Inferno di fuoco in bassa valle Orco: a fine ottobre dieci giorni di vasti incendi boschivi di Marino Pasqualone

E’ stata davvero una settimana infernale quella vissuta alla fine dello scorso mese di ottobre dall’intera bassa valle dell’Orco: alzandosi dai dintorni di Ribordone, Locana e Sparone il fumo dei vasti incendi boschivi, che da numerosi giorni divampavano dal fondovalle fin sulle creste delle montagne, ha infatti invaso a più riprese i paesi e le borgate adagiati lungo la strada provinciale del Gran Paradiso, coprendo a momenti con la sua nube acre anche Pont Canavese e spingendosi oltre fino a Cuorgnè e Valperga.
Nonostante lo schieramento imponente di forze da terra, dai Vigili del Fuoco ai Volontari Antincendi Boschivi, ed al successivo appoggio dei mezzi aerei, l’incendio, sviluppatosi in sordina dapprima sulle alture sopra Ribordone, spinto dal vento ha poi raggiunto e valicato la cresta che separa il vallone dove sorge il santuario di Prascundù dal solco principale della valle dell’Orco, diventando così difficilissimo da controllare nel suo espandersi.
Parliamo infatti di un territorio di mille metri di dislivello ripidissimo e quasi totalmente privo di strade di accesso: boschi e pietraie dove decenni di abbandono hanno creato uno spesso strato di sottobosco di foglie e legno secco, con arbusti e sterpaglie resi estremamente infiammabili da una siccità pressoché totale che perdura ormai da due mesi.
Cosicché l’intervento da terra ha dovuto principalmente e per forza di cose limitarsi a controllare e spegnere le fiamme quando queste, scendendo verso il fondovalle, andavano a lambire da vicino le tante borgate disseminate tra Sparone e Locana e gli stessi capoluoghi due paesi della valle Orco.
Ed è così iniziato l’incubo di fuoco per i valligiani, con Locana e Sparone, ma a tratti anche la pur più lontana Pont, avvolti da una densa nube di fumo e cenere, intervallata da momenti in cui soffiava forte il foehn che, se da un lato ripuliva l’aria, dall’altro tornava ad alimentare gli incendi, tanto che venerdì 27 ottobre il fronte delle fiamme si estendeva per chilometri da Montepiano di Locana fino a Calsazio di Sparone.
E domenica 29 ottobre proprio a Sparone è salito anche il presidente della Regione Piemonte Sergio Chiamparino, per incontrare i sindaci della valle ed i vari coordinatori dei corpi impegnati a contenere le fiamme e per assicurare l’impegno di tutte le risorse necessarie a fronteggiare l’emergenza incendi che, purtroppo, coinvolgeva gran parte delle valli piemontesi, dalla vicina Valchiusella fino alla Valsusa ed alla cuneese Valle Stura.
Ed intanto per giorni e giorni è stata vana la speranza che arrivasse finalmente la tanto attesa pioggia a spegnere le fiamme e dare sollievo ad una terra sempre più riarsa: ma, al di là del prolungato periodo di siccità, anche in questo caso, come purtroppo in molti altri, ci si chiede se una maggiore e migliore prevenzione avrebbe potuto evitare, o comunque limitare, quanto è accaduto.
Purtroppo che l’abbandono del territorio valligiano ad un inselvatichimento totale, con boschi impenetrabili, tanti sentieri ormai impercorribili e con i vasti prati che fino a pochi decenni fa contornavano le borgate oggi inghiottiti dalla boscaglia, costituisse un campanello dall’allarme purtroppo spesso ignorato o comunque sottovalutato è cosa nota, e troppo poco finora è stato fatto per porre freno ad una deriva ambientale e paesaggistica che in mezzo secolo ha completamente cambiato il volto delle montagne valligiane.
E c’è anche chi si è domandato se forse non sarebbe opportuno che i pur cospicui fondi per la tutela e manutenzione del territorio a disposizione fossero d’ora in poi prioritariamente utilizzati per realizzare e mantenere efficienti alcune linee tagliafuoco, almeno sulle creste delle montagne e nei solchi vallivi.
Ma, intanto, i boschi bruciano, e se le abitazioni vicino alle strade sono comunque rimaste indenni dal fuoco, peggior destino è sicuramente toccato invece alle case che ancora rimangono in piedi nei tanti villaggi perduti tra le pieghe delle montagne tra l’Orco e la Soana.
Già qualche decennio fa in un loro scritto Francesco Fedele e Marco Cima avevano definito queste borgate abbandonate come delle vere e proprie “Pompei alpine”: e proprio adesso, con il fuoco e la cenere che li hanno avvolte nel loro abbraccio mortale, questo parallelismo storico appare drammaticamente ancora più calzante. ( da IL RISVEGLIO POPOLARE del 2 novembre 2017 di Marino Pasqualone)
VALLE ORCO - L'incendio sopra il capoluogo di LOCANA