La magia del Natale a Govone. – Thanksgiving Day! – La corona dell’Avvento – Amici per la pelle! – Culqualber e la Virgo Fidelis. – Banco alimentare e solidarietà’ alpina – Benvenuto dicembre!…LE PAGINE DI GIORGIO CORTESE

La magia del Natale a Govone.
Il sempre attivo Direttivo Pro Loco di Favria con la Presidente Alessia Basile e l’Associazione Culturale Il Poliedro, Presidente Claudia Derusticis hanno fatto nuovamente centro con la bella gita ai mercatini di Natale di Govone, uno dei più grandi e belli dell’Italico Stivale. Oggi sono stai a Govone con un pullman esaurito nei posti da tempo e hanno assaporato questa meraviglia dall’intramontabile fascino. Una tradizione quasi millenaria con l’inebriante aria frizzante, il colorato sfavillio delle luci, le buonissime e gustose leccornie, le allegre musiche folkloristiche, le bellissime casette in legno con il tetto spiovente, il profumo delle caldarroste e l’aroma affilato del vin brulè, caratterizzano la magica atmosfera di questa giornata che la Pro Loco di Favria ed il Poliedro hanno fatto gustare ai favriesi e non. Grazie Pro Loco Favria e Poliedro per avere dato una occasione di fare cultura riscoprendo antiche tradizioni e di respirare il clima gioioso della festa che avvolge l’animo con melodie toccanti e sapori esaltanti.
Favria, 25.11.2019 Giorgio Cortese

Accontentarmi ogni giorno di poco è meglio che accontentarmi di niente.

La Festa del Ringraziamento! Thanksgiving Day!
La tradizione narra che nel 1620 una nave inglese, la Mayflower, attraversò l’Oceano Atlantico con a bordo un centinaio di pellegrini che volevano stabilirsi nel Nuovo Mondo. Questi primi pionieri inglesi si stabilirono presso l’attuale stato del Massachussets dove passarono un inverno veramente duro: erano arrivati troppo tardi per coltivare, e senza cibo fresco, metà della colonia morì di fame o per malattia. La leggenda narra poi che l’anno successivo i nativi del luogo, forse indiani Irochesi, insegnarono loro come cacciare, pescare e coltivare mais: nell’autunno del 1621 i coloni ebbero così generosi raccolti e decisero di celebrare il raccolto con una “festa di ringraziamento” cucinando insieme ai nativi carne di cervo e di tacchino assieme a salse di mirtillo e verdure varie. La vera storia è, in realtà, un po’ diversa in quanto non ci sono testimonianze certe del fatto che furono cotti tacchini con salsa di mirtilli e zucche, nè che vennero recitate preghiere o che questa festa fosse intesa come un giorno di ringraziamento. Solo molto più tardi, nel 1789, per volere del Presidente George Washington, venne scelta la data del 26 novembre per ricordare questa festività, mentre nel 1863 Abraham Lincoln chiese agli americani di riunirsi l’ultimo giovedì di novembre per “ringraziare”: fu quella la prima vera celebrazione nazionale. Il tacchino ormai era divenuto il simbolo del Thanksgiving Day! Ogni anno in America le famiglie, anche quelle che vivono molto distanti, si riuniscono ancora oggi tutte insieme per festeggiare e ringraziare per quello che possiedono: nella maggior parte dei casi si mangia quello che – secondo la leggenda – consumarono i padri pellegrini, ovvero tacchino, mais, zucche e salsa di mirtilli. IN Europa il tacchino fece la sua prima apparizione durante il regno di Enrico VIII nel 1524, più o meno nello stesso periodo in cui sbarcò in Francia: nel 1565 alcuni monaci nei pressi di Bourges avevano realizzato un grande allevamento e si pensa che fu proprio questo ordine missionario nelle “nuove terre” ad importare l’animale in Francia. Quel che è certo è che, tra il XVI e il XVIII secolo, il tacchino venne considerato in Europa un “cibo principesco” tanto da sostituire in breve tempo l’utilizzo e il consumo del tradizionale pavone presso le mense regali. Ed è ancora oggi questa pregiata carne bianca rappresenta, in molti Paesi, il simbolo della tavola nei giorni di festa e negli USA è l’immagine stessa del Giorno del Ringraziamento.
Favria, 26.11.2019 Giorgio Cortese

Nella vita un’intera montagna di ricordi non uguaglierà mai una piccola speranza.

La corona dell’Avvento.
Sicuramente sapete che cosa è la corona dell’Avvento, ma sapete cosa rappresenta e com’è nata? È un’antica tradizione che ha avuto origine nel Nord d’Europa, precisamente in Scandinavia, ma che negli ultimi anni è entrata con forza nelle nostre comunità cristiane. La corona dell’Avvento consiste in oggetto circolare rivestito di rami verdi, senza fiori, sul quale vengono collocate quattro candele, il colore viola sarebbe quello più appropriato, tranne che per la terza candela che andrebbe invece rosa. A partire dal 1600 cattolici e protestanti tedeschi iniziarono a usare questo simbolo per rappresentare Gesù, che è la luce venuta nel mondo. La forma circolare non ha principio né fine, è un segno di eternità e di unità, la corona è anche segno di regalità e di vittoria e annuncia che sta per nascere Gesù che è il re che vince le tenebre con la sua luce. I rami verdi simboleggiano la speranza e la vita: sta per arrivare il Signore che sconfigge le tenebre la morte. Le quattro candele candele si accendono una per volta durante le quattro domeniche di avvento. Simboleggiano la luce in mezzo alle tenebre: la salvezza portata da Gesù Cristo è la luce per la vita di ogni persona. La ghirlanda può essere decorata con tessuti rosso e viola: il rosso sta a simboleggiare l’amore di Gesù, mentre il viola indica penitenza e conversione. Il colore delle candele, tre viola, una rosa, riflette i colori liturgici di questo periodo. Nella liturgia il colore viola indica penitenza, conversione, speranza, attesa e suffragio, si usa nei tempi d’Avvento e di Quaresima. La candela rosa viene accesa la terza domenica di Avvento, detta Gaudete, quando anche il sacerdote indossa paramenti rosa; la domenica Gaudete è la domenica della gioia perché i fedeli sono arrivati a metà dell’Avvento e il Natale è vicino. Infine le quattro candele che accenderemo nelle quattro domeniche di Avvento hanno un nome ed un significato peculiari. La prima candela è detta “del Profeta“, oiché ricorda il profeta Michea, che aveva predetto che il Messia sarebbe nato a Betlemme e simboleggia la speranza. La seconda candela è detta “di Betlemme“,per ricordare la città in cui è nato il Messia, e simboleggia la chiamata universale alla salvezza. La terza candela è detta “dei pastori“,i primi che videro ed adorarono il Messia e simboleggia la gioia, da qui il colore rosa. La quarta candela è detta “degli Angeli“, i primi ad annunciare al mondo la nascita del Messia e a vegliare sulla capanna dove è nato il Salvatore. Simboleggia l’amore. L’accensione di ciascuna candela indica la progressiva vittoria della Luce sulle tenebre dovuta alla sempre più prossima venuta del Messia. Buona giornata.
Favria, 27.11.2019 Giorgio Cortese

Ogni giorno facciamo ogni genere di errore, ma finchè siamo generosi, onesti e sinceri non faremo mai del male veramente.

Amici per la pelle!
C’erano una volta un cane ed un gatto che vivevano insieme nella stessa casa. Il cane era fedele e proteggeva i padroni. Il gatto, invece, mangiava, dormiva e se ne stava solo per conto suo. Un giorno il cane ed il gatto litigarono: Il cane disse: “perchè dormi sempre?” ed il gatto: “lasciami in pace e pensa a quello che fai tu! Sei uno schiavo degli umani!” e il cane: “e tu pensi solo a Te3 stesso!“ Un giorno il gatto andò dal cane perchè gli serviva aiuto, era stato via girovagando per la campagna e alla sera aveva fame, gli serviva del cibo, ma non sapeva come chiederla ai padroni. Allora il cane disse: “Proprio tu vieni a chiedere aiuto a me?! Ieri hai detto che sono uno schiavo degli umani, e allora risolvitelo da solo il tuo problema.” Dopo un po il cane andò fuori dal giardino e per dimenticanza si dimenticò di indossare il collare. Passò l’accalappiacani che lo videro e dal furgone scesero degli uomini armati di retino per prenderlo e portarlo al canile. Il cane venne preso e appena entrato nella rete ululò con tutto il fiato che aveva in gola. Il gatto che dormiva vicino alla finestra vide tutta la scena. Vide che il cane era stato messo in una rete e stava per essere portato via. Quindi fece uno scatto velocissimo, un grande salto e graffiò gli uomini liberando il suo amico cane. Una volta l’uno di fronte all’altro, i due animali si perdonarono a vicenda: il cane disse: “mi hai salvato! Se non fossi stato a dormire come sempre vicino alla finestra mi avrebbero preso! Scusami amico!” il gatto rispose: “Scusa anche tu, non sei uno schiavo degli umani. Ho capito che quel collare che porti rappresenta la tua fedeltà e la riconoscenza che hai verso i padroni. Scusa anche tu!“ Così vissero andando d’amore e d’accordo o quasi sempre per tutta la vita.
Favria, 28.11.2019 Giorgio Cortese

Nella vita le cose belle non si possono programmare, arrivano inaspettate e sorprendono.

Culqualber e la Virgo Fidelis.
La Virgo Fidelis è la Patrona dell’Arma dei Carabinieri, la cui icona rappresenta l’evento misterioso e unico dell’Annunciazione, ovvero il momento dell’accettazione, da parte della Vergine, della volontà di Dio: un sì accogliente, umile, senza riserve, fedele! Non esiste nella liturgia cattolica una vera e propria ricorrenza a Lei dedicata, infatti il merito maggiore della diffusione e dell’affermazione del culto alla “Vergine Fedele” è della “Benemerita e Fedelissima” Arma dei Carabinieri d’Italia. La scelta della Madonna “Virgo Fidelis”, come celeste Patrona dell’Arma, è indubbiamente ispirata alla fedeltà che, propria di ogni soldato che serve la Patria, è caratteristica dei Carabinieri, che ha inoltre come suo motto: “Nei secoli fedele”. L’8 dicembre 1949, Papa Pio XII proclama ufficialmente Maria “Virgo Fidelis Patrona dei Carabinieri”, fissando la celebrazione della festa il 21 novembre, in concomitanza della presentazione di Maria Vergine al Tempio e della ricorrenza della battaglia di Culqualber. I carabinieri si coprirono di gloria nella lunga battaglia di Culqualber, che ebbe inizio il 6 luglio del 1941 e si concluse il 21 novembre. La battaglia di Culqualber fu l’atto finale della presenza italiana in Africa Orientale. Il caposaldo, che comprendeva la sella di Culqualber ed era attraversato da una rotabile a tornanti, era il passaggio obbligato verso il ridotto centrale di Gondar, dove il generale Guglielmo Nasi si era arroccato dopo la caduta di Cheren e dell’Amba Alagi. Nel mese di agosto la difesa fu rinforzata con il 1° Gruppo Carabinieri Mobilitato, articolato su due compagnie nazionali e una di zaptiè, dal turco zaptiye, gendarmeria, nome dei militari indigeni arruolati nelle file dell’Arma dei carabinieri nelle colonie italiane d’Africa. I Carabinieri furono destinati a occupare il “Costone dei Roccioni”, che si protendeva, con ciglioni a strapiombo, a ovest della rotabile verso Gondar, e il retrostante “Sperone del km 39”, il più avanzato a sud. In tal modo il Gruppo Carabinieri, col proprio comando al centro di raccordo degli opposti speroni, aveva un occhio sul fronte principale, a sud, e l’altro su quello di tergo, a nord. Per quattro mesi il contingente oppose eroica e valorosa resistenza all’avanzata inglese, muovendo dai burroni pesanti tronchi d’albero per rinforzare i ripari, sforacchiando la roccia e realizzando sul costone posti scoglio a feritoie multiple per assicurare continuità di fuoco su tutte le direzioni. I combattimenti ebbero esiti alterni, con posizioni perdute e riconquistate anche all’arma bianca e a prezzo di gravi perdite. L’epilogo si ebbe fra il 18 e il 21 novembre, quando l’aviazione inglese, con oltre cinquanta velivoli, prese d’assalto gli elementi difensivi del caposaldo: prima bombardato, poi investito da nord e da sud da non meno di 20mila assalitori, il 1° Gruppo Carabinieri fu infine costretto a cedere metro dopo metro, dopo aver lasciato sul campo innumerevoli vittime. Alcuni superstiti si ritirarono a Gondar, contribuendo a un’estrema difesa conclusasi il 27 novembre successivo con la caduta del presidio, che segnò la fine della guerra in Africa Orientale. In quella battaglia il 1° Gruppo Carabinieri mobilitato in Africa Orientale si immolarono quasi al completo con tale forza che ai pochi sopravvissuti venne tributato dagli avversari l’onore delle armi e alla Bandiera dell’Arma venne conferita la 2a Medaglia d’Oro al Valor Militare, oltre a numerose decorazioni individuali nel 1949. Il ricordo della Madonna viene così legato alla Battaglia di Culqualber, con l’annientamento da parte di preponderanti forze nemiche del 1° Battaglione Carabinieri e Zaptiè in Africa orientale. Quei caduti sono andati a far parte della folta schiera di carabinieri che, in pace e in guerra, hanno saputo compiere il loro dovere fino all’estremo sacrificio, costi quel che costi, per tener fede al giuramento prestato. Celebrando la Madonna Patrona dei Carabinieri, si celebra anche lo spirito di fedeltà e sacrificio che contraddistingue ed è nel dna dell’Arma, come viene indicato brevemente e affettuosamente il Corpo dei Carabinieri. Questi uomini e donne oggi difendono il Bene Comune con la vigilanza attenta affrontando la sfida quotidiana della strada e dei criminali comuni, e meritano di essere accolti in modo sempre riconoscente. I Carabinieri quotidianamente camminano al nostro fianco e con loro siamo sicuri che non siamo vittime dell’arroganza e dell’ingiustizia. Grazie di cuore carabinieri per la Vostra operosa vicinanza a noi cittadini, grazie perché siete un sicuro punto di riferimento per la tutta la collettività, a tutela della libertà e della convivenza civile. Un grazie ed una sincera preghiera a tutti i Carabinieri vittime del dovere che si sono battuti in nome della Patria e delle Istituzioni.
W i Carabinieri!
Favria, 29.11.2019 Giorgio Cortese

Grazie Carabinieri per il Vostro spirito di abnegazione e attaccamento al dovere con rispetto, fierezza ed umanità, siete la garanzia di tutela per noi cittadini. Grazie di cuore.

Banco alimentare e solidarietà’ alpina
La prima Giornata Nazionale della Colletta Alimentare nasce nel 1987 in Francia, per poi propagarsi negli altri Paesi europei attraverso i le organizzazioni Banco Alimentare nazionali. In Italia questa esperienza inizia nel 1997 con un primo risultato di 1.600 tonnellate raccolte. Nel nostro Paese il giorno in cui ogni anno si tiene questo evento coincide con l’ultimo sabato di novembre, un appuntamento concordato con la Fédération Européenne des Banques Alimentaires e che ormai è diventato tradizione. Nel mondo la prima “Food Bank” nasce alla fine degli anni ’60 a Phoenix, in Arizona con il nome di St. Mary’s Food Bank, quando John Van Hengel comincia a distribuire ai bisognosi il cibo altrimenti sprecato da negozi e ristoranti. In Europa esistono più di 240 Banchi Alimentari, tutti membri della Fédération Européenne des Banques Alimentaires, sparsi in 21 paesi: Belgio, Francia, Germania, Grecia, Irlanda, Italia, Lettonia, Lussemburgo, Olanda, Polonia, Portogallo, Repubblica Ceca, Slovacchia, Spagna, Svizzera, Ucraina, Ungheria, Gran Bretagna, Estonia, Danimarca e Montenegro. In Italia negli anni l’opera del Banco Alimentare si è sviluppata capillarmente sul territorio nazionale con la crescita di una Rete che oggi è costituita da 21 organizzazioni Banco Alimentare e dalla Fondazione Banco Alimentare Onlus, che ne guida e coordina l’attività. Come ogni anno gli Alpini di Favria si posizioneranno all’ingresso del supermercato Crai sulla spinta del motto “Onorare i morti aiutando i vivi”. Ecco dunque gli alpini divenire in cento e cento paesi punto di riferimento per l’emergenza, dare vita a iniziative di solidarietà e di protezione civile, accorrere in occasione di grandi e piccole calamità, partecipare a manifestazioni pubbliche, raccogliere fondi da destinare a istituti o enti di assistenza e istituzioni locali, concorrere alla raccolta di generi alimentari di prima necessità indetta dal Banco Alimentare e assistere opere missionarie in ogni parte del mondo.
Favria, 30.11.2019 Giorgio Cortese

La speranza ha le ali dell’ottimismo, dimora nel mio animo e mi canta ogni giorno una splendida melodia senza parole e poi… non si ferma mai.

Benvenuto dicembre!
Dicembre è un mese importante perchè accompagna le grandi feste come il Natale, ma anche l’arrivo dell’inverno. Dicembre mese dei grandi silenzi nelle lunghe notti invernali. Viene dicembre e non vedo più il caldo sole ed i voli di farfalle tra gli albicocchi in fiore, e sulla quercia enorme del parco non più nidi, non più foglie. Benvenuto dicembre che trovi rami spogli e la terra che dorme. Benvenuto dicembre che con il Natale doni i balocchi e fai risplendere nel firmamento un piccolo presepe, dove un Bimbo in una culla il mondo benedice, dicendo pace a tutti! Auguro che il Natale sia una festa ma anche un momento di riflessione, che passi le consegne ai giorni a venire e che la bontà nello spirito natalizio si rifletta nei nostri cuori.
Favria 1.12.2019 Giorgio Cortese

A Natale cerco di regalare un poco di me a tutti Voi, un sorriso, una carezza, un abbraccio. Vi dono il mio sincero amore!
giorgio