontese.


N.B. Le parole tra virgolette sono in dialetto francoprovenzale della Valle Soana.