Fioca! – Proposito per il S. Natale. – L’albero dei libri. – Accediamo… – Il coraggio di una semplice idea. – Il S. Natale…. – Batte forte il cuore…LE PAGINE DI GIORGIO CORTESE

A Favria domenica 17 dicembre ci saranno anche gli asinelli ad aspettare il S. Natale, animali miti che con le loro cure e il loro amore verso i più piccoli sapranno regalare splendide emozioni. Passeggiate per il centro di Favria a stretto contatto con uno degli animali più intelligenti e sociali, che nell’uomo, grande o piccolo che sia, vede un amico fidato e inseparabile, un sostegno reciproco e una grande amicizia. Camminare in compagnia di un asino ci riporta ai sapori antichi, a paesaggi rurali e atmosfere d’altri tempi, allo stupore che provavamo ad aspettare il S. Natale da bambini. Momenti intimi ed emozionanti dell’atmosfera natalizia, dove ci si riunisce con le proprie famiglie, dove ci si trova per stare insieme, per unirsi e stare vicini. L’asino è un’animale speciale che ha molto da insegnare alle nostre vite frenetiche. L’asino più di ogni altro animale sa ascoltare i propri ritmi interni. Si ascolta e riconosce il modo sicuro con cui procedere nell’ambiente che lo circonda. Ha un ritmo lento che ci riporta a contatto con noi stessi, con i nostri quotidiani pensieri facendo riemergere le emozioni più intime. Passeggiare con gli asini aiuterà grandi e piccini a vivere un momento intimo e speciale che non si dimenticherà facilmente. Il tutto contornato dalla magia del Natale e dai suoni, dalle luci dalle vetrine sfavillanti e dagli acquisti che solo a Favria puoi fare aspettando Natale. Un giro con gli asinelli costa solo tre euro grazie al contributo generoso dei commercianti

Fioca!
Quando nevica penso alla parola piemontese fioca, pensate che questa parola per indicare la neve deriva dall’antico germanico flokka, per indicare sia la neve che la lanuggine ed il fiocco di lana. E proprio nella stagione invernale apprezzo la neve ed il S. Natale. La neve per molti scrittori e poeti assume significati diversi, perché pura e fredda allo stesso tempo, distaccata e allo stesso tempo innocente, cade la neve sulle strade, sui tetti e sulle strade silenziosa e lieve, quando scende sembra che danzi e volteggi lieve. E’ scesa la neve a fare vista a noi umani e con l’immutato stupore di un bambino la guardo cadere, pura, si posa su tutto e copre con il suo bianco mantello. Quando nevica ogni suono sembra silenziato, forse è questo il silenzio del mondo che mi parla? Certo sarà per qualcuno fastidiosa ma vi immaginate l’inverno senza neve. La neve ha un suo sottile fascino specialmente a ridosso del S. Natale. L’inverno per me è comunque qualcosa di cui devo nutrirmi almeno una volta all’anno. Ho bisogno dell’inverno perchè mi fa sentire bene e meglio se con la neve e poi ho la speranza che con la neve si pulisca la mente delle persone pieno di ipocrisia, sporcizia e falsità e con il freddo si purifichi le persone e svuoti la loro mente. E il S. Natale è un appuntamento a cui non posso mancare, perché è una danza di emozioni delle mie stagioni di vita e nello stupore di vedere la neve che imbianchi i cuori anche quelli più neri. Buon Natale nella luce!
Favria, 18.12.2017 Giorgio Cortese

Lasciamo che la magia del Natale pervada le nostre anime, accendendo l’amore nei nostri cuori. Buon Natale amici!

Proposito per il S. Natale.
Ho deciso quest’anno a casa cercherò di mettere degli decori un po’ speciali. Sulla la porta d’ingresso metterò la ghirlanda dell’ottimismo e tutte le finestre di casa cercherò di mettere dei fregi d’allegria. Sull’albero di Natale al posto delle classiche luci intermittenti fisserò sui rami la speranza e piccole nastri di serenità. Nel presepio ho l’augurio che dalla grotta esca una luce di speranza per il mio animo. Agli ospiti con il panettone porterò la pace e verserò da bere in bicchieri colorati colmi di sorrisi, facendo cincin con l’animo colmo di armonia e di solidarietà. Dimenticavo, la candela accesa, per far sì che la sua fiammella, si accenda lentamente, ardendo begli animi ed arricchendoci d’amore. Questo p il S. Natale, render grazie a Dio, vivere serenamente e sorridere alla vita.
Auguri a Tutti
Favria 19.12.2017 Giorgio Cortese

Ricordiamovi che Natale non è tanto aprire i regali quanto aprire i nostri cuori.

L’albero dei libri.
Nel mio animo provo sempre una sincera emozione quando entro nella Biblioteca Pistonatto di Favria, mi emoziono sempre ad aspirare quel profumo di carta e magia che inspiegabilmente a nessuno è ancora venuto in mente di imbottigliare. Vedere la bella scenografia apportata dai volontari nel creare un albero di Natale con dei libri mi ha fatto immensamente piacere. Nella Biblioteca trovo le macchine tecnologicamente più efficienti che come bipedi evoluti abbiamo potuto inventare. Un libro è un giardino che posso custodire in tasca ma apre un mondo infinito di conoscenza. Un libro sogna e penso che sia l’unico oggetto inanimato che possa avere sogni. La mia modesta opinione è che leggere dei buoni libri è andare verso l’incontro a qualcosa che sta per essere e ancora non so come e che cosa sarà. Ogni volta che finisco di leggere un libro dentro c’è una pagina in più la mia scritta nel mio animo e mi sembra sempre di aver perso un amico e allora molte volte li riprendo in mano e li rileggo perché niente è di più bello nel mondo di un libro. Grazie volontari della Biblioteca Pistonatto di Favria che l’albero di Natale dei libri ci ricordate che vogliamo che il S. Natale diventi un giorno speciale, dobbiamo sempre portare nel nostro animo l’albero di Natale. Perché il S. Natale è un bambino luminoso, che accende le speranze nei nostri cuori laddove il dolore aveva lasciato solo buio.
Favria, 20.12.2017 Giorgio Cortese

Natale una parola che trasmette felicità solo a pronunciarla. Il più grande augurio che possa fare è che sia Natale ogni giorno!

Accediamo….
Prepariamo il presepio e accendiamo la stella dell’albero di Natale, accendiamo la gioia di essere in famiglia, accendiamo una candela e preghiamo per tutti quelle persone che sono sole. Con tutto il cuore auguro a tutti voi un sereno Natale.
Favria, 21.12.2017 Giorgio Cortese

Il coraggio di una semplice idea.
Quando andavo a scuola nelle superiori ero rimasto colpito dalla storia letta nell’Antologia del Capitano Von Kopenick. Nel titolo originale “Der Hauptmann von Köpenick” è una commedia satirica di C. Zuckmayer, rappresentata nel 1931. È una delle più felici del teatro tedesco e la più riuscita del suo autore per efficacia linguistica e capacità drammatica. Raccontando in forma di reportage teatrale la vicenda realmente accaduta del calzolaio che, vista vana la lotta contro l’ingiustizia delle autorità, le combatte con le loro stesse armi, approfittando del supino rispetto di fronte all’uniforme tipico del militarismo guglielmino. Da questa commedia sono stati tratti tre film nel 1931 1941 e uno nel 1956, tutti con lo stesso titolo. Questa storia narra di quando l’avvento dei moderni mezzi di comunicazione era ancora di là da venire, e un fatto di cronaca locale aveva il potere mediatico di fare il giro del globo affidandosi solo alla carta stampata, ai proclama degli strilloni di paese, dei cantastorie, e alle parole di ammirata incredulità che correvano di bocca in bocca, di città in città, di nazione in nazione. Un tempo lontano, reso suggestivo dalla patina degli anni, e di come le gesta temerarie dei fuorilegge era un’occasione di riscatto della gente comune da un’esistenza grama e oppressa dal giogo della miseria o dello scontento politico. Ed è proprio le gesta singolari di un Robin Hood del Novecento, non in calzamaglia bensì in uniforme, che questa storia narra. Sono gli anni del regno di Guglielmo II, l’ultimo imperatore di Prussia e Germania, il kaiser che fece del militarismo e della corsa agli armamenti una vera e propria filosofia alto borghese per stroncare le idee del socialismo sul nascere. L’esercito permanente prussiano è ai suoi massimi storici, la Germania è stretta nella morsa di un dispotismo ultraconservatore e il quadro economico riflette le iniquità di un sistema sbilanciato con la drastica riduzione dei costi di fabbricazione, sfruttando notevolmente gli operai, abbassando i salari sotto una soglia inferiore al minimo vitale e portando le ore di lavoro a ritmi subumani per conquistare il mercato estero e vendere le merci prodotte a cifre competitive e cosi si amplia la forbice tra ricchissimi e poverissimi. Nonostante la rapida ascesa economica, dunque, e un alto tasso di emigrazione, marcia in Germania un cospicuo esercito di indigenti e disoccupati, che per sbarcare il lunario è costretto spesso a vivere di espedienti. Trovate frutto di genio puro, dettate dalla precarietà e destinate talvolta ad entrare per sempre nell’immaginario collettivo, come questa vicenda esemplare dimostra. Nella fila di questi disperati c’è anche Wilhelm Voigt, che conduce da sempre un’esistenza precaria e ai limiti della legge. Nato in Prussia, compie il suo primo furto e riceve la sua prima condanna a quattordici anni, dopo la quale sarà espulso dalla scuola e comincerà il suo apprendistato di ciabattino presso la bottega del padre. Della sua giovinezza si sa poco o nulla, soltanto che negli anni compresi fra il 1864 e il 1891 Voigt accumula al suo attivo una lunga lista di condanne per truffe, piccoli furti e contraffazione per una pena complessiva di venticinque anni di carcere, quindici attribuitigli solo per un furto. Alla fine ne sconterà appena sedici per buona condotta e verrà rilasciato nel 1906. Uscito di prigione, Wilhelm Voigt ha poche alternative da contemplare: la disoccupazione nel paese è dilagante, l’atmosfera in Prussia non è la stessa di sedici anni prima, e per giunta un ex-galeotto come lui ha ben poche possibilità di trovare la parvenza di un lavoro dignitoso, rischiando nuovamente l’accattonaggio. Non gli resta che vagabondare, riassaporando la libertà negatagli tanto a lungo e accontentandosi di svolgere piccoli lavori saltuari per mettere a tacere i morsi della fame. I suoi vagabondaggi lo conducono a Berlino, dove vive la sorella che non vede dall’infanzia, e presso la quale si stabilisce per qualche tempo nella speranza di trovare un impiego e una sistemazione indipendente. Per qualche mese la sua vita sembra assestarsi su ritmi tranquilli, che gli permettono di rivalutare l’importanza dell’onestà e della dignità umana. Voigt continua a vivere con la sorella a Rixdorf, nell’attuale quartiere di Neukölln, lavora di tanto in tanto come calzolaio in una fabbrica di scarpe ed è pronto ad affrontare il futuro con più fiducia, disposto perfino ad emanciparsi dai suoi trascorsi illeciti e fraudolenti. Le sue prospettive si offuscano però nell’agosto del 1906, quando riceve dalla polizia di Berlino una comunicazione in merito alla sua esplusione immediata dalla città, che lo reputa “pericoloso per la sicurezza” a causa delle condanne scontate in passato. Deluso e amareggiato, Wilhelm Voigt riferisce alle autorità berlinesi di volersi ricollocare ad Amburgo, ma il passaporto di viaggio necessario tra gli Stati regionali della Germania gli è negato a causa dei suoi precedenti giudiziari. È espulso, ma non può allontanarsi. Decide allora di restare clandestinamente in città e meditare una rivincita spettacolare, studiando nei minimi dettagli una delle truffe più originali ed eclatanti di tutti i tempi, che farà di lui un eroe popolare costretto alla resistenza da un governo ingiusto. Dopo aver acquistato da un robivecchi un’uniforme da capitano dell’esercito e aver testato la credibilità della sua nuova identità passando davanti a un gruppo di soldati, che di rimando gli fa il saluto militare, Voigt comprende che il piano escogitato ha tutti i numeri per riuscire alla perfezione. Tutt’a un tratto quell’indumento così vuoto eppure tanto rappresentativo gli ridà tutta l’umanità e il rispetto di cui la burocrazia e la società lo hanno sempre privato, oltre al coraggio per tentare un’impresa ai limiti del grottesco. Il 16 Ottobre 1906, a seguito di una lunga preparazione, arriva finalmente il giorno X. Wilhelm Voigt indossa la sua uniforme, cerca di mantenere i nervi saldi e si dirige verso una caserma di zona, dove recluta dieci granatieri e li intima a seguirlo. I soldati, avvezzi ad eseguire gli ordini dei superiori senza battere ciglio, obbediscono al finto capitano senza nutrire il benché minimo sospetto. Da lì il manipolo parte alla volta di Kopenick, un tranquillo villaggio di pescatori a sud-est di Berlino che sorge sulla Dahme, laddove il fiume si riversa nella Sprea. Tutto sta andando secondo i piani, e Voigt può mettere brillantemente in atto il suo disegno. Arrivato al villaggio allerta le forze dell’ordine locali, ordinando di bloccare qualunque comunicazione o cablogramma a Berlino per un’ora intera. Poi assedia il Rathaus di recente inaugurazione, arresta il borgomastro e il tesoriere accusandoli di falso in bilancio e intima ai funzionari di predisporgli un passaporto, il suo prezioso lasciapassare per la libertà. Ma in cassaforte non ci sono documenti in bianco e, vedendosi alle strette, il Capitano di Köpenick confisca oltre 4.000 marchi dalle casse comunali, che in mancanza di un passaporto gli faciliteranno la fuga. Dopo aver ordinato a un gruppo di granatieri di scortare a Berlino i due indiziati per l’interrogatorio, Voigt s’incammina verso la stazione, si sbarazza dell’uniforme e scompare misteriosamente, facendo perdere del tutto le sue tracce. Subito la notizia rimbalza da un confine all’altro dell’impero e fa il giro dell’Europa; la stampa avanza le ipotesi più fantasiose, l’esercito prussiano, messo in ridicolo, apre un’indagine formale e l’opinione pubblica si scatena, non potendo fare a meno di simpatizzare con il truffatore per l’originalità della sua beffa e consapevole del fatto che, come molti cittadini del ceto medio-basso tedesco, Voigt incarna un tragico paradosso di non riuscire a trovare lavoro perché privo di passaporto e non può richiedere un passaporto poiché disoccupato. Persino i giornali inglesi s’interessano alla vicenda, che nella sua comicità rappresenta una conferma ai cliché negativi associati al popolo teutonico. Il truffatore viene infine scovato, arrestato e condannato a quattro anni di carcere, ma il Kaiser Guglielmo II, divertito dall’episodio, compiaciuto del timore reverenziale suscitato dai gradi militari sul suo popolo e definendo Voigt “un adorabile mascalzone”, gli concede la grazia il 16 Agosto 1908. Nei mesi seguenti il Capitano di Köpenick cerca di sfruttare la sua fama in Germania, con buon esito, pubblicando perfino un resoconto della sua leggendaria avventura. Nel 1910 si trasferisce in Lussemburgo, dove lavorerà come calzolaio, riuscirà a comprare una casa e ad andare in pensione ma, stroncato dall’inflazione seguita alla Prima Guerra Mondiale, morirà povero in canna nel 1922. Vi ho narrato la storia di Wilhelm Voigt che nei panni di capitano pluridecorato che decise di combattere l’ingiustizia di allora le sue stesse armi facendola in barba al militarismo più ossequioso e imperante. Perché il suo piano, in fin dei conti, ha funzionato meglio di qualunque previsione e ha dimostrato ai posteri una verità inconfutabile, quella che l’abito non fa il monaco, e neppure il capitano, ma il condizionamento intellettuale sciocco e acritico può essere sconfitto dal coraggio semplice di un’idea.
Favria, 22.12..2017 Giorgio Cortese

E’ Natale ogni volta che facciamo nascere l’amore nei nostri cuori! Auguri!

Il S. Natale….
Il S. Natale si avvicina e per tutti noi è il giorno più magico dell’anno. Le vetrine illuminate, i regali da scartare in famiglia, le feste con gli amici e tutto è più gioioso! Ma il vero S. Natale è ogni volta che perdono con il cuore. È Natale ogni volta che non mi faccio frenare dalle cosiddette “diversità” nei miei simili, perché ho capito che niente mi rende diverso se non il mio modo di guardare. E allora Vi auguro il meglio per questo S. Natale e per il 2018. Per Natale vorrei questi due regali. Il primo è, che per ogni anziano ci fosse un pasto caldo ed un abbraccio. Per ogni bambino un giocattolo sotto l’albero. Per ogni famiglia la maggior sicurezza di poter far fronte alla vita in modo ancora dignitoso perché nessuno deve toglierci la dignità. Il secondo di non farci gelare il cuore dal freddo ma affidarlo a qualcuno che lo possa riscaldare! Amate, amate è sarà davvero Natale! Buon Natale a tutti!
Favria 23.12.2017 Giorgio Cortese

È Natale ogni volta che facciamo nascere l’amore nei nostri cuori! Auguri!

Batte forte il cuore
Batte forte il cuore per l’emozione è arrivato il S. Natale: Auguri di cuore! Ma ricorda è sempre S. Natale se tendiamo la mano a chi ha bisogno di Noi. È sempre S. Natale se offriamo un sorriso a chi, solo e disperato, e ha voglia di piangere. È sempre S. Natale, se quando stiamo male ci ricordiamo che c’è sempre qualcuno che sta peggio di noi. È veramente un S. Natale, se mettiamo da parte gli egoismi, e doniamo al prossimo Amore con la forza del nostro cuore. Dio si è fatto uomo per amore di tutta l’Umanità. Auguri di Buon Natale e di un sereno e meraviglioso 2018!
Favria 24.12.2018 Giorgio Cortese

Giorgio Cortese
Giorgio Cortese

Vi auguro di passare il Santo Natale con le persone che amate, e se sono lontane saranno comunque con voi dentro di voi.