I fiori! – Il bambuseto della Grangia Nuova. – La timida e meravigliosa pervinca – La folle corsa! – Griota, amarena o ciliegia selvatica – Non solo una bellissima vetrina – Il gioco delle bocce! – Muralmessaggio per un mondo migliore!…LE PAGINE DI GIORGIO CORTESE

I fiori!
I fiori in alcune sequenze cinematografiche sanno essere dei protagonisti indiscussi. Se partiamo dal grande regista Alfred Hitchcock e prima ancora da Cukor, molti sono i fiori che sono stati i protagonisti del destino dei personaggi. In Angoscia o Gas Light, la protagonista interpretata dalla mitica Bergman, sposa suo marito, di cui conosce solo da una settimana, i fiori sono i veri protagonisti di sottofondo, la nonna anziana con la scusa degli asfodeli e dei tulipani scopre il mistero che avvolge il marito di lei. Nero Woolf amante delle orchidee, attraverso loro scopre sempre l’assassino e la perversione che si cela dietro al suo agire, lo stesso Poirot, vive in sintonia con i fiori tanto che attraverso la campagna e i suoi fasti riesce a scoprire più assassini. Con Alfred Hitchcock, Madelaine, nel noto film Vertigo, si immedesima nel ritratto della presunta antenata, il ritratto della donna spagnola ha un bouquet di fiori, lei si sublima in essa il ritratto fa da padrone e trasmette nella donna il suo desiderio di acquistare lo stesso bouquet, per non parlare poi del noto film Marnie, dove il color rosso delle rose baccara, suscita nella protagonista la paura della violenza repressa che sua mamma subì e lei bimba inerme non riuscì a comprendere. Per poi giungere ai vari messaggi d’amore e di odio legati ai fiori come le celebri rose del mitico film L’Età dell’innocenza, dove Martin Scorsese, apre la sigla con una rosa gialla e con un seguirsi di fiori che per magia aprono i loro petali al destino dei due protagonisti che la scrittrice Edith Wharton ha saputo nella seconda metà dell’ottocento mettere in luce ed infine il mitico film Quel che resta del giorno…
Favria, 14.05.2019 Giorgio Cortese

I fiori sembra che hanno una espressione come il viso di noi umani. Alcuni sembrano sorridere, oppure un’espressione triste, pensierosi e diffidenti ed altri sono semplici, onesti e retti, come il girasole dalla grande faccia e la malvarosa.

Il bambuseto della Grangia Nuova.
A Favria dopo l’alacre lavoro di GianLuigi e papà Francesco è sorto nei terreni attigui alla cascina Grangia Nuova, di proprietà della madre Delfina in comodato d’uso, un bambuseto, unico nel suo genere in tutto il Piemonte! Pensate che anticamente in Piemonte e nel Canavese la grangia indicava originariamente una struttura edilizia utilizzata per la conservazione del grano e delle sementi, poi il complesso di edifici costituenti un’azienda agricola. La parola grange deriva un antico termine di origine latina, granea e quindi grangiarius dal quale poi è derivato il francese grange, granaio, e lo spagnolo granja, fattoria. Alla domanda il perché hanno impiantato un bamsusato, come già detto unico nel suo genere in Piemonte, con 800 piante iniziali di bambù, che oggi con i germogli di seconda e terza generazione sono circa stimate ben 50.000/60.000 pianticelle! Alla mia domanda mi hanno spiegato che il bambù presenta caratteristiche notevoli, un elevato assorbimento di anidride carbonica, pensate che un bosco di bambù, bambuseto, è in grado di catturare fino a 17 tonnellate di carbonio per ettaro all’anno grazie alla notevole e perenne superficie fogliare. Una forte capacità di contrastare l’inquinamento atmosferico e del suolo, infatti con le sue radici il bambù trasforma gli inquinanti, compreso l’azoto, in biomassa. Una grande resistenza all’attacco di malattie solite per altre graminacee, perciò la pianta non necessita di particolari cure ed attenzioni. E poi sorridendo mi dicono che il bambo è simile al maiale, non si butta via nulla, i teneri germogli vengono utilizzati per alimentazione e il fusto per una infinità di applicazioni, anche nell’edilizia, e tutte ecologiche ed eco sostenibili. Il bambù, in inglese bamboo, ha origine dalla lingua Malai, in Malesia, dove veniva chiamato “mambu”, ed infine è arrivato in Italia nel 1884. Come si vede il bambù dalle origini orientali si è diffuso in tutto il mondo. Il bambù può sopravvivere in zone con alte temperature, fino ai 40°, e cresce nelle zone tropicali del pianeta, dall’Africa, all’America, ma soprattutto in Asia. Il bambù viene prodotto principalmente in Cina, Thailandia e Indonesia. Non esiste solo una sola qualità di questa pianta, ma esistono ben 75 tipologie diverse, molte possono crescere in cinque anni, altre invece hanno bisogno di più tempo. Il bambù è una pianta molto particolare, unica nel suo genere. Ha tutte le caratteristiche delle graminacee, con un fusto cavo di forma cilindrica, da dove nascono le foglie verdi, piccole e folte in cima. Questa pianta può arrivare anche ad un’altezza massima di 25 metri. Le sue radici si espandono in profondità, andando alla ricerca di terreni umidi. Proprio grazie alle sue radici lunghe e profonde, il bambù rimane stabile a terra e resiste a fenomeni intensi come inondazioni, uragani, tornado. Originariamente il bambù veniva sfruttato per creare zattere, sistemi di irrigazione e addirittura in Europa si sono ritrovate delle sedie in bambù risalenti al Medioevo. Ma l’uso di questo arbusto si è diffuso in Europa solo nel 1600, mentre in America venne importato dai Padri Pellegrini, che usavano il bambù per costruire capanne, case, nelle colonie del Nuovo Mondo in America. Nel mondo si sono diffuse suggestive leggende dove il bambù è protagonista. Nelle isole Hawaii, la leggenda vuole che il bambù sia un Dio creatore, mentre nelle Filippine un’affascinante leggenda racconta che l’origine dell’essere umano è dovuta ad un germoglio di bambù da cui al principio uscirono un uomo e una donna. Una di queste leggende narra del bambù e della felce. La leggenda narra di un contadino che aveva messo a dimora delle felci e dei bambù, le felci crescevano rapidamente ed il suo verde brillante coprivano il terreno, ma i bambù tardavano a germogliare dal terreno perché la terra era dura. Ma poi dopo diverso tempo un piccolo bambù fece capolino dalla terra ed in confronto alla felce, sembrava molto piccolo e insignificante, ma crebbe per parecchi metri di altezza. Aveva passato del tempo a fortificare le sue radici per sostenersi. Il vecchio saggio disse al contadino che le sue radici lo avevano reso più forte e gli avevano dato ciò di cui aveva bisogno per sopravvivere. Insomma le cose più grandi hanno bisogno del giusto tempo per maturare e dare frutti se seguite con tenace passione come da GianLuigi e dal padre Francesco il primo bambuseto in Piemonte di questa innovativa piantagione.
Favria, 15.05.2019 Giorgio Cortese

Lo scopo nella vita è di collaborare per una causa comune, il problema è che molti si dimenticano e non sappiano più qual è.

La timida e meravigliosa pervinca
Che bella la timida e meravigliosa pervinca, una graziosa pianta perenne strisciante con fiori di colore blu/violaceo che possiamo trovare sia in vaso che nei nostri boschi, detta anche vinca minore. L’origine del suo nome non è certa, secondo alcuni deriva dal latino vincire, che vuol dire legare, per la capacità della pianta di ancorarsi al terreno con le numerose radici, oppure da vincus, flessibile, in riferimento ai suoi fusti sottili e flessibili. Nei giardini vengono per lo più utilizzate come piante da bordura perché nel periodo di fioritura, che va dalla fine di Aprile alla fine di Giugno, producono una gran moltitudine di fiori. Questa pianta è originaria dell’Europa e dei Tropici, si è diffusa sul nostro territorio in modo considerevole, ben adattandosi alle differenze climatiche presenti nella nostra penisola. I fiori sono tubolari formati da 5 lobi tondeggianti o allungati. Nel linguaggio dei fiori la Pervinca di colore bianco simboleggia il ricordo, comunica a chi la riceve in dono che si conserverà per sempre il suo ricordo, perché una volta le ghirlande di Pervinca erano intrecciate per accompagnare i bambini defunti nel loro ultimo viaggio. Questo utilizzo non era visto con significato negativo, perché la vita e morte erano considerate le due realtà legate alla terra e alla vita. Oggi la Pervinca ha assunto molteplici significati ma i più recenti sembrerebbero, la rappresentazione di una nuova amicizia, la condizione di armonia spirituale, la fedeltà nei rapporti a lungo termine, suggerita probabilmente a simbolo dell’adattabilità del piccolo arbusto ai diversi climi e del suo svilupparsi facilmente a fitta copertura. Un mazzo di questi fiori vistosi blu-pervinca, azzurro-lilla, viola o rosa dimostra l’amore che si prova a chi lo riceve, sia l’innamorata, la sposa, una familiare o un’amica, mentre la fioritura di colore bianco rivela al destinatario il piacere di ricordarlo. Presso le popolazioni celtiche europee la vinca era ritenuta una pianta sacra, adoperata dagli stregoni per preparare infusi e pozioni, mentre in Inghilterra secondo la medicina popolare creare una ghirlanda di fiori di vinca e porla intorno al collo era considerato un rimedio in caso di epistassi nasale. Nel Medioevo la pervinca veniva usata anche come preparato per filtri d’amore, ma attenzione la Pervinca è una pianta tossica, in quanto contiene vincristina che può portare al delirio, allucinazioni, neuropatie, convulsioni e coma. Anche se nella medicina popolare, la Pervinca viene utilizzata internamente per il trattamento di disturbi circolatori, ipertensione, gastriti, enteriti, diarrea e cistiti ed esternamente utilizzata come rimedio astringente in caso di sanguinamenti, ma non solo. Infatti, la pianta viene impiegata anche per il trattamento di mal di gola, ascessi, eczemi ed ecchimosi. Intorno al 1600, sempre in Inghilterra, era tradizione far mangiare agli sposi, nel giorno del loro matrimonio, una foglia della pianta in quanto si credeva che tale rito avrebbero assicurato loro un matrimonio fortunato. In Francia la vinca, chiamata pervenche, acquistò una certa popolarità grazie al filosofo Jean-Jacques Rousseau, 1712-1778, il quale la considerava un simbolo di sincera amicizia, la vinca dei colori blu-pervinca, azzurro-lilla, viola e rosa. Nel simbolismo religioso il colore pervinca è detto ” il colore degli occhi della Madonna” perché viene utilizzato in diversi dipinti e rappresentazioni. La Pervinca grazie alla sua capacità di formare bellissimi e fioriti tappeti erbosi, in Russia viene chiamata la “rondine dei fiori”, perché il suo fiorire è legato alla bella stagione. Nel XVII secolo in Inghilterra era considerata un’erba sacra a Venere e si diceva che se le foglie venivano mangiate da due novelli sposi, si propiziava l’amore fra loro. C’era anche l’usanza di fare delle ghirlande di fiori che si mettevano al collo di chi aveva problemi di sangue dal naso in quanto si diceva che fermasse l’emorragia. In Italia, la pervinca detta ‘Centocchio’ o ‘Cento occhi’, e come già detto prima era considerata il fiore della morte a causa dell’antica pratica di deporne intrecci a ghirlanda sulle bare dei bambini defunti, mentre era il fiore dell’immortalità in Germania. In alcune regioni del continente asiatico, ad esempio, i fiori di vinca erano un segno di buon augurio, venivano infatti sparsi sul tragitto che gli sposi novelli dovevano compiere per recarsi nella loro nuova abitazione. Una curiosità la vinca ha dato il nome ad un colore detto il blu-pervinca, un azzurro violetto che tende al grigio.
Favria, 15.05.2019 Giorgio Cortese

Ogni giorno credere in me stesso è la migliore benzina per andare avanti!

La folle corsa!
La corsa nei sacchi è un particolare tipo di corsa dove i partecipanti devono avanzare con le gambe infilate, e spesso legate, all’interno di un sacco, procedendo quindi con dei saltelli. Vince chi attraversa per primo il traguardo, un gioco praticato da bambini ed adulti e pur non essendo uno sport olimpico, ai Giochi Olimpici Estivi del 1904 di St. Louis si tenne una gara di corsa dei sacchi, nonostante non sia mai stata una disciplina olimpica. Non esiste attualmente alcuna organizzazione che raccolga i partecipanti a tale disciplina. Non si conosce l’origine di questa sfida a gambe incappucciate ma si legge che già nel 1541 Papa Paolo III fosse appassionato da questo tipo di gare e i giocatori che per primi compivano il tragitto tra il crocefisso e il balcone papale, venivano premiati. Le corse nei sacchi, la folle corsa, un gioco semplice e tradizionale e molto divertente che è diffusO dappertutto, rimanendo nel cuore della gente ma non potendo vantare grandi spiegazioni, ricorrenze storiche o curiose varianti autoctone. Dicono che il gioco è una delle medicine che aiuta nella vita, ed allora venite a Favria il 14-15-16 Giugno, perché dentro ogni essere umano si nasconde una bambina o bambino che vuole giocare.
Favria, 16.05.2019 Giorgio Cortese

Il libro, la macchina tecnologicamente più efficiente che l’uomo abbia mai inventato!

Griota, amarena o ciliegia selvatica.
Il termine greco è agriotes e significa precisamente selvatichezza. Albero simile al ciliegio ma di dimensioni inferiori con foglie verde scuro lucente, è dotato di una bella fioritura bianca ed avendo fiori ermafroditi ha una produzione abbondante. Le ciliegie sono leggermente amare ma gustose e si usano notoriamente per confetture, succhi distillati e altro. Sono molto ricche di acido malico e a seconda della varietà hanno un succo più o meno scuro. Resiste molto al freddo tant’è vero che ne esistono esemplari selvatici. Una leggenda narra che l’arrivo delle amarene in Italia sia dovuto a un generale romano di Silla, Lucullo, conosciuto per l’abbondanza e lo sfarzo dei suoi banchetti. In alcuni antichi scritti si legge che Lucullo raccolse la pianta a Cerasunte, città dell’Asia Minore, e la trapiantò nei suoi giardini intorno al 65 a.C, infatti il Prunus cerasus, nome latino dell’amarena, arriva dall’Asia Minore, Armenia e Caucaso. L’amarena è un frutto dal gusto originale, un po’acido anche se dolce. Dissetante quando è fresca, viene conservata sciroppata, un vero classico da aggiungere a gelato e dolci vari. Una curiosità la Marasca, una varietà dell’amarena, è una ciliegina piccola e di un rosso scuro, che sembra quasi nera. In Veneto si usa per fare un liquore molto dolce che si chiama Maraschino.
Favria, 17.05.2019 Giorgio Cortese

Ogni giorno cerco con gioia l’attimo che valga una vita

Non solo una bellissima vetrina
Passo davanti in auto e ammiro la bellissima vetrina e gli splendidi tessuti. Vedo delle stoffe colorate e capi di abbigliamento, sono di seta e di organza, sembra che nella vetrina inscenino una danza. Nel negozio di Berta Abbigliamento di Porta Carla a Favria via Servais 6. Un negozio che merita non solo di essere osservato da fuori ma visitato, perché all’interno troverete selezionati capi di abbigliamento e degli splendidi tessuti e delle bellissime stoffe. Parlando di stoffe, parola che deriva dall’antico francese di origine franca estoffe, quanti significati si danno a questa parola, dal tessuto usato per confezionare capi di biancheria, di abbigliamento, o per tappezzeria. Ma anche la qualità naturale, disposizione innata necessaria per svolgere con successo una determinata attività, o anche il tenere un dato comportamento di fronte alle sfide quotidiane della vita.
Favria, 18.05.3019 Giorgio Cortese

La storia di noi esseri umani è un attimo tra due passi del nostro quotidiano percorso

Il gioco delle bocce!
Questo potrebbe essere ritenuto uno dei giochi con origini più antiche, le cui testimonianze risalgono al 7.000 a.C. nella città di Catal Huyuk, in Turchia. Anche i Greci e i Romani lo praticavano, tant’è che Ippocrate elogiò il gioco in uno scritto consigliandolo come attività molto salutare. Prese piede in tutta Europa nel Medioevo e piaceva così tanto a giovani, anziani, nobili e plebei che molti trascuravano il lavoro, altri si dedicavano alle scommesse e scoppiavano liti furibonde, tanto da dover essere bandito in molti Paesi, come la Francia e l’Inghilterra. Tra i nomi eccellenti che contribuirono a far rinascere questa disciplina dopo il 1400, troviamo Erasmo da Rotterdam, Martin Lutero e Calvino i quali sembrano essere stati accaniti giocatori. Il primo regolamento ufficiale fu stampato a Bologna nel 1753.
Favria,19.05.2019 Giorgio Cortese

I bambini ci insegnano sempre a noi adulti che possiamo essere contenti senza motivo, ad essere sempre occupato con qualche cosa e a pretendere con nostra forza la realizzazione delle nostre speranze.

Muralmessaggio per un mondo migliore!
I mural o murales, sono nati in Messico negli anni Venti del Novecento, quando, sulla scia della rivoluzione, gli artisti riscoprono il valore sociale dell’arte e le sue potenzialità comunicative ed ha un forte impatto di visibilità. Ma da qualche anno c’è un murales particolare. Un cuore, che sta facendo il giro del mondo. Il primo fu realizzato nel 1996 su un muro della Mostar distrutta da una guerra fratricida. Quello dipinto il 2 maggio, a Favria su di un muro si perimetro del Polo scolastico, è il n. 71 e gli altri 70 sono stati realizzati in scuole, istituti, piazze, strade in Italia, Croazia, Bosnia, Serbia, Ucraina e Sudafrica. Una frase bellissima lo accompagna: “Ciò di cui tutti abbiamo bisogno è Amore” con la raffigurazione di un girotondo di tanti bambini di ogni parte del mondo. Qualunque sia il paese di provenienza, la religione o il colore della pelle, il cuore dell’uomo è lo stesso in tutte le persone del mondo. Non c’è nessuna differenza. Il murales è stato proposto dall’Associazione Per Un Mondo Migliore, che opera in Croazia e Bosnia dal 1994.
Favria, 20.05.2019 Giorgio Cortese

La vita è l’infanzia della nostra immortalità.
giorgioCorte