Locana: Storia del campo di prigionia 127 di Ornella De Paoli

È un pezzo di storia quasi dimenticato, quello riemerso la settimana scorsa, in occasione della commemorazione del 25 aprile a cui ha partecipato un ospite eccezionale, il Console generale della Bosnia Erzegovina, Igor Babic. È la storia del campo di prigionia PG 127 che si trovava nelle Casermette di Locana, l’edificio ove ora ha sede il gruppo Alpini. Da gennaio a maggio 1942 vi furono detenuti 196 greci e, dal luglio dello stesso anno fino all’8 settembre 1943, 100 slavi. Per ricordare questa vicenda, l’amministrazione comunale ha posto sulla facciata delle Casermette una targa in memoria dei prigionieri, del comandante del campo, capitano Vincenzo Sacchi, e dell’interprete dei greci, sergente maggiore Renato Moro (di Varese, ma diventato cittadino locanese nel dopo guerra).
«Nato ad Istanbul, dove il nonno impresario risiedeva per lavoro e dove era nato suo padre, Moro si era arruolato nell’esercito italiano allo scoppio del conflitto – ha spiegato l’assessore comunale Silvana Cavoretto – . Diventò interprete per i prigionieri greci perché a conoscenza della lingua greca appresa dalla mamma».
A scoprire la targa, presenti il sindaco Giovanni Bruno Mattiet, varie autorità e la banda musicale di Sparone, sono stati la figlia di Moro, Silvana, ed Igor Babic. «Quand’ero ragazzino, mio nonno paterno, Vojin, mi raccontava spesso storie di guerra – ha ricordato il Console -. Era stato fatto prigioniero nel 1941 dalle truppe italiane durante l’occupazione del Regno Jugoslavo, poi portato con altri connazionali in Italia, a Locana, a lavorare per l’Aem alla costruzione del tratto d’impianto Bardonetto-Pont. Era un contesto di guerra difficile, eppure, della sua permanenza a Locana, mio nonno non ha mai raccontato un’amarezza, un dispiacere. Anzi, mi raccontava come la gente fosse disponibile ad aiutare, rendendo meno dura la prigionia prima e poi la fuga dopo l’armistizio. In questo modo ha seminato in me il desiderio di venire a Locana, per vedere i luoghi e le montagne che mi descriveva».
Le storie del campo 127 e dei prigionieri di guerra in Canavese sono state ricostruite nel libro Helpers & Pow dalla professoressa Claretta Coda, che le ha illustrate in questa occasione. «L’autrice ha descritto i rapporti dei prigionieri con la popolazione e con i partigiani, ricordando l’importante contributo dato dagli slavi nella battaglia di Ceresole e nelle varie formazioni. Un esempio ne è proprio Vojin Babic, il quale, dopo la fuga dal campo, si era aggregato alla brigata d’assalto garibaldina Mario Zemo – riferisce Silvana Cavoretto –. Inoltre, la professoressa ha sottolineato come i prigionieri aiutassero nei lavori le famiglie che li soccorrevano e come queste fossero generose nei confronti di questi uomini venuti da lontano. Un’altra faccia della Resistenza, non armata, ma assidua, tenace, umanissima e silenziosa, che ha permesso di salvare un numero incalcolabile di vite».

Ornella De Paoli
locana