Facile dire spread! – Il gommista. – Nel corpo umano nomi di persone. – La conocchia o rocca! – la scelta rivoluzionaria, il rododendro!…LE PAGINE DI GIORGIO CORTESE

Facile dire spread!
Questa parola la sentiamo sempre più spesso nei telegiornali, la leggiamo nei giornali, sui social e viene citata ultimamente spesso nei discorsi tra conoscenti. Ma che cosa è lo spread? Spread, vuole dire in inglese,. diffusione, espansione, deriva dal verbo to spread, di origine tedesca. In borsa è un contratto a premio mediante il quale uno dei contraenti si riserva la facoltà, nel giorno della scadenza stabilito dal calendario di borsa, di acquistare o vendere i titoli o di abbandonare il premio, ma oggi è riferito anche alla differenza tra i livelli di quotazione di un titolo o fra tassi di interesse, o anche differenza riferita ad altre grandezze economiche, come, per esempio, il divario tra costo e ricavato di un’operazione. Oggigiorno le difficoltà nella creazione del nuovo governo che si protraggono da quasi oltre 3 mesi hanno di nuovo portato alla ribalta il termine spread. Il divario, per tradurre in italiano lo spread, indica la differenza di rendimento tra titoli di stato italiano, emessi dall’Italia, BTP a 10 anni e gli equivalenti tedeschi. Il rendimento dei titoli di stato, scusate il gioco di parole è un ottimo indicatore dello stato di salute dell’economia di un paese. Infatti più il sistema è solido, meno i titoli sono rischiosi e offrono quindi agli investitori rendimenti più bassi. In altre parole, lo spread tra i BTP italiani e i Bund tedeschi indica quanto sia più rischioso prestare i soldi all’Italia rispetto alla Germania, considerata particolarmente affidabile grazie all’eccezionale solidità della sua economia. L’aumento dello spread colpisce prima il debito pubblico italiano che aumenta, e con l’aumento dei tassi di interesse lo Stato Italiano, noi insomma, è costretto spendere di più per finanziare il proprio debito, cioè per pagare gli interessi a chi ha acquistato BTP, innescando una spirale negativa dalla quale è sempre più difficile uscire. Insomma debiti su debiti. Poi questo maligno spread tocca tutti noi sulla nostra economia, aumentano nel breve se permane lo spread alto i tassi di interesse e rende più difficile l’accesso al credito da parte delle aziende italiane, degli artigianim commercianti ed i piccoli imprenditori che sono l’ossatura economica del paese, rendendole così meno competitive rispetto a quelle straniere. Lo stesso effetto negativo rischia di fare aumentare il costo dei mutui e prestiti anche per noi privati cittadini, innescando così una nuova stretta su acquisti ed investimenti dalla quale eramo appena usciti dopo la grande crisi di 10 anni fa. Come avete potuto capire, quando il differenziale schizza alle stelle diventa mostro-spread e quando rimane nella norma ritona nell’oblio , ma in sostanza diventiamo sempre più poveri e il ceto medio diventa sempre più povero e si allarga il divario con chi è ricco, che amarezza che le persone elette pensano alle poltrone, ai nomi a roboanti programmi e poi dicono che difendono gli interessi degli italiani, e si è facile dire spread!
Favria, 5.06.2018 Giorgio Cortese

Quando apro gli occhi al mattino respiro l’odore della vita che colora di tanti colori la mia giornata, e attendo con pazienza quel raggio di sole che piano piano mi regalerà calore, per la gioia ed il buonumore sono già a posto… Buongiorno!

Il gommista.
Se uno scrivere gommista pensa subito a chi monta e ripara i copertoni detti anche pneumatici. Si tratta di un lavoro artigiano. Il pneumatico moderno, è stato inventato da Robert William Thomson nel 1845, perfezionato poi da john Boyd Dunlop nel 1888 e munito di battistrada dal 1904. Certo di strada se ne fatta da quando la gomma è stata vulcanizzata creando così la reticolazione responsabile del comportamento elastico. A volte una gomma bucata ci costringe a fermarci, alzare lo sguardo e pensare un po’ e cambia i nostri piani nel breve perché dobbiamo andare da un gommista che è un artigiano. Già l’invenzione della ruota è la prima grande invenzione tecnologica della storia. Secondo alcuni studiosi la ruota fu inventata nell’antica Mesopotamia nel V millennio a.C., originariamente per la lavorazione di vasellame e solo in seguito per il trasporto. Parallelamente è possibile che sia stata inventata anche in Cina intorno al 2800 a.C. Ovviamente resterà per sempre sconosciuto il nome del suo inventore, ma sicuramente merita un grande elogio Igor il gommista che quando vai a trovarlo perché hai bucato ti accoglie con un grande sorriso e con professionali e perizia sistema il temporaneo problema. Certo nella vita di ogni giorno bisogna essere un po’ matita e un po’ gomma, per disegnare i miei sogni e cancellare i graffi della realtà che fa male. Ma la ruota sgonfia che Igor mi sistema con rapidità e maestria mi ricorda che la vita è una ruota che gira ogni giorno intorno a noi, portando tante cose, emozioni amori sofferenze nuove amicizie sogni che si realizzano e tante altre cose sia belle che brutte. La vita è una cosa meravigliosa perciò va vissuta con tutto quello che ci riserva.
Favria, 6.06.2018 Giorgio Cortese

Alla domenica mattina amo appoggiare la mia mano sul tronco di un albero davanti il quale passo nel parco, non per assicurarmi dell’esistenza dell’albero, di cui io non dubito, ma della mia.

Nel corpo umano nomi di persone.
Lo sapete che ci sono parti del corpo umano con il nome di persona? Beh è facile con tendine di Achille, che prende il nome dall’eroe omerico e si trova nel retro del polpaccio. Pomo do Adamo, che prende il nome dal primo uomo secondo la Bibbia. La tromba di Eustachio, condotto che collega l’orecchio alla laringe e prende il nome di Bartolomeo Eustachi che nel Cinquecento. L’anatomista Purkinje ha dato il nome alle cellule di Purkinje che impediscono movimenti troppo bruschi al corpo favorendo la coordinazione. Il fisiologo Henle ha individuato la struttura anatomica del rene fondamentale per la sua funzione di filtro. L’antropologo Paul Broca ha individuato una zona del cervello coinvolta nell’elaborazione del linguaggio chiamandola appunto area Broca. Il medico Camillo Golgi ha invece la miscosropica struttura che si trova in quasi tutti gli esseri viventi chiamandolo appunto “Apparato Golgi”. Per arrivare alle isole di Langerhans, che sono agglomerati di cellule nel pancreas che regola il livello dello zucchero scoperta dal patologo che ha dato il suo nome.
Favria, 7.06.2018 Giorgio Cortese

Gli alberi sono conosciuti per i loro frutti, gli esseri umani per le loro azioni. Una buona azione non è mai perduta. Nella vita se seminiamo cortesia mietiamo amicizia, se mettiamo a dimora la gentilezza raccogliamo amore

La conocchia o rocca!
La conocchia o rocca era uno strumento che in coppia col fuso serve a filare. Usata sin dall’antichità, serve a reggere l’ammasso di fibre tessili durante l’operazione di filatura, in modo che il filatore abbia comodamente a disposizione le fibre mantenendo libere le mani. La struttura era costituita da un bastone di legno con una gabbietta o altro ingrossamento posizionato in alto intorno al quale si legava la massa del filato. Se costruita in canna, la gabbietta era realizzata aprendo la canna in sei-otto parti ad una estremità; con l’allargamento e la richiusura di queste sezioni si otteneva una gabbietta di forma affusolata. In alcuni casi alla sommità della rocca erano inseriti, in appositi fori passanti, dei rebbi ovvero dei bastoncini in numero variabile a cui veniva fissata la massa di lana da filare. La massa di fibre era mantenuta ferma sulla conocchia da un laccio o da un anello che, avvolto intorno alla massa, la teneva compressa impedendole di scivolare in basso lungo il bastone. In tutte le fasi della lavorazione della lana, della canapa e del lino, dal neolitico alla rivoluzione industriale, la filatura ha occupato per millenni una grossa parte del lavoro femminile domestico. In età romana, come già nel mondo greco ed etrusco, la filatura della lana, effettuata con rocche di varia tipologia, era una delle attività per eccellenza della domina tanto da essere citata nelle epigrafi funerarie oppure da essere raffigurata sulle tombe, spesso nelle mani della defunta, a indicarne le virtù domestiche. In alcuni casi rocche e fusi erano anche inseriti nei corredi funerari. Sulla base dei rinvenimenti archeologici le rocche antiche possono essere divise in tre grandi categorie: quelle da dito, di dimensioni ridotte e dotate di un anello in cui veniva inserito un dito per impugnarle, quelle da mano, più lunghe, che venivano tenute nella mano sinistra e quelle da braccio, di grandi dimensioni, che potevano essere tenute in mano o sotto il braccio o infilate nella cintura. Se è presumibile che la maggior parte di questi strumenti fosse in legno, difficilmente conservabile, sono note rocche in ambra, osso, giaietto, avorio. Pure i fusi, oltre che in osso, erano spesso realizzati in legno, di questi esemplari spesso rimane solo la fusarola, ovvero il peso circolare che serve per stabilizzare la rotazione del fuso durante l’operazione che permette di attorcere il filo. Sono note fusarole in ambra, osso, vetro, pietra e ceramica. Pensate che l’accoppiata rocca e fuso era compresa nella dote di una sposa, da attrezzo utile diventava, con decorazioni e intagli, opera d’arte. Venne usata nelle campagne fino all’inizio del XX secolo, anche se preesistevano, fin dal medioevo, macchinari, l’arcolaio, per filare in maniera più veloce, soprattutto dalle donne che pascolavano le greggi o si spostavano, ed intanto filavano, questa conocchia da viaggio era di formato ridotto, più corta e leggera, si infilava in tasca e si attaccava al vestito per reggerla diritta. Una curiosità la parola canocchia deriva dal lemma latino conucula, conocchia in In agricoltura, è un sistema di coltivazione della vite, consistente nel disporre le viti ai vertici di un quadrilatero, appoggiate ciascuna a una canna, e nel riunire e legare poi le canne verso la parte terminale, in modo da far loro assumere nell’insieme una forma simile a una conocchia, in marina, specie di ringrosso poco al di sopra della base degli alberi minori, albero di gabbia, alberetto, che serve d’appoggio alle barre costiere della coffa o alle crocette o per dare alloggio alla puleggia della drizza.
Favria, 8.06.2018 Giorgio Cortese

Nella vita quotidiana bisogna avere radici forti per non farsi portare via dal vento delle preoccupazioni.

la scelta rivoluzionaria, il rododendro!
Il rododendro, per quanto è fragile se coltivato in pianura, è spesso preso come simbolo di “fragile incanto”, in verità in ambiente montano, che è poi quello d’origine, non se la cava male. E’ una questione di radici e di umidità, resta comunque un fiore molto usato per dichiarare amore, fragile o meno che sia, il sentimento che si desidera comunicare. Il nome del Rododendro deriva del greco rhodon, rosa en albero, l’albero delle rose, quindi significa, e proviene da varie zone: dall’Europa ma anche dalle montagne asiatiche e dai territori boreali del continente americano. Anche noi italiani abbiamo il nostro Rododendro che cresce spontaneo in tutto il Nord, è il Ferrugineum, detto anche Rosa delle Alpi e nel Nord-Est c’è anche l’Hirsutum, più comune. Ma questo fiore ha portato nel 1910 al diritto alle donne di votare nello Stato di Washington . Ma come avvenne? Nel 1893 durante l’esposizione universale di Chigaco Mary Cecil Cantrill rappresentante del Kentucky, il suo Stato natale, nel comitato femminile propose che ogni Sato scegliesse il suo fiore ufficiale. Nello Stato di Washington, in un’elezione tutta femminile, il rododendro prevalse su rosa canina, corniolo e trifoglio. Quell’elezione si rivelò rivoluzionaria. Se le donne potevano decidere il simbolo di uno Sato, allora erano in grado di votare i loro rappresentanti politici. Fu così che lo Stato di Washington, nel 1910 fu uno dei primi a concedere alle donne il diritto di voto.
Favria, 9.06.2018 Giorgio Cortese

Ricordiamoci che se mai dovessimo avere bisogno di una mano che ci aiuti, che ne troveremo una alla fine del nostro braccio. Abbiamo due braccia e due mani, una per aiutare noi stessi, l’altra per aiutare gli altri.
giorgioCorte