La Storia

Il nome di Soana ha dato origine a diverse ipotesi circa la sua derivazione: gli abitanti della valle sono tuttavia convinti voler esso significare sana. Valle Soana, valle sana, dicono gli abitanti , che parlano della loro Valle come parlerebbero del Paradiso terrestre. Ed io credo non abbiano tutti i torti: che la valle sia sana lo dicono le acque limpide e pure , lo dice l’aria balsamica, lo dice la costituzione dei forti valligiani, lo dice l’aspetto delle belle forosette che incontrate per la strada, dal colorito che ispira salute, e dalle forme che … non vi dicono meno.

Altri vogliono fare derivare il nome di Soana (anticamente suana e souana), dal numero grande di suini una volta allevati nella valle: è però un controsenso, giacchè il terreno non èassolutamente adatto all’allevamento di simile bestiame e tuttora, data quest’ ipotesi , dovrebbe almeno allevarsene un numero considerevole, mentre invece, in tutta la valle, i suini si contano a poche decine. “Il Casalis, nel suo dizionario geografico – storico – statistico – commerciare degli stati di S.M. il Re di Sardegna, scrive: La Valle Soana prese il nome dal suo villaggio principale che vedevasi all’imboccatura, e che nel 1339 fu insieme con parecchi altri distrutto dagli uomini di Cuorgnè , all ‘ora i più possenti vicini di quei valligiani”. Eravi pure un monte Soana, circa la posizione del quale lungamente si ebbe a discutere: alcune carte vogliono rappresentare nel M. Soana, la torre di Lavina, altre la Rosa dei Banchi. Pare però ben più probabile sia quest’ ultima, giacchè il torrente Soana nasce appunto alle sue pendici nel versante di Piamprato, mentre dalla Torre di Lavina scaturiscono i torrenti Forzo da una parte e Campiglia dall’altra. Quali furono i primi abitatori della valle Soana ?

 

“Nella Vallis Soprana, i Romani cercarono i metalli e da essa i Saraceni, annidativisi, si riversarono sulla prealpe , in feroce contraddizione con quanto di gentile e di cavalleresco apparirebbe dall’arte e dalla poesia degli arabi. In Val Soana hanno lasciate le briciole di una loro tribù, oppure venne una colonia di Zingari ed insegnò , essa, a trattare i metalli, onde qui fu nel tempo, tutto una fucina? Il gergo bizzarro di Val Soana, che sa di furbesco, di romando, di ghiribizzi dialettali è, veramente, il retaggio di zingari, fabbri o calderai, ai quali si appioppò quel “magnin” che ancora li qualifica? “Tanti zingari tanti fabbri, è il ritornello di una fantasiosa canzone Ungherese . Ma quale mistero intorno a cotesta gente !” . La leggenda vuole infatti che i primi abitatori della valle fossero zingari, o meglio Saraceni, rifiugiatisi nella valle durante le loro frequenti scorrerie sulle alpi dell’antica Gallia. Altri vuole ch’ essi siano originari della Savoia e di altre località superiori. Che una parte di essi provenga dalla Savoia è cosa naturalissima, data la vicinanza del Piemonte alla Savoia e la lunga unione con essa sotto i Principi di tal terra. Dalle località superiori è poco naturale, non confinando la Valle Soana con alcun stato straniero: troviamo però nel Vallone di Pianetto alcuni fuorusciti tedeschi, rifugiatisi non si sa quando, ma certo in epoca poco lontana, e di cui rimangono ancora discendenti che portano il nome tedesco Enragher.

Alcuni vogliono ancora che i primi abitatori della Valle Soana fossero pastori che trascorrevano nella valle la stagione estiva colle mandrie; che i nostri villaggi di oggi fossero antiche alpi presso le quali trovando sufficientemente comoda la vita anche nella fredda stagione, i pastori vennero fabbricando altre case, alle quali se ne aggiunsero altre ancora. Il feudatario che lo permetteva, a tutto suo interesse, cominciò col far loro costruire la chiesuola e quindi con l’inviare il sacerdote per la celebrazione della Messa .Di qui, forse, il fatto del patronato esercitato ancor oggidi’ dai Conti di Valperga (Antichi Feudatari della Valle) , col diritto alla nomina del parroco di Ronco. Ma prima del 1000, ben poco si conosce della Valle Soana, salvo la tradizione vivissima ancora, circa il martire Tebano S. Besso, che subi’ il martirio sul monte Fautenio, sopra Campiglia dal quale venne precipitato, e dove venne innalzato un santuario che vedremo. è pure tradizione che S. Orso, arcidiacono di Ploceano, vescovo di Aosta, sfuggendo alla persecuzione degli Ariani, predicasse nella Valle Soana contro gli errori dominanti e specialmente contro l’Arianesimo; ed in Campiglia a se ne ricorda il sito che tuttora è chiamato platea S. Ursi ( la piazzetta di fronte alla chiesa parrocchiale). Dicesi anche, ma non è affatto accertato, che la Val Soana fosse già nota sotto tal nome all’epoca degli Epigoni dei Carolingie e che l’imperatore Arnolfo vi sia passato nell’887 in cerca del varco ad Aosta e dalla Borgogna, che Anscario gli contrastava da Ivrea. Accertato è invece, che Ottone III infeudava il Vescovo Leone di Vercelli della Valle Soana sul principio dell’anno 1000. In qui documenti si nominavano varie terre ora più non esistenti, ad esempio, nell’entrare della valle, Fontanedum, Barsan ed altri villaggi che da un’ iscrizione Romana sembrerebbero essere compresi tutti sotto il nome di Vicani suanensis. La donazione al Vescovo di Vercelli risulta rinnovata nel 1027 da Corrado il Salico il quale, disceso in Italia, e trovata ben difesa Pavia, di cui voleva impossessarsi, si ritirò a svernare in Ivrea. La valle Soana segue quindi quasi al completo le vicende di Pont, a cui era legata in feudo. Al tempo di Arduino, che abbiamo visto restaurare l’antica parrocchiale di Pont, Santa Maria delle Grazie, pare fossero feudatari di Pont i de Doblazio ( il nome è ancora oggidi’ noto colla frazione Doblazio) , i quali dovettero assoggettarsi ai conti Canavesani, che ricevevano investitura dalle loro terre e i beni dagli imperatori Enrico nel 1110 Federico nel 1163. Questi conti si divisero in due rami: Valperga e S. Martino. Di qui le Torri Ferranda e Tellaria, segnacoli di discordia fra i due feudatari. Da alcuni è anche accennato ad un castello di Pertica, tagliato sopra una rupe nella Valle superiore del Soana: di esse però non si ha traccia e non è da tenersene conto per chi conosca la topografia della valle, ove un castello per difesa non avrebbe ragione di sussistere. Piuttosto come accenna il Bertolotti , il castello di Pertica, doveva essere sul territorio di Sparone, ove si trovano ancora rovine in località che porta tal nome. Le lotte continuarono fra i feudatari ininterrotte, e richiesero l’intervento del Conte di Savoia, prima, poi del Principe di Acaia, e finalmente nel 1338 del Conte Amedeo di Savoia, che riusci’ a conciliarli.

Avviene il tuchinaggio: la guerra contro i nobili.

I Tuchini (da tuicc un, tutti per uno)(*), raccoglievansi segretamente in conventicole, in luoghi deserti e alpestri, e d’improvviso piombavano nottetempo sulle castella dei feudatari, sgozzando quanti incontravano, amici dei Signori, e incendiandone le abitazioni.

 

(*)Secondo E. Pinchia, il nome di Tuchino fu inventato in Provenza, dov’era scoppiata l’insurrezione dei contadini per odio al Duca di Berry, derivandola da tuchia, che in antico gergo del paese, voleva significare boscaglia, e proprio di gente alla macchia. In Canavese il nome venne (1368-1422) quando era scoppiata l’insurrezione per furia contro il selvaggio costume dei Conti Canavesani, in malo esempio di continue discordie, l’effetto delle quali, per danni di guerra ed imposizionidi sussidio, ricascavano sulle plebi.

Più tardi però il nome di tuchino non fù più l’orgoglio e la baldanza di coraggiosi ribelli, ma significò l’obbrobrio di ladri e assassini e lo si adoperò per disprezzo, o ridicolo.

In Provenza d’una faccia equivoca si disse per lungo tempo: “semble tou lou touchin de pico” : somiglia in tutto il fante di picche.

 

E la Valle Soana si prestava mirabilmente : infatti le popolazioni della Valle Soana, imbaldanzite dal tuchinaggio, ad ogni più piccola angheria scendevano in Pont e menavano le armi contro i nobili. “Vivat Savoja et popolus et moriantur nobiles” fù il loro grido di guerra. Nel 1535,sotto il pretesto di aggravi, approfittando delle guerre di cui il Piemonte era campo, essendo scesi i Francesi e gli Imperiali, gli uomini della valle Soana fecero una scorreria in Pont, saccheggiando e vituperando la Torre Ferranda, in cui i Signori di Valperga avevano ritirate le mogli e gli averi più preziosi. Per quattro anni stettero ribelli e non vollero più pagare alcun tributo ai nobili. Risulta che in quattro anni saccheggiarono più volte Pont, danneggiando le torri Tellaria e Ferranda e che col bottino ritornarono nella Valle Soana ove se lo spartirono. Ma soggiogati da numerose truppe dovettero cedere, ed otto giovani, fra i più riottosi, furono fatti prigionieri. I nobili non volevano perdonare, massime a quelle delle parrocchie inferiori che più volte avevano capitanato trecento o quattrocento predoni nelle scorrerie; ma finalmente accondiscesero (dall’archivio di Stato)

Troviamo più innanzi , che le valli, in seguito a tutti questi malanni erano divenute povere assai. Avendo nel 1545 il Duca di Savoia richiesto denaro, i valligiani pretesero una visita sul luogo per constatare la sterilità della Valle e la povertà degli abitanti, ma … i denari si dovettero sborsare ugualmente.

Taglie, pedaggi , omaggi, vassallaggio,ripuaggi, acquaggi, prestazioni e comandate ,regalie, debitorie verso antichi Signori, tributi verso i nuovi; tutto un groviglio di giurisdizioni laiche ed ecclesiastiche, di ragion dell’Impero, del Sovrano, del Conte , della Curia, del Comune e della parrocchia. Obblighi di fitti, servitù, usufrutti, censi, livelli, successioni, maritaggi, primogenitura, privilegi di castelli e di conventi… Nidiate di litigi, magari per pochi soldi: duri a pagare da chi non riscuoteva .

“Pochi soldi ! Troppo pochi ne dava la gleba, pochi il prato con su le decime, il tasso ed gli infiniti egoismi, in sostanza di privilegio ed in figura di diritto. Ed insieme il disastro . Il casolare , il pagliaio, per nulla, volano in fiamme o vanno a rotoli sotto le valanghe o allo straripar del torrente” (da E.Pinchia)

Nel 1653 tutti i rivi che affluiscono al Soana si ingrossano per le continue piogge,devastando ogni cosa, rovinando strade e ponti. La valle si spopola assai. Una frazione è rasa al suolo: tutto è travolto, compresa la chiesetta , il battacchio della cui campana, si dice, fu dissotterrato nel cantone Bosco di Ronco. La frazione in parola è probabilmente la Fatinera di cui esistono ancora due case e rovine di case antiche, mentre è tradizione fosse abitata anticamente da circa 300 persone. E ci convince di ciò la posizione della Frazione Bosco, costrutta su una antica frana, caduta certamente dal vallone che, per la Fatinera, conduce al piano del Crest e per esso alla punta del Vallone.

A proposito della Fatinera (in dialetto Fatinairi) merita essere ricordata una leggenda, comune nella valle e che io ho udito dalla viva voce di una donna prima di trovarla riportata dal Bertolotti. Il parroco di Ronco era obbligato, nelle funzioni religiose della domenica, di attendere l’arrivo degli abitanti di Fatinera, gente alta, forte, presuntuosa e prepotente. Appena giunti loro a Ronco, il parroco poteva incominciare la messa: se

l’aveva già incominciata, era obbligato a ritornare da capo, per non passare un brutto quarto d’ora!

La frazione fu ingoiata da un diluvio : neanche una persona potè salvarsi . La tradizione, dice il Bertolotti , tende a conchiudere che si aprì l’abisso per ingoiare gli uomini dei fatti neri(Fati-nairi). Del resto la fantasia alpigiana è tanto propensa a spaziare nel campo delle leggende! Nelle guerre del 1640 – 41 troviamo che le valli dovettero concorrere con il comune di Pont in vari donativi alla Duchessa Reggente, e che nel 1648 il favorito della Duchessa, il Conte di Agliè, riscuoteva dalle valli personalmente lire 2000. E l’obbedienza alla Casa di Savoia continua nel 1700, fino a che, dopo la rivoluzione francese, Napoleone I , valicato il Gran S. Bernardo e occupata Ivrea , aggrega alla repubblica Francese tutto il Piemonte e il Canavesano denominandolo Departement de la Doire.

Ritornati in Piemonte i Re di Sardegna, le valli dell’Orco e del Soana fecero parte della Provincia di Ivrea, seguirono quel movimento politico che preparò il paese alle guerre di indipendenza e all’unità Nazionale. Questa, in succinto la storia della Valle Soana, quale risulta dalle tradizioni e dai pochi documenti che si possono aver a riguardo: Storia , è vero, poco importante, ma che ci porta a conoscere come gli abitanti della Valle Soana .

 



Drit e sincer, cosa ch’ a sôn a smiô :
teste quadre , pôlss ferm e fidigh san;
a parlô poch ma a san cosa ch’ a diô;
bele ch’ a marciô adasi, a van lontan.

 

* Nino Costa – Sal e peiver 

F.Casanova, Torino,1928