Owen Crippa quando il caso incontra l’occasione – Nel centenario un tripudio di emozioni e colori! – Con le mani in pasta! – Il Tiro alla fune o Tug of War. – I puledri – Amare i libri! – Il rubinetto. – Nel blu sempre di più!. – Le baricole!- Io  sto con la professoressa! -LE PAGINE DI GIORGIO CORTESE

Owen Crippa quando il caso incontra l’occasione
All’alba del 21 maggio 1982, il Comando della Naval Malvinas ordinava di decollare, in missione di ricognizione, all’Aermacchi MB-339, matricola 4A-115, pilotato dal Tenente di Vascello Owen Guillermo Crippa. L’aviatore argentino di origine lombarda, s’avvicinò in volo rasente e giunto alla baia San Carlos si trovò in mezzo alla flotta inglese. Arditamente attaccò, con tutte le armi di cui disponeva attaccando una grande nave da battaglia Inglese di fronte alla Estancia San Carlos entrando in picchiata sulla nave. Il pilota era consapevole che con l’armamento di cui disponeva non avrebbe potuto affondarla ma solo annullare tutti i suoi sistemi elettronici lasciandola fuori combattimento puntando alle antenne e al ponte di comando per scappare dal fittissimo tiro dell’antiaerea nemica. per poi tornare a casa e confermare la grandezza dello sbarco britannico in Malvinas. Venne poi decorato con la Croce della Nazione Argentina all’Eroico Valore in Combattimento, a dimostrazione che quando il caso incontra l’occasione viene fuori la vera stoffa dei tenaci eroi.
Favria, 21.05.2019 Giorgio Cortese

Ogni giorno abbiamo milioni di ragioni per fallire, ma non una sola scusa!

Nel centenario un tripudio di emozioni e colori!
Oggi sono stato con gli Alpini di Favria e precisamente con il Capogruppo Giovanni, il decano Renzo ed il nocchiero Martino all’adunata nazionale a Milano degli Alpini per celebrare il centenario dell’Ana. Durante il viaggio verso Milano riflettevo sul significato della parola alpinità, un valore proprio degli Alpini che significa impegnarsi nel volontariato per cercare di contribuire alla collettività, aiutare chi ha bisogno e ricostruire cosa andato distrutto. Lo spirito Alpino e nato dopo il primo conflitto mondiale proprio a Milano, dopo che la Grande Guerra in alta quota aveva provocato morti tra gli Alpini non solo dal fuoco nemico ma dal gelo, dalle slavine che travolgevano vite, slavine che rendevano inutile il lavoro che era durato mesi e mesi. Proprio da lì e nato lo spirito di corpo e la leggenda degli Alpini, un modo di proporsi alla società civile che gli ha permesso di combattere anche su altri fronti, contro terremoti, frane, alluvioni e bufere. Dove c’è stata una calamità sono sempre stati loro i primi ad arrivare, ed aiutare. Oggi sono a Milano, vedo fiumi di penne nere, penne che sventolano sul capo di ogni Alpino come una fiera bandiera, colori e divise dei vari gruppi del Patrio Stivale o di italiani emigrati in lontani paesi per il globo terrestre. Sento musiche, della Filarmonica Favriese, che mi fanno tornare indietro nel tempo, ma quello che sento nell’aria, anzi ne assaporo tutta la gustosa fragranza è il profumo dell’amicizia e della solidarietà tra alpini, che bello! Il mio animo è avvolto da emozioni e colori e nutro il desiderio e la speranza che di questo evento mi rimanga indelebile per sempre nella memoria. Questi raduni sono necessari per ricordare a tutti gli eventi bellici del passato, la nostra storia e le nostre radici con la storia centenaria dell’Ana e le canzoni alpine. Se oggi i tanti gruppi Alpini non fossero ancora qui all’adunata del centenario, chi si ricorderebbe di quei ventenni morti in trincea senza lasciarle il vero nome? Ecco, il ricordo li fa rivivere ce li fa conoscere ed ammirare, ci fa commuovere di fronte alle loro storie. Ecco cosa sono i racconti delle nostre radici, persone semplici per non essere diventate famose che sono qui a farmi emozionare. Quanto grande è la forza del ricordo? Se posso piangere perché non li ho conosciuti, se posso gioire per loro, se posso essergli grato per il loro sacrificio, quanti sentimenti si liberano con il ricordo. Grandi gli Alpini che hanno il merito di essere sicuramente le persone che più onorano il ricordo di chi è andato avanti con tutte loro attività! Nella giostra dei ricordi, le emozioni non ballano da sole, sono l’arcobaleno del cuore! Ecco allora che raccolgo le emozioni che poi si posano nelle pieghe dell’animo e mi trasmettono l’energia necessaria per vivere ed andare avanti con fiducia verso il futuro. Grazie Alpini per quello che fate, siete un pezzo basilare dell’identità italiana. Oggi come ieri essere alpini vuole dire essere coscientemente degli essere umani!
W gli Alpini, W l’Italia!
Favria, 22.05.2019 Giorgio Cortese

Se facciamo come le formiche e ci mettiamo d’accordo, allora possiamo spostare anche gli elefanti che ostacolano il nostro quotidiano cammino

Con le mani in pasta!
E’ risaputo che il cibo è, per tutti noi, il primo veicolo di relazione umana. Pensate che il neonato, per la necessità di essere nutrito pone le basi delle sue relazioni con le persone che lo accudiscono. Come si vede fino da subito i bambini godono, per la necessità di essere sfamati la presenza ravvicinata di una persona adulta, con cui avvia i suoi primissimi dialoghi, fatti inizialmente di sguardi, che poi saranno accompagnati da emissioni vocali, da sorrisi, da gesti ed infine da parole. Ed ecco che con l’infanzia i bambini trovano nell’attività del cucinare, ricca di stimolazioni per i cinque sensi. Cucinare è poi un’attività molto stimolante dal punto di vista conoscitivo, perché ricca di spunti di osservazione ed esperienze che sono alla base della comprensione dei concetti base della fisica, della chimica, della matematica, ad esempio il concetto di frazione, che a scuola gli insegnanti lo spiegano ricorrendo al disegno di una torta che viene suddivisa in parti. Se questa torta, anziché essere solo disegnata, viene preparata, cucinata e poi divisa con i compagni, poiché è più facile imparare facendo, capire, e ricordare. Ben vengano iniziative come questa di Favria Giovane sempre attiva sui giovani, con l’aiuto della Pro Loco di Pertusio che ha messo a disposizione dei locali per incoraggiare una ventina di Piccoli Chef che hanno partecipato, dalla prima elementare alla quinta questa simpatica iniziativa. Questi cucinieri in erba sono stati seguiti dagli animatori e dalle cuoche Antonella e Simona, dalle mamme che hanno organizzato le varie merende prima delle lezioni. Il corso è iniziato a novembre 2018 si è chiuso in questa settimana di maggio 2019. Questa iniziata insegna ai Piccoli Chef la consapevolezza che il sapere usare le mani vuole dire saper creare fisicamente qualcosa, vuol dire sapere fare. Durante il corso gli animatori e le cuoche hanno fornito importanti opportunità di relazione e di socializzazione, facilitando l’accettazione, la comprensione ed il superamento dei propri personali limiti, avvicinando i bambini ad apprezzare la possibilità di accettare l’aiuto di adulti e dei compagni, e di provare per questo gratitudine. Come già detto la cucina coinvolge tutti i cinque sensi. Le pietanze cucinate da questi provetti mini chef si vedono, si annusano, si toccano, si assaggiano e si sentono anche. Pensate quindi all’emozione dei bambini, cucinare con i bambini significa sperimentare nuovi profumi ed odori che i bimbi impareranno a conoscere. Significa far toccare alle loro manine superfici, consistenze e forme tutte da scoprire. Significa anche farli avvicinare a gusti che magari, fino ad ora, non si erano mai provati e per i quali adesso, con la scusa di dover preparare qualcosa con le proprie mani, si può fare un’eccezione. Significa anche abituarli a rumori diversi: un esempio su tutti, lo sfrigolio dell’olio nella padella. Ecco quindi che cucinare con i bambini si trasforma in una scoperta davvero emozionante per loro: una scoperta che li coinvolge, che li affascina e che li gratifica anche. In fondo, anche loro hanno preparato il pranzo, la cena o perché no, la merenda che finirà nel loro pancino. In conclusione un plauso all’associazione Favria Giovane che con il corso Mini Chef ha iniziato a trasmettere alcuni concetti importanti di educazione alimentare. Come assaggiare tutto sulla tavola dove si impara ad accogliere e condividere dopo aver preparato con le mani in pasta.
Favria, 23.05.2019 Giorgio Cortese

Ogni giorno mettiamo impegno affinchè ogni esperienza diventi la nostra lezione di vita.

Il Tiro alla fune o Tug of War.
Il tiro alla fune è fondamentalmente uno sport di origine contadina, che vede contrapposte due squadre di persone che si sfidano in una gara di forza. E’ uno sport catalogato come individuale, non essendoci passaggio di nessun tipo di attrezzo, ad esempio una palla, per raggiungere la meta, anche se per vincere ci si deve affrontare in gruppo. La sua origine è legata alla simbologia delle forze contrastanti, bene-male, vita-morte. Era anticamente praticato in occasione di cerimonie propiziatorie di buon tempo, di abbondante raccolto, o di cerimonie funebri e rituali, documentate in paesi come la Birmania, il Borneo, la Corea, la Nuova Zelanda, il Congo e le Americhe. Si hanno prove del Tiro alla Fune risalenti ad una iscrizione egiziana del 2500 a.C., e veniva praticato nell’Antica Grecia nei Giochi Olimpici del 500 a.C., pare che servisse anche come allenamento per altre discipline. Nel XII secolo era praticato alla corte degli imperatori cinesi, mentre nel XII e XIV secolo risulta presente in Mongolia e Turchia. In Europa occidentale è documentato intorno all’anno Mille. Finalmente, nel XV e XVI secolo appare anche in Francia chiamato, Jouer à tirer la corde, ed in Gran Bretagna, Tug of War. Ed è in questo periodo che nacque un primo regolamento, selezionando giovani atleti di uguale peso eel 1880 in Gran Bretagna venne fondata l’Amateur Athletic Association che comprendeva le discipline di Salto, Lancio del peso e Tiro alla fune. Le regole non erano ancora chiare e precise e, tra i vari paesi, non esisteva un regolamento uniforme, a cominciare dal numero dei componenti della squadra, che variava da 4 a 8. Pensate che il tiro alla fune fu sport olimpico fino al 1920, quando fu cancellato da una delibera presa a maggioranza dal Comitato Olimpico Internazionale quando si stabilì di ridurre il numero degli sport partecipanti. E’ uno sport che richiede grande sforzo fisico, interessante al riguardo una canzone di Paul McCartney dal titolo Tug of war, appunto, dove il tiro alla fune viene utilizzato come metafora dei rapporti di forza fra le nazioni del mondo. Perché il tiro della fune è un tiro alla corda, spingendo, spingendo, tirando, tirando. Se verrai a Favria il 14/15/16 Giugno a Favria agli Alto Canavese Games, perché la vita è più divertente se si gioca.
Favria, 24.05.2019 Giorgio Cortese

La vera energia per la vita è trasformare Trasformo la rabbia in forza, la forza in passione, la passione in amore, l’amore in delusione, la delusione in rabbia e poi ricominciare!

I puledri
Ad inizio maggio ho visto la nascita di due puledri nel giro di poche ore in una cascina nella campagna favriese. Che tenerezza pensare a questi giovani puledri che galopperanno con energia inseguendo l’aria, liberi nei campi verso la vita, verso il futuro. O teneri, scattanti, gioiosi, innocenti puledri che scalpitando ed odorando l’aria, osservate l’orizzonte del Vostro futuro. Fieri puledri, che incalzate il tempo di giovanili istinti. Nulla Vi contrasta quando ondeggiate la criniera al vento della vita. Poi vi fermate un attimo, scuotete il muso, mi sfiorate con il Vostro sguardo curioso. Puledri dall’elegante portamento, sfiorate la terra con gli zoccoli dritte le orecchie scuotete la groppa e generate Il tuono nel vostro ritmico battere sul terreno, incarnate da sempre il desiderio di libertà! Questa è la magia della vita, questi puledri diventeranno cavalli e poi anche per loro il vigore della giovinezza scomparirà all’orizzonte del tempo sara solo più un ricordo. Il ricordo che posso amare per come ero o rimpiangere per quello che non sono più e allora mi isolo con i miei pensieri e mi lascio trasportare nel mare dei ricordi che scintillanti vivono nel profondo del mio cuore e con tenerezza ravvivano il tempo andato. Incontro in successione i volti amici e sono tanti che adesso non ci sono più. Rivedo sguardi e sorrisi e smorfie sulle facce risento le voci e le risate le note e le battute. E non mi pare vero che questo tempo sia passato così in fretta.
Favria, 25.05.2019 Giorgio Cortese

La vita certi giorni è l’arte di tirare conclusioni sufficienti da premesse insufficienti.

Amare i libri!
Amare i libri è un piacere di cui non ci si può mai stancare. Che sia rilassante o impegnativo, divertente o stimolante, gradevole o irritante, è un’esperienza che, in un modo o nell’altro, ci arricchisce. E siamo noi, lettori, a decidere quando e come la vogliamo vivere.
Favria, 26.05.2019 Giorgio Cortese

Il rubinetto.
Forse qualcuno avanti negli anni ricorda quando negli anni Cinquanta del Novecento, nei paesi distanti dai centri abitati le uniche fonti per l’approvvigionamento dell’acqua potabile erano i pozzi, Poi con l’introduzione dell’acqua corrente dotò tutte le case delle famiglie di tubature per convogliare l’acqua dagli acquedotti e la distribuzione avveniva attraverso il rubinetto. Prima di essere denominato rubinetto il congegno veniva chiamato nell’Ottocento “chiavetta” perché la distribuzione avveniva attraverso un congegno a chiave. Agli inizi del Novecento la chiavetta divenne rubinetto, termine che deriva dal francese robin, appellativo burlesco per indicare le pecore ed i montoni. Infatti nel Medioevo le fontane pubbliche in Francia erano abbellite da teste di pecore e di montoni. Molti rubinetti conservano ancora sul pomello il simbolo di una testa di ovino.
Favria, 27.05.2019 Giorgio Cortese

Ritengo difficile parlare e collaborare con delle persone che si ritengono onnipotenti.

Nel blu sempre di più!
Un giorno osservando le strisce blu di un parcheggio a pagamento mi è sorta questa riflessione. L’etimologia della parola blu si ricollega all’indoeuropeo bhle-was, la radice di questa parola anticamente, bhle, oltre a indicare blu significava anche “colore della luce”. Dalla stessa radice, deriva il latino blavus, sbiadito e l’antico tedesco blao, blu. Questo dimostra ancora una volta che in origine non esistevano termini per indicare quelli che oggi chiamiamo colori, ma parole riferite a sensazioni visive sulla qualità della luce, che poteva essere splendente o luminosa. Il blu è un colore freddo ed elegante che in genere procura un sentimento di soddisfazione, armonia, protezione e profonda fiducia. E’ la quiete in tutti i suoi significati fisiologici oggettivi. L’azzurro riecheggia l’innocenza, la tranquillità, la pacatezza e la comprensione. Ha una dimensione ambivalente tra pace e energia, data dal contatto con la purezza. Nel blu dipinto di blu, cantava Modugno… sì, ma che blu? Eh no, qui ci vuole un po’ di precisione! Perché c’è blu e blu. La parola blu è giunta in italiano dall’adattamento del francese bleu, che ha lo stesso etimo dell’italiano biavo. Il blu può essere l’azzurro scuro, turchino scuro, nelle sue varie sfumature. Indica le gradazioni più intense del colore che dai chimici e fisici è designato genericamente con azzurro, da cui invece nell’uso comune differisce, in quanto per azzurro s’intendono le gradazioni più chiare, il cielo, infatti si può dire che è azzurro di giorno e blu o turchino se la notte è chiara e serena., ma si dice che i nobili hanno il sangue blu. Tale definizione deriva dal medioevo, quando erano riconosciute le classi sociali come nobiltà e clero, borghesia e popolo contadino. Per descrivere il concetto di sangue blu bisogna fare un generale riferimento alla pelle di nobili e contadini. Infatti gli ultimi trovandosi per esempio a lavorare la terra o ad allevare bestiame all’aria aperta erano soggetti ad abbronzatura, contrariamente ai nobili i quali, avendo la pelle molto chiara, avevano le vene dei polsi ben visibili. Ciò ha determinato la creazione di questo modo di dire proprio perché alla vista le vene dei polsi hanno un aspetto bluastro-violaceo, e da ciò è nato il “sangue blu”. Ma secondo altri studiosi il il termine “sangue blu” deriva dalla colorazione bluastra che assumevano i nobili affetti da argiria, un’alterazione cutanea consistente nella colorazione blu-grigiastra della pelle causata dalla contaminazione del cibo da parte dell’argento delle posate. Quando si ha tanta paura esiste il termine avere una fifa blu, una paura tale che in teoria, il volto diventa così pallido da assumere una sfumatura bluastra, come in chi sia stato esposto a un freddo assai intenso. Fifa, che significa paura, vigliaccheria, viene dal gergo militare ed e’ parola di origine settentrionale, imprecisata. Esistono le auto blu che sono gli automezzi destinati ai politici e ai più alti funzionari dello Stato. Essi sono sì di colore blu, ma non tutti, ve ne sono infatti alcuni che sono grigi. La caratteristica comune è il lampeggiante posto sul tettino, di colore blu. E’ questo che contraddistingue le Auto Blu e spiega dunque anche il motivo dell’appellativo. Esiste anche la stoffa di colore blu, che può essere: blu scuro, blu elettrico, blu marino, blu oltremare, blu pavone Ma con il colore blu si indicano anche con questo nome di sostanze organiche o inorganiche, colorate e coloranti, come il ferrocianuro ferrico detto blu di Prussia, il blu di metilene. In medicina il morbo blu, nome dato a cardiopatie congenite intensamente cianotiche, e in particolare a una malformazione consistente nella mancata chiusura della comunicazione tra i due ventricoli. Negli animali, i conigli detti Blu di Beveren, dalla pelliccia azzurro ardesia, Beveren è una cittadina del Belgio settentrionale, e sempre conigli i Blu di Vienna, razza con pelliccia azzurro ardesia scuro. Ed infine le strisce blu, che servono solo a fare cassa e a rimpinguare le casse comunali impoverendo i cittadini senza dare sistemi alternativi di mobilità sostenibile, facendoci veder rosso per il furore che proviamo per l’ennesimo balzello.
Favria, 28.05.2019 Giorgio Cortese

Certe persone pensano di avere sempre la soluzione ma girano la ruota.

Le baricole!
Quanti, per leggere, debbono indossare un paio di occhiali? Oggi Vi parlo dello strumento fondamentale aumentare e proteggere il prezioso senso della vista. Va notato l’interessante legame linguistico con baricc, così chiamato in piemontese chi soffre di strabismo. La parola piemontese deriva dal francese antico bericle, occhiali, dal latino beryllum , berrillio, pietra preziosa. La parola veniva usata dai frabutti ad inizio 900, infatti da un testo del 1910 curato da Emanuele Mirabella intitolato ‘Malavita: gergo, camorra e costumi degli affiliati’, sfogliando l’elenco di parole della lingua furbesca, si trova barricole, tradotto chiaramente con occhiali; l’unica differenza è che nella grafia piemontese la “o”, si legge “u”. interessante notare che al singolare la parola barricola intende il tramezzo interno al guscio di noce che divide i lobi del gheriglio
Favria, 29.05.2019 Giorgio Cortese

Nella vita di fronte all’ingiustizia anche una sola persona può dire con Coraggio: “NO”!

Io sto con la professoressa!
Fatemi capire, ma Italia esiste ancora la libertà di parola? Oppure è in corso una strisciante deriva autoritaria? Mettono una mite  professoressa in tribuna per la sola colpa che i suoi studenti paragonano le leggi razziali agli odierni provvedimenti contro i migranti?  Siamo già arrivati al pensiero unico e forse non sanno che gli studenti hanno liberamente espresso la propria opinione, a volte facendo accostamenti simili a quelli del power point incriminato? Poi permettono ad altri  movimenti dichiaratamente fascisti di inneggiare al Duce con saluti romani e dichiarazioni di plauso al defunto, mi auguro definitivamente, regime fascista? Oggi nel Patrio Stivale riprende forma un  germe vecchio e maligno, che  ritenevo debellato da circa settantaquattro anni.  Questo germe ha attecchito con la recente crisi economica e permettetemi anche politica. Guardate che negli anni Venti del Novecento il fascismo è cresciuto per l’ignavia della monarchia e con l’indifferenza e paura di alzare la voce di una certa classe dirigente liberale. Svegliamoci dal torpore e non permettiamo che  questo germe dilaghi, usiamo da subito gli anticorpi della Costituzione e la voce di tutti quelli che si sentono Liberi e Forti, con autonomia di pensiero e con il coraggio di agire come liberi cittadini in difesa di idee e valori per non permettere un suo ritorno. I morti per la libertà che hanno contribuito a edificare la Costituzione con il loro sangue non ce lo perdonerebbero mai. Io  sto con la professoressa!
Giorgio Cortese
giorgioCorteseAlpini