Ogni giorno…- Le fusa alla luna!- Il bosco di faggi e larici. – Il giro di boa – L’inerpicarsi del fellone – Forzo, torrente gagliardo. – Upia! – Pataffio, spataffio e spataffiata – Il tamburo… – Diverticolo!…LE PAGINE DI GIORGIO CORTESE

Ogni giorno…
Nella vita di ogni giorno siamo simili a degli uccelli che non sanno dove hanno il nido, dove trovino pace, ma ogni giorno siamo come loro nel perpetuo volo della vita quotidiana. Infatti dal mattino alla sera la vita la sfioriamo come gli uccelli rasentano il terreno per abbrancare il cibo. Certo amiamo la quiete ma viviamo ogni giorno con passione ed affanno balenando in burrasca.
Favria 13.08.2018 Giorgio Cortese

L’estate non è una stagione, è una sensazione astratta di stacco e spensieratezza che veste ogni cosa con abiti migliori.

Le fusa alla luna!
Un queste notti d’estate: le cicale friniscono senza posa, ma non appena il sole sparisce dietro l’orizzonte e il cielo sfuma nel blu notturno, tutto si calma. E’ al comparire delle prime stelle, complice le finestre aperte per cercare un poco di refrigerio ecco il riposante frinire dei grilli, il concerto di rane e poi ad un certo punto, nel buio si alza un richiamo, breve, penetrante, ipnotico: “Chiù”. Dopo pochi secondi il richiamo riprende, e si ripete, lanciato nelle ore della notte instancabilmente. Ecco l’assiolo che fa le fusa alla luna, come suggeritomi dall’amico Angelo provetto ornitologo, e alle stelle. L’assiolo, o assiuolo, è tra i più piccoli dei rapaci notturni: misura poco più di 18 cm, quasi come un grosso merlo. Il piumaggio è sorprendente, a vederlo sembra una corteccia d’albero, ma a toccarla certamente si potrebbe sprofondare in una soffice coltre piumata. E gli occhi sono due splendidi specchi dorati, ipnotici e magnetici, così affascinanti tanto per noi quanto per le povere vittime che, incuriosite dal loro brillare nel buio, si avvicinano troppo al rapace e vengono catturate. L’assiolo si nutre prevalentemente di grossi insetti, cavallette, grilli e coleotteri, e per questo è un uccello utile all’agricoltura e non portatore di sventura come descritto nella bella, ma triste poesia del Pascoli: “sentivo il cullare del mare, sentivo un fru fru tra le fratte; sentivo nel cuore un sussulto, com’eco d’un grido che fu. Sonava lontano il singulto: chiù.” L’assiolo, come molti altri rapaci notturni, riesce a stuzzicare la mia sensibilità grazie al suo aspetto e al suo richiamo così particolare, insomma un mix di simpatia e mistero, vitalità e malinconia. Io amo molto ascoltarlo proprio per le suggestioni che riesce a darmi, senza il suo canto le notti estive mi sembrano meno vive. Questa notte è timida la luna, per questo la notte la scopre un pezzetto alla volta. Ed io aspetto l’alba perché prenda in mano i miei sogni e li conduca alla realtà
Favria 14.08.2018 Giorgio Cortese

Le sorprese, belle o brutte che siano, sono quelle che danno gusto alla vita.

Il bosco di faggi e larici.
L’amico Eumeo, nome di fantasia, mi ha raccontato di una sua escursione effettuata, diverso tempo addietro in Valle Soana e che trascrivo.. Risalita la Valle Fantastica, oltrepassata Ingria, a Ronco avevo lasciato l’auto nell’ampio parcheggio davanti alla casa di riposo San Giuseppe. Poi proseguendo in via Vittorio Emanuele dietro la casa di riposo e, subito a destra insieme ai segni di vernice bianco/rossi, mi ha detto che aveva trovato l’indicazione per Andorina a mt 1453, una splendida borgata in bella posizione panoramica, non raggiunta da nessuna strada, ma da antiche mulattiere e sentieri, che attraversano suggestivi boschi, dove il silenzio è rotto solo dal vento tra i rami. Eumeo mi dice che il bosco è un essere vivente e le piante comunicano gli odori, suoni e profumi. Le piante mangiano senza bocca, digeriscono senza stomaco ed ascoltano senza orecchie. Le piante percepiscono la nostra presenza e nel silenzio del bosco ascoltiamo le loro storie. Proseguendo il racconto mi dice che si era addentrato nella salita in uno stupendo bosco di larici e faggi, spoi era passato vicino ad alcune baite e, uscendo gradatamente dal bosco era arrivatp infine ad Andorina, dove aveva sostato sul sagrato della bella chiesetta che mi dice dedicata a San Silverio martire, posta in posizione panoramica e soleggiata. Appena più sopra, era salito sul pianoro sovrastante la frazione, dove aveva potuto ammirare degli scorci della valle e la Rosa dei Banchi. La frazione oggi è disabitata, il Bertolotti nel suo libro Passeggiate nel Canavese del 1873, dice che il borgo allora contava 21 abitanti. Questo bel borgo si anima solo d’estate, quando la gente sale quassù per festeggiare san’Antonio, protettore del paese e al quale si riferisce una leggenda che si ritiene abbia dato origine alla festa. Si narra che un giorno di giugno un bimbo assai piccolo, di appena cinque anni, mentre era al pascolo nei dintorni di Andorina, fu avvicinato da un uomo che si diceva fosse un mago. Egli, non si sa come, riuscì a convincere il bambino ad allontanarsi dalle sue mucche e a seguirlo in un luogo appartato. Quando cercò di toccarlo, si accorse che era protetto come da una barriera invisibile, poiché portava al collo una medaglietta di sant’Antonio. Il mago cercò di convincere il bambino a togliersi la medaglietta, ma ottenne un netto rifiuto. Tentò allora di togliergliela con la forza, ma anche questo tentativo risultò vano. Intanto nella frazione erano iniziate le ricerche del bambino, invocando l’aiuto di sant’Antonio. Poco dopo il piccolo venne ritrovato, singhiozzante ma illeso, e raccontò del suo cattivo incontro con il mago. I paesani, felici per lo scampato pericolo, decisero di passare il giorno seguente a festeggiare e ringraziare il loro santo protettore. Nacque così la festa di sant’Antonio all’Andorina. Da allora molte persone si sono rivolte al santo per richiedere grazie, e ancora oggi vi è un apposito comitato incaricato di raccogliere le offerte per celebrare l’annuale festa dell’Andorina, che negli ultimi anni si tiene nel mese di agosto. La ragione è presto detta: in una valle che si sta spopolando, il 15 giugno, giorno della ricorrenza, cìè poca gente.. Ma sant’Antonio è figura assai cara a tutta la Val Soana. Tanto che c’è l’abitudine di rivolgersi al santo anche quando si perde qualche oggetto, recitando la formuletta: “Sant’Antoni patanu, faime troar fin que djei perdu” sant’Antonio tutto nudo, fammi ritrovare ciò che ho perduto.” Eumeo fisce il racconto della sua escursione nel piccolo borgo abbandonato di Andorina, sicendomi che è un luogo dove si respira e si sente il profumo della vita di montagna di una volta, della sua giovinezza. A volte siamo così impegnati a cercare complicate passeggiate in posti lontani che dimentichiamo che pure intorno a noi ci sono montagne e boschi tutti da scoprire
Favria, 15.08.2018 Giorgio Cortese

Nella vita il talento non basta: occorre tenacia. Tra una persona talentuosa senza tenacia e un’altra tenace, ma senza talento, sarà quest’ultima a ottenere i risultati migliori.

Il giro di boa
Quando l’estate ha passato il giro di boa di Ferragosto, nonostante le cicale continuino imperterrite il loro canto, iniziano a comparire i primi segni del declino: fa ancora caldo come prima, eppure questi insetti sentono che il loro percorso è quasi finito ed ecco il loro canto, da maestoso coro che è stato, diventa meno dirompente, meno pieno, meno numeroso… finchè un certo punto ci si rende conto che la luce del giorno non canta più. L’estate è finita.
Favria 16.08.2018 Giorgio Cortese

Certi giorni spreco la vita nell’attesa di poterla vivere.

L’inerpicarsi del fellone.
La parola inerpicarsi che significa salire, arrampicarsi faticosamente su una forte pendenza, pensate è derivato di erpice, che è dal latino hirpex, a sua volta da hirpus, nome sannita del lupo. Ma perché erpice? Pensiamo al duro lavoro dei campi, quando viene arato un campo, le zolle voluminose sporgono disordinatamente e per renderlo caltivabile i contadini eseguono l’erpicatura. Questa azione, erpicatura consiste nello sbricciolare le zolle e rendere il campo liscio e spianato, ma soffice in modo da poter seminare. Gli erpici ricordano l’artiglio e gli antichi sanniti con questo nome ricordano gli artigli del lupo. La seconda parola fellone significa in senso negativo un traditore, persona sleale, perfida, deriva dall’antico francese antico félon, di probabile origine tedesca. La parola oggi è usata in tono esacrabile o ironico. Nel primo caso Il fellone è un figuro davvero odioso. È rotto a ogni tradimento, manca proditoriamente alla parola data, è perfidamente ribelle, e per lui nessuna slealtà è troppo scellerata: insomma, un personaggio che non vorremmo mai vicino. Ma oggi questa parola non designa questo concentrato di pura malignità, ed ha assunto un significato ironico scherzoso. Ed è per questo, con la leggerezza di questo lemma che mi rivolgo a dei personaggi che cercano sempre di inerpicarsi per mettersi in mostra, vorrebbero essere cattivi ma sono dei maligni da operetta vista la loro limitata capacità intellettuale.
Favria 17.08.2018 Giorgio Cortese

Il segreto della felicità è di cercarle, non volerle, non inseguirle le cose belle. Queste arrivano se sappiamo attendere, e allora mi siedo e ammiro tutta la bellezza che c’è in torno a me, e poi prima di ripartire faccio un lungo respiro e lascio che la vita mi sorprenda.

Forzo, torrente gagliardo.
L’amico Agostino mi ha omaggiato con alcune trote provenienti dal torrente Forzo, affuente del Soana, in Valsoana. Parlando della pesca mi ha descritto le acque cristalline dove ha pescato il paio di trote, con paesaggi e poi mi ha detto che se uno continua a risalire il tortuoso cammino del torrente il paesaggio diventa sempre più selvatico e la natura prende il sopravvento sugli insediamenti umani. Le acque di questo torrente sono chiamate anche “Acque del Re” per il semplice motivo che furono donate dal Re Vittorio Emanuele alle persone del comune. Tutt’oggi risultano essere una risorsa per l’intera vallata. La maggior parte delle trote sono fario. Qui è il regno della trota fario che abita in queste acque veloci, torrentizie, fredde, limpide e ben ossigenate. Nel percorso del torrente predilige le piccoli salti. Mi ha raccontato che l’innarestabile flusso dell’acqua del torrente sono rilassanti e di puro svago e vieni preso dalla gioia di cantare con il torrente, gioia di ridere sentendo l’acqua spumeggiante e fredda che saltella tra i le pietre del suo greto. La storia di questo torrente, e di tutti quelli alpini è anche di quello che nasce e si perde fra il muschio, è la storia dell’infinito. Quelle goccioline che scintillano contro le pietre hanno attraversato il graniti e terre ancora più alte, sono state prima della neve sulla fredda montagna, gocce di vapore in una nuvola e all’inizio, bianca schiuma sulla cresta delle onde e li con un lungo percorso ritornano alla fine. Il suo sordo rumore fa nascere ricordi nel cuore. Il torrente Forzo mormora senza sosta contro le pietre che vorrebbero impedirgli di correre, ma inultilmente. L’esperienza di Agostino mi porta a riflettere che se nella vita ci capita di sentrci piccoli, pensiamo a questi piccoli torrenti di montagna che incessantemente contribuiscono a riempire il mare. Una gita in questi luoghi merita veramente per visitare una Valle Fantastica.
Favria, 18.08.2018 Giorgio Cortese

L’acqua che scorre impetuosa nel torrente si riposa per un attimo nelle mie mani prima di tornare nel caos del mondo.

Upia!
Mio suocero mi ha parlato che da bambino, quando abitava nella borgata S. Antonio di Favria, vicino alla casa, nel campo c’era un grande quercia con una penditura dove prima nificavano dei picchi e li aveva posato le uova l’upia cosi detta in dialetto! Questo uccello nell’antico Egitto veniva considerata un uccello sacro, era proibito ucciderla e spesso veniva raffigurata su tombe e templi: essa godeva di simile considerazione anche nella civiltà minoica. Nella mitologia greca l’epops, questo il nome in greco era ritenuto spregevol, questo anhe nelle cultura latina. Nelle Metamorfosi di Ovidio ad esempio, il re di Tracia Tereo, quando la moglie Procne, venuta a conoscenza dello stupro della sorella Filomela da parte del marito, gli serve delle pietanze cucinate con la carne del loro figlio Iti, tenta di ucciderla e viene tramutato in upupa, mentre Procne diviene una rondine e Filomela un usignolo. La scelta dell’upupa da parte degli dei avviene in quanto la cresta di questo uccello indica la regalità, mentre il becco lungo e appuntito richiama la natura violenta di re Tereo. Ma l’upupa è anche il re degli uccelli nella commedia di Aristofane, “Gli uccelli”. Nell’Europa centrale le upupe vengono considerate uccelli ladri al pari delle gazze, mentre in Scandinavia l’avvistamento di un’upupa era associato a una guerra imminente, a causa dell’associazione del verso di questi uccelli col grido di guerra dei popoli nordici: “ Hip hip!”. Nei paesi baltici, l’upupa viene considerata in grado di stabilire un contatto fra il regno dei vivi e quello dei morti, ed udirne il canto è presagio di morte di uomini o animali. Anche in numerosi altri Paesi sentire il canto dell’upupa al tramonto è considerato un presagio di sventura. Nella Bibbia, l’upupa viene elencata, probabilmente a causa del forte odore che femmine e nidiacei emanano durante la cova, fra gli animali che non andrebbero mangiati. Nel Corano l’upupa è descritta come messaggero che porta a Salomone la notizia dell’esistenza della Regina di Saba e viene a questa rispedita dal re d’Israele per chiederle di convertirsi. Nell’antica Persia, le upupe venivano viste come simboli di virtù: nel poema “Il Verbo degli uccelli”, ad esempio, il capo degli uccelli è proprio un’upupa. Con l’errata credenza di uccello notturno l’upupa compare nei Sepolcri di Ugo Foscolo, mentre Eugenio Montale ne dà un’immagine solare: Upupa, ilare uccello, alìgero folletto. Ecco l’upia, così chiamata in piemontese, che da bambino ammaliva mio suocero con la sua spettacolare livrea, il bizzarro ciuffo ed il lungo becco per cercare insetti sotto le cortecce degli alberi.
Favria 19.08.2018 Giorgio Cortese

Perché vale sempre la pena donare il sangue gratuitamente. I benefici si contano non solo in termini di salute pubblica, ma anche strettamente personale. I guadagni non sono monetizzabili, ma riguardano tutti noi italiani

Pataffio, spataffio e spataffiata.
Ho trovato il termine pataffio in un libro e questo lemma mi ha incuriosito ed ecco il significato. Pataffio è, semplicemente, un’alterazione di Epitaffio, che significa discorso pubblico di commemorazione funebre, elogio funebre, iscrizione posta su una tomba. Oggi indica un ironicamente un discorso ipocrita o prolisso o retorico. I due termini sono sinonimi con sottilissime sfumature di differenza, epitaffio risale al greco, dove epi- significa sopra e taphos vuol dire tomba. C’è anche Pataffione: persona di grande autorità, associata a una vera o presunta boriosa sapienza, goffa nell’incedere e grossolana nel trattare. Un termine della famiglia è Spataffiata, che significa dichiarazione solenne e pomposa, derivato da spataffio ed infine spatafiata è anche un documento prolisso e noioso, spesso incongruo come quello che ho scritto in questo breve pensiero
Favria 20.08.2018 Giorgio Cortese

Ci sono vite destinate a realizzare un solo sogno, e ci sono sogni destinati a realizzare un’intera vita.
Il tamburo…
Entrando nella casa di campagna di Anfitrione, nome di fantasia, un oggetto che mi ha colpito è stato un tamburo che faceva bella mostra di se all’ingresso, un ricordo di famiglia. Questo tamburo ha evocato nella mia mente, quanto avevo letto sul tamburo di Francis Drake, nato a Tavistock il 13 luglio del 1540 e morto a Portobello il 28 gennaio del 1956. Questo personaggio è stato corsaro, navigatore e politico inglese. Oltre ad essere il primo inglese a circumnavigare il globo fu il comandante in seconda inglese che sconfisse l’Invincibile Armada spagnola. Molte leggende circolano su questa persona ed una narra che sul letto di morte chiese ai suoi uomini di riportare a Plymouth un tamburo con la promessa che se qualcuno lo avesse battuto in un momento di pericolo per l’Inghilterra, lui sarebbe tornato per difendere il suo Paese. Questo tamburo, detto Tamburo di Drake, secondo la leggenda, il manufatto si trova ancora oggi a Plymouth, si sarebbe messo a rullare da solo quando Napoleone fu portato nella città come prigioniero. Una seconda volta, nel 1914, poco prima dello scoppio della Guerra Mondiale. Questo tamburo mi ricorda che nella vita la felicità non è una questione di intensità, ma di equilibrio, ordine, ritmo e armonia, ed il ritmo è essenziale nella vita di ogni giorno. Tutti i sentimenti della vita scaturiscono dal ritmo delle cose ed anche nello scrivere.
Favria, 21.08.2018 Giorgio Cortese

Meglio un libro di carta o un ebook? Ma meglio leggere.Una casa senza libri è come una stanza senza finestre.

Diverticolo!
La parola diverticolo attualmente viene usata nel linguaggio medico, per indicare un’appendice che è ricettacolo incline ad infiammarsi , insommauna piccola, losca via traversa. Ma all’origine questa parola, prima che nell’Ottocento il linguaggio medico gli ha dato l’attuale significato era sinonimo di sentiero che devia dalla strada principale, oppure la deviazione dall’argomento principale, insomma un sotterfugio. In latino il diverticulum è propriamente la via traversa, una deviazione. In italiano viene recuperato nel Trecento come diverticolo, con il medesimo significato. Nel Cinquecento, riprendendo in modo un po’ originale l’altro significato latino di diverticulum, quello di scappatoia, il diverticolo diventa anche il sotterfugio, il pretesto. Insomma il significato della parola ne ha fatta di strada senzza prendere la via maestra ma passando per tortuosi sentieri secondari
Favria, 22.08.2018 Giuorgio Cortese
Certi giorni la la vita mi da mille ragioni per piangere, ecco allora che devo dimostrare che ho mille ed una ragione per sorridere.
giorgioCorte