Le quotidiane metafore. – Acicchismo sguincio! – Il gioco del “caporale”. – La bizzarria del cedro!. – ludi gastronomici. – L’identità dell’appartenenza. – Fumare come un turco e alla turca. – No tu no!…LE PAGINE DI GIORGIO CORTESE

L’educazione è cosa del cuore. Ogni giorno apprendere che nella battaglia della vita si può facilmente vincere l’odio con l’amore, la menzogna con la verità, la violenza con l’abnegazione dovrebbe essere la personale stella polare di ogni giorno.

Le quotidiane metafore
Magari non c’è ne rendiamo conto, ma il nostro modo di esprimere è pieno di frasi storiche. Succede spesso che, parlando o scrivendo, ci troviamo a rievocare fatti, personaggi o momenti di un passato anche remoto. La rotta di di Caporetto, nel centenario dell’avvenimento, è uno di questi. Subito all’indomani della disfatta di Caporetto è diventata molto più di una località, è diventata una metafora per indicare una cocente sconfitta. Se poi diciamo di andare a Canossa, questo modo di dire arriva dal medioevo. Nel 1077 Enrico IV sovrano del Sacro Romano Impero, arrivò in Italia e si fermo in questo piccolo centro dell’Appennino Emiliano per farsi togliere la scomunica dal Papa Gregorio VII, ospite dell’omonimo castello. Oggi, senza fare tanta strada ed aspettare al freddo ed al gelo fuori dal castello vanno a Canossa un po’ tutti quando hanno bisogno di farsi perdonare. Dire che è stata una Corea ricorda la sconfitta ai mondiali di calcio dell’Italia nel 1966, che venne eliminata dai dilettanti la Corea del Nord. Se diciamo che è un Viet-Nam, pensiamo subito alla cocente sconfitta subita dagli Americani negli anni settanta del novecento e la caotica fuga dall’ambasciata Americana il giorno della resa di fronte ai viet cong. Tornando indietro nella storia, rimane famosa la “vittoria di Pirro”, una vittoria ottenuta a costo di altissime perdite. Dire che è un quarantotto, si ricordano i moti popolari italiani ed in Europa nell’1848 che sconvolsero l’ordine costituito della restaurazione post rivoluzione francese. Poi che dire dell’acronimo inglese nimbi, forma di protesta verso opere pubbliche che producono effetti negativi sull’area abitativa di coloro che vi si oppongono; per estensione, chi vi partecipa. Sigla della locuzione inglese Not In My BackYard, non nel mio cortile, mi raccomando, dovunque, ma non a casa mia! E poi Ambaradam, per significare confusione. Questa parola deriva da Amba Aradam monte dell’Etiopia su cui si svolse, nel 1936, l’omonima, confusa battaglia della Guerra d’Etiopia fra l’esercito del Regno d’Italia, guidato vittoriosamente da Badoglio, e l’esercito etiope. Per concludere il mito delle Termopili dei trecento spartani che è sempre vivo e che ha influenzato il soggetto della famosa poesia della spigolatrice di Sapri: “erano trecento giovani e forti e sono morti….” Per concludewre, dire alla garibaldina o alla carlona ricorda di combinarne tutti colori come fece Garibaldi della sua avventurosa vita o Carlo Magno. Se pensiamo a cavallo di Troia pensiamo subito all’astuzia dei greci e zona Cesarini nel calcio per indicare un gol al 91º, a tempo scaduto. Lascio a voi trovare altri modi di dire sono ancora tanti in giro tutti giorni nella lingua italiana
Favria, 10.10.2017 Giorgio Cortese

Un piccolo gesto, il regalo più grande, se sei donatore di sangue o vuoi diventarlo, passaparola mercoledì 11 ottobre cortile interno del Comune di Favria dalle ore 8- 11,20

Acicchismo sguincio!
L’aciccchismo significa l’esercizio accentrato in una sola persona del potere locale, deriva dalla parola cacicco, derivato dallo spagnolo cacique, a sua volta adattamento da una voce dei Taino, popolazione precolombiana che abitava le Antille. Questa parola sta avendo un certo successo nel gergo politico e giornalistico. Essa descrive una particolare tendenza politica in cui il potere, a livello locale, è saldamente detenuto ed esercitato da una singola persona. Potere, che non solo non risente della politica nazionale, ma che su di essa può anzi esercitare un certo peso. Lo troviamo perlopiù riferito a personaggi di dubbia onestà ed il nome di questo importante fenomeno nasce dalla suggestione di una figura di rilievo negli assetti politici dell’America precolombiana, il cacicco. Presso i Taino, etnia delle Antille, distaccatasi dagli Arawak sudamericani, gli Spagnoli conobbero per la prima volta questa figura, un capo tribù di grande potere. Ma con alcune varianti, la parola si ritrova anche in Sud America e, ben presto il suo nome prese piede sotto l’intero dominio spagnolo in America, descrivendo in genere quel tipo di capo carismatico che controllava la vita politica di una certa zona. E non solo: questo termine fu importato in Spagna, dove si accostò al latifondista, al potente proprietario terriero, ed è stata largamente usata in tutto il XX secolo. Possiamo dire che la matrice del concetto di cacicchismo in Europa sia spagnola, e che l’uso che ne facciamo lo mutuiamo proprio da quello spagnolo. A qualcuno il cacicchismo ricorderà il feudalesimo. Ma nell’organizzazione feudale, trova il suo baricentro nel feudo, nella regione, la situazione politica che fa capo al cacicco ha in lui il suo fulcro. In altri termini, il cacicchismo ha un’essenziale impronta personalistica. E allora queste persone mi fanno divenire sguìncio, di osservarle di obliquo, sbieco, sghembo. La parola sguincio deriva dal francese antico guenchir, che viene dal francone wenkjan, andare di traverso. Nella lingua italiana come nella vita quotidiana il retto e l’obliquo sono concetti fondamentali. Ogni giorno si trova la contrapposizione del bene e del male. L’atteggiamento dei novelli cacicchi è poco pulito, sguincio appunto!
Favria 11.10.2017 Giorgio Cortese

Oggi a Favria si dona, prelievo di sangue collettivo, cortile interno del Comune di Favria dalle ore 8- alle ore 11,20. Se puoi vieni a donare abbiamo bisogno di Te!Donare il sangue può salvare una vita, e anche di più,

Il vero problema dello scrivere non è tanto di sapere ciò che devo mettere nella pagina, ma ciò che da questa devo togliere.

Il gioco del “caporale”.
Una cara signora che chiamo Raggiante, perché quando mi parla sembra che irradi raggi di luminosa speranza e di felicità per la vita, ed il suo sorriso mi ha contagiato benevolmente quando mi ha raccontato che da bambina giocava con suo cugino quasi coetano al gioco del caporale! Ponevano per terra in fila dei gusci di pesca e poi da li lanciavano una pietra piatta poco lontano. Da li poi i bambini tiravano il sasso piatto verso i gusci allineati e chi prendeva il più grosso, il caporale, vinceva la partita. Si chiama gioco del caporale perché il guscio più grande era il capo dal latino caput e da li la parola odierna caporale il graduato di truppa che riveste il primo dei gradi militari e comanda una squadra. Oltre a questo giocava alle biglie. Questi giochi gli piacevano perché era di abilità tecnica e bisognava avere mira, avere una bella mano nel saper dosare la forza. Ma la forza di questi semplici giochi era che ovunque c’era una spianata fatta di terra e di sassolini, sui marciapiedi delle stradine secondarie, nei cortiletti e orti, si poteva giocare senza nessuna tecnologia moderna ma con grande divertimento. Le biglie erano delle sfere di vetro ma c’erano di marmo e qualche furbetto, esisteva anche allora avevano quelle di ferro che rovinavano quelle di vetro. L’obiettivo di questi semplici giochi era sconfiggere gli altri bambini e prendersi le loro biglie. Nella sostanza, come racconta Raggiante si trascorrevano bei pomeriggi vincendo cospicue quantità di biglie, in tutte le loro qualità, più o meno pregiate, o brutti momenti di perdita e di depauperazione del proprio patrimonio di biglie e per la gioia della nonna in caso di brutto tempo giocavano nella cucina di casa, allora non c’era l’internet ne televisione. Penso che oggi sarebbe interessante ed educativo il recupero dei giochi tradizionali che rappresenta la riscoperta della nostra storia, delle nostre origini e del senso di appartenenza. Il gioco stimola l’inventiva, la curiosità, la manualità, l’ingegno con il gioco ci si avvicinava alla società degli adulti ma godendoci spensieratamente l’infanzia con tanta allegria che Raggiante ha conservato! A dimostrazione che in una società travolta dalla frenetica tecnologia e multimedialità, basterebbe veramente poco per divertirci, rilassarci e passare una bella e spensierata giornata in compagnia!
Favria, 12.10.2017 Giorgio Cortese

Il mio animo è simile al mare, non fa silenzio mai, nemmeno quando tutto tace, ma è un continuo sciabordio di pensieri che urtano contro i ragionamenti razionali.

La bizzarria del cedro!
Certo si fa in fretta dire cedro, ma non forse non sanno che noi chiamiamo cedro sia la pianta che produce l’agrume da dove si estrae la cedrata sia il cedro come pianta di alro fusto ed ornamentale. La prima è un albero delle Rutacee, Citrus medica, ampiamente coltivato nelle regioni calde del bacino mediterraneo in diverse varietà. Questo albero ha la chioma irregolare, foglie oblunghe a margini interi o seghettati, fiori bianchi solitari o in fascetti, profumati, frutto a esperidio, giallo, con buccia verrucosa, grossa e tenera, molto più grosso del limone. Il frutto della pianta, usato nelle varietà dolci per fare canditi, e nelle varietà acidule per ricavarne sciroppi per bevande, e per estrarne essenze profumate. Il secondo è albero sempreverde delle Pinacee, Cedrus libani,) detto comunemente cedro del Libano è alto sino a 40 m, ed ha tronco grosso, rami con foglie aghiformi disposte a ciuffi, strobili solitari corti, a squame. Anticamente la voce latina citrus designava entrambe le piante che deriva dalla voce del greco antico kedros, colare. Come si vede dal nome ambiguo si designano i due alberi che hanno poco un comune, ma quello con il frutto, agrume si conosce anche con il temine citro e viene utilizzato soprattutto per la preparazione di canditi, acqua e sciroppo di cedro. Frutto ricco di potassio e vitamina C, il cedro vanta una spiccata azione dissetante . Forse non tutti, però, sanno che il succo elimina gas e fermentazioni alla base di coliti e gonfiori addominali ed abbassa anche la pressione, le sue qualità spaziano dall’azione di contrasto dei radicali liberi, a quella antitumorale che riguardano il tratto del colon, prevengono l’obesità e alcune patologie cardiovascolari. Grazie alle straordinarie proprietà antiossidanti dovute alla quantità e qualità di flavonoidi presenti nell’agrume, il cedro è divenuto l’emblema della “Giornata nazionale del malato oncologico”. Con l’essenza di cedro si confezionano anche sacchetti di profumo per deodorare armadi e ambienti della casa, senza scordare la ben nota citronella che serve per proteggersi dalle zanzare e la cedrata, tipica bevanda italiana. In cucina il suo uso va dalla pasticceria e confetteria all’elemento decorativo: si aggiunge infatti a dolci, biscotti e pudding ma si può consumare anche con piatti salati e ci si possono preparare marmellate e confetture. Parlando del cedro, quello ornamentale. anticamente questo grande albero veniva utilizzato per piantare barche, e tradizionalmente per preparare frecce. Grande parte della Turchia e dell’Africa settentrionale presentavano estesi boschi di cedri, in tutte le zone collinari o montuose, poi le modificazioni del clima hanno portato questi boschi di conifere a divenire i dimensioni decisamente molto più contenute. Anticamente il legno di cedro veniva utilizzato nelle saune e nei bagni turchi, in quanto si riteneva che il legno di cedro favorisse la sudorazione. I prodotti erboristici moderni a base di cedro si utilizzano per curare le affezioni della pelle, quali eczemi, dermatosi e psoriasi.. questo albero è presente in una bandiera, e precisamente quella del Libano, di cui è pure simbolo della nazione. Inoltre il Cedro è menzionato nelle Sacre Scritture. All’inizio ho usato la parola “Bizzarria”, perché cosi viene chiamato ibrido dovuto all’innesto di un cedro, agrume con un arancio amaro, questa pianta può avere contemporaneamente i frutti delle due piante originarie oppure frutti ibridi. Una precisazione il cedrione, detto anche urogallo o gallo di montagna, viene anche così chiamato per il colore verde brillante della fascia di piume che attraversa la parte anteriore del collo e del petto. Concludo che il cedro nel riferimento biblico, secondo la tradizione rabbinica simboleggia l’albero del Bene e del male. È altresì simbolo dell’immortalità, di eternità e di elevazione spirituale. Si riteneva che chi costruiva la sua casa con travi di Cedro, avrebbe preservato la sua anima dalla corruzione ed in araldica il Cedro rappresenta la pietà e la misericordia.
Favria, 13.10.2017 Giorgio Cortese

Certi giorni non sono le nuvole a ingrigire il cielo, ma il mio stato d’animo.

Res Gestae Favriesi.
Si celebrava in ottobre nel 1977 i ludi gastronomici al Ristorante Villa

L’identità dell’appartenenza.
Oggi ero molto molto raffreddato e mi sono recato in farmacia per acquistare un prodotto che allevi il senso del naso chiuso, dovuto al forte raffreddore. Quando è ora di pagare, estraggo il portamonete rosso della Fidas, la farmacista di illumina nel viso e mi dice: “ anche Lei donatore Fidas?”. Ed io rispongo affermativamente con un largo sorriso. Dato che sono una persona curiosa Le chiedo come mai ha questo interesse per i donatori di sangue e lei con un bel sorriso mi dice che anche suo padre dona il sangue in gruppo comunale di Feletto Canavese. Poi aggiunge che ha casa sua si parla sempre del dono del sangue ed è orgogliosa di quanto fa suo padre donando in maniera anonima e gratuita il prezioso liquido fonte di vita. Questo breve incontro mi permette di riflettere sul significato della parola identità. La signorina ha visto la spilla della Fidas che porto sempre sul bavero della giacca con passione ed orgoglio ed il vecchio borsello portamonete come identità del gruppo donatori di sangue Fidas. Nella vita di ogni giorno la parola identità mi viene incontro in ogni momento della mia vita sociale, oggi, più ancora di quanto non accadesse anni fa. È come una parola puntaspilli, come la spilla da donatore, dove vanno a infilarsi e a convergere una pluralità di temi, di sostanze, ma anche di racconti. Se mi chiedono chi sono io, rispondo donatore di sangue, perché l’ l’identità di ciascuno di noi si definisce a partire dalla relazione con gli altri, per questo è una parola densa di conflitti e contraddizioni, per definirla serve sempre qualcuno o qualcosa con cui confrontarmi e da cui differenziarmi. Nei secoli ma anche in tempi a noi prossimi, esaltando la parola Identità sono stati compiutii massacri, negandola nel mondo hanno compiuto stermini. Esiste l’identità religiosa, identità etnica, identità sessuale, identità nazionale, identità genetica, identità biologica, e l’elenco potrebbe continuare a lungo. Dalla modernità in poi, questa parola è stata esaltata o negata, piegandosi ad essere di volta in volta una classificazione burocratica, una schedatura poliziesca, un valore per cui lottare, una richiesta di riconoscimento, una affermazione religiosa, etnica, ideologica. La parola Identità si presta oggigiorno ad essere relativizzata e modificata a seconda dei contesti. Lidentità è una parola oceanica e nel grande mare della vita nuota ancora, da me inesplorata, l’identità dei super eroi, l’identità del figlio di Hermes e di Afrodite, l’identità di second life o di Facebook, l’identità dei volti rifatti, del cambio di genere, degli identikit, delle identificazioni dopo un incidente, e altro, molto altro ancora. Quello che è certo che oggi avermi identificato come donatore di sangue mi ha reso orgoglioso come tutti i donatori ed i volontari che in silenzio ogni giorno compiono atti di bene ed aggiungono come formiche un piccolo mattoncino di Bene Comune per la nostra società
Favria 14.10.2017 Giorgio Cortese

La cosa peggiore di una assenza è fare una presenza distratta.

Fumare come un turco e alla turca
L’origine di questo modo di dire potrebbe molto probabilmente risalire al periodo in cui regnava il sultano à Murad IV, 1623-1640. Gli storici considerano moderno il sistema che Murad IV usò per riportare alla sua grandezza l’Impero Ottomano. Come molti politici moderni, Murad IV credeva che il decadimento del suo popolo fosse dovuto al lassismo morale. Perciò Murad IV bandì alcolici, già proibiti dalla religione mussulmana, tabacco e caffè, perché considerava queste sostanze, provenienti dall’estero, come sintomi di depravazione. Fu impartito l’ordine da parte del sultano di far chiudere le botteghe dove si beveva caffè o si consumava tabacco, visto che dalle chiacchiere sediziose che vi si svolgevano con una certa facilità potevano insorgere focolai di ribellione. Chiunque avesse infranto le regole sarebbe stato condannato a morte. Il Sultano impose il coprifuoco e il pattugliamento continuo di strade e taverne della città sul Bosforo ed egli stesso si dilettava di prender parte a siffatte operazioni. Si dice che, in caso un soldato fosse stato sorpreso a far uso di alcool o di tabacco, il sultano stesso procedeva alla sua esecuzione con la sua stessa spada. Questo cinismo gli valse il soprannome di crudele. Una volta morto questo Sultano, i turchi tornarono a bere caffè e a fumare, anche in modo eccessivo, come reazione al divieto subito. Da qui il detto: fumare come un turco, nel senso di fumare eccessivamente. Ma non si fermarono li, diedere impulso al consumo delle sigarette così come le conosciamo oggi. Prima di allora il tabacco si fumava con la pipa oppure veniva sniffato o masticato, circolava qualche sigaro ma le sigarette erano rarissime. Il consumo di tabacco si diffuse i Europa e Nord America a partire dal ‘500, dopo che i conquistadores spagnoli ne appreso l’uso dalle popolazioni del Centro America. Un secolo dopo apparvero in Spagna le antenate delle sigarette, tabacco avvolto in grandi fogli di carta grossolana. Quando spuntarono nei negozi all’inizio 800 nei negozi swl resto dell’Europa, vennero giudicati come “ roba da femmine”, la gente preferiva la pipa e si pronosticò l’insuccesso. Ma tale pronostico fu smentito con la guerra di Crimea. Qualche anno prima, si racconta, nel 1832 un soldato turco avesse preso un piccolo cilindro di carta, usato per contenere polvere da sparo, e lo avesse riempito di tabacco, e l’idea piacque ai suoi commilitoni e fu subito imitato. Quando giunsero in Crimea i soldati francesi ed inglesi . questi scopriomo il nuovo modo di fumare e non tardarono ad importarlo nei loro paesi di origine, diffondendo l’uso della sigaretta.
Favria, 15.10.2017 Giorgio Cortese

Ogni giorno sorrido e così lascio che tutti sappiano che oggi sono più forte di ieri.

No tu no!
Ve la ricordare quella canzone di E. Jannacci: “Vengo anch’io? No tu no!” Un caso simile ma di maleducazione all’ennesiam potenza è successo ad un cliente, mio caro amico, alcuni anni addietro. Questo signore allora lavorava come rappresentate ricambi industriali ed un giorno alcuni amici gli chiedono se può presenziare ad una riunione in una sala riservata di un noto ristorante del Canavese per un incontro con delle persone interessate all’installazione di una nuova azienda. Questo signore, persona educatissima si presenta all’incontro ma prima dell’inizio uno dei soggetti presenti chiama l’amico del protagonista del racconto da parte, parlottano alcuni minuti e poi lui con grande imbarazzo gli si avvicina e gli comunica che non era persona gradita. Questo mio amico, gran signore non chiede neanche spiegazioni e si allontana. E si contro la maleducazione non dobbiamo chiederci il perchè e metterci a discutere, i maleducati escono fuori con l’esperienza della loro smisurata ignoranza. Il migliore antidodo contro i giudizi, opinioni infondate, critiche malevoli degli ignoranti è quello di usare orecchie intelligenti, che non diano esse credito né prestino attenzione. In altre parole non offende colui che vuole ma chi può. Nell’intelligenza delle nostre orecchie si nasconde la chiave che smonta il loro modo di fare, perché per vivere, non abbiamo bisogno dell’opinione di nessuno perché caro amico che mi hai raccontato questo epidodio di vita Tu vali, loro no!
Favria, 16.10.2017 Giorgio Cortese

Nella vita di ogni giorno, mai nulla di splendido è stato realizzato se non da chi ha osato credere che dentro di sé ci fosse qualcosa di più grande delle furtuite circostanze.