E sono 95! W gli Alpini del Gruppo di Favria. – Memorie di un alpino favriese. – Cappello, penna e nappina sono molto di più! – Brezel. – Laylat ul Bara’ah , Lailat al Barat. – Canté j’ov, canté j’euv! Cantare le uova! – A Pasqua cosa festeggiamo? – Sos pianeta blu! Giornata mondiale della terra. – San Giorgio ovvero il piacere della lettura. – E sono 95…. LE PAGINE DI GIORGIO CORTESE

E sono 95! W gli Alpini del Gruppo di Favria
Sono 95 gli anni trascorsi dal 1924, momento storico nel quale venne fondato il Gruppo Alpini di Favria! Un traguardo importante al quale il gruppo è giunto attraversando diversi periodi storici, che hanno visto confluire tra le sue fila i reduci di entrambe le guerre mondiali. siamo a Favria da 95 anni e in tutti questi anni siamo sempre stati spinti dalla solidarietà e senso del dovere, sempre speso senza riserve.Una solidarietà che vive nel quotidiano del sabato pomeriggio nelle quali la sede resta aperta per accogliere i soci e simpatizzanti. Per i festeggiamenti di questo importante traguardo delle “95 candeline” il Gruppoo Alpini offre mercoledì 24 aprile ore 21,00 presso il Salone Polivalente “Il concerto Alpino della Filarmonica Favriese che sarà intercalato da brevi letture di riflessione sui valori alpini con la Comunità di Favria, ingresso libero. Giovedì 25 aprile ritrovo presso la sede in piazza della Repubblica a Favria alle ore 9,30 alle 10,45 alzabandiera, ammassamento e sfilata per le vie di Favria. Ore 11,00 S. Messa presso la Chiesa Parrocchiale SS Pietro Paolo e Michele. Ore 12,00 deposizione Corone ai monumenti e saluto delle Autorità. Ore 12,30 Pranzo presso Agriturismo La Desiderata di Agliè- Strada per Feletto 2. Prenotazione obbligatoria anticipata cell. 3496954363 – 3474269564 oppure presso la sede del Gruppo entro e non oltre il 15 aprile. Ore 18 Ammaniabandiera. Sabato 1 giugno concerto del Coro Alpino Gruppo ANA di San Maurizio presso il Salone San Michele in piazza Martiri, vicino al Castello, ingresso libero. Siamo tutti fieri dell’importante traguardo raggiunto dagli alpini favriesi, ed è davvero grande soddisfazione quella di poter festeggiare 95 anni di vita e presenza sul territorio. Una ricorrenza che ha il sapore di trascorsi, emozioni, impegno civile, dedizione al proprio paese e legami indissolubili. Il Gruppo Alpini di Favria può essere paragonato ad una grande famiglia che vive gioie e di lutti quando un iscritto compie il passo avanti. Un Gruppo in cui i componenti si impegnano alternandosi a seconda delle proprie doti e disponibilità con l’obbiettivo di proseguire con rinnovato entusiasmo e impegno guardando con fiducia al futuro.
W gli alpini, ed evviva i Favriesi!
Favria, 15.04.2019 Giorgio Cortese

Che la luce del Risorto possa illuminare la nostra vita buia e apatica e ci renda capaci di accogliere con gioia i nostri fratelli e sorelle nel rispetto e amore.

Memorie di un alpino favriese
Sono un semplice alpino che da tantissimi anni fa parte del gruppo di Favria. Certo non ho i 95 anni del gruppo ma sono quasi vicino a quella veneranda età e ogni tanto mi capita di dire, con genuino orgoglio, con le persone che incontro, che sono un Alpino. Appena pronunciata la parola Alpino, mi accorgo che sul viso di queste persone, in tutti questi anni, appare un sorriso. Un sorriso che è sempre di simpatia e di grande stupore. Sono avanti con gli anni e non partecipo più, da tempo, alle adunate Mi viene da ripensare, allora, con la meraviglia di un bambino a tutte le adunate vissute e rivedo quei fiumi di penne nere avanzare per la stessa strada di tante Città, in tante regioni Italiane. Ci penso spesso poiché quella visione mi dà una grande forza proprio nei momenti nei quali mi sento stanco e troppo vecchio per affrontare le grandi battaglie quotidiane nell’arrivare a fine mese con la mia misera pensione, dopo una vita di sacrifici e rinunzie. Che belli quei momenti, con tutte quelle persone, che bello stare insieme, con l’animo traboccante di gioia, con gli sguardi di tutti da bocia al vecjo sempre avanti con speranza. Se ripenso a quei bei momenti mi prende una forte commozione e mi luccicano gli occhi. Mi domando allora quale forza misteriosa abbiamo dentro noi Alpini, e mi permetto di dirlo, nella mia grande ignoranza, che quasi certamente non esiste altra Associazione dove migliaia di persone che comunicano tra di loro ed annuncino anche ai non Alpini un bellissimo messaggio di fratellanza e di pace, un messaggio di dialogo e di tolleranza, il messaggio dei valori Alpini che ci accomuna. Io Alpino, ormai avanti negli anni, questa passione me la porto sul viso e nell’animo, nel ricordo delle sfilate, nello sguardo sereno, nel passo unico nell’avanzare vicini e compatti, senza alcuna incertezza, con il rumore di un unico scarpone. Ma finita la festa, non resto solo, perché torno sempre a casa con lo sguardo sereno, continuando a sentire la presenza degli amici commilitoni vicini e compatti nel suono di un unico passo, perché non torno a casa solo, torno ogni volta con tutti Voi nel cuore!
Grazie Alpini di Favria, Grazie Alpini di tutta Italia!
Favria, 16.04.2019 Giorgio Cortese

Perché lo spirito della Pasqua ci aiuti a trovare la gioia nelle piccole cose e ci doni la fede nel Signore che ha dato la vita per la nostra salvezza. Buona Pasqua a tutti Voi!.

Cappello, penna e nappina sono molto di più!
L’idea della penna per gli Alpini non venne dal nulla. Il copricapo doveva ricordare il Risorgimento dal quale era nato il Regno d’Italia, i cui confini settentrionali sarebbero stati presidiati dal nuovo corpo militare. Deriva infatti dal cosiddetto, cappello all’Ernani, chiamato così dal copricapo tondo e con la penna indossato dal protagonista dell’omonima opera lirica di Giuseppe Verdi (1844), che narra di un montanaro ribelle che si oppone alla tirannia spagnola. Già nel 1848 fu indossato come simbolo di patriottismo da molti volontari insorti contro il dominio austro-ungarico, prima di passare agli Alpini. La penna lunga circa 25-30 cm, è inserita sul lato sinistro del cappello, leggermente inclinata all’indietro. È di corvo, nera, per la truppa, d’aquila, marrone, per i sottufficiali e per gli ufficiali inferiori, d’oca, bianca, per gli ufficiali superiori e i generali. Il dischetto di lana, o nappina, sul quale viene infilata la penna distingue i battaglioni di ogni reggimento. Noi alpini che portiamo il cappello alpino siamo stati fortunati perché da giovani siamo stati chiamati ad una scuola che ci ha inculcato i valori che ora, da più o meno anziani, propugniamo con gli amici ed aggregati. Quel berretto è molto di più di un copricapo ma è il simbolo della nostra passione, un segno di distinzione positivo ed onorifico di cui andare orgogliosi, perché sotto ogni cappello trovo una persona onesta e sincera, nell’umiltà che lo caratterizza, e in quel volto ho riconosciuto l’alpino. Questa è la grande forza degli Alpini è essere nati come forza militare e aver saputo trasformarsi in un grande esercito di pace, accanto agli alpini in servizio e in armi, che sono per la società attuale il salvadanaio del cuore.
Favria, 17.04.2019 Giorgio Cortese

La Pasqua è un giorno speciale… è stata creata per donare gioia e felicità a tutti ed io spero con tutto il cuore che questo giorno doni gioia e felicità anche a Voi che mi leggete!

Brezel.
Si racconta che sia il cibo da merenda più antico del mondo. La sua origine si colloca nei monasteri del sud della Francia e nel nord Italia, intorno al 610, dove i monaci producevano con i resti dell’impasto delle striscioline che ricordavano le braccia di un monaco incrociate a mo’ di preghiera. I tre buchi che si formavano, rappresentavano la Santissima Trinità. I monaci davano i brezel come premio ai fanciulli che imparavano a memoria versi e preghiere della Bibbia. Furono chiamati per tal motivo pretiola, ovvero ricompensa, e poi italianizzati come brachiola. In seguito i pretiola attraversarono le Alpi e in Germania divennero conosciuti come brezel. Prima consumati mezzi crudi, divennero tostati grazie a un fornaio che si addormentò sul posto di lavoro. Ritratti in un libro di preghiere, si dice che fossero augurio di fortuna, prosperità e completezza spirituale. Divennero anche cibo pasquale in Germania nel 1450. Una leggenda racconta che i brezel arrivarono nel nuovo mondo sul Mayflower. Quello che è certo è che i brezel arrivarono in America nel 1710, grazie agli immigrati tedeschi.
Favria, 18.04.2019 Giorgio Cortese

Non c’è rinascita senza morte e Pasqua senza croce. Buona Pasqua, accogliete tutti questo augurio, pieno di speranza, pieno di energia. La vita è bella se è nuova, è nuova se è buona, se è saggia, se è forte, in una parola, se è cristiana.

Laylat ul Bara’ah , Lailat al Barat
Festa celebrata nel quattordicesimo giorno del mese di Sha’aban, l’ottavo mese del calendario islamico. Si commemora l’entrata del profeta Maometto nella città della Mecca. Durante questa festa, che quest’ anno cade il 21 aprile i musulmani pregano tutta la notte per essere perdonati per i loro peccati dell’anno precedente. Durante queste preghiere ad Allah, alcuni musulmani digiunano. In alcuni paesi musulmani è consuetudine visitare le tombe dei defunti e fare l’elemosina.
Favria 19.04.2019 Giorgio Cortese

La bontà è più facile da riconoscere che da definire

Si sente nell’aria quel dolce profumo che sa di pace e d’amore che dipingere sulla tela di questo giorno la gloria e la resurrezione di nostro Signore “Gesù Cristo”. Buona Pasqua a chi ne apprezza il suo vero significato.

Canté j’ov, canté j’euv! Cantare le uova!
Il “cantare le uova” è una questua primaverile che affonda le radici nel territorio piemontese e in particolare quella terra storicamente appartenuta al dominio dei Marchesi del Monferrato. Un tempo erano solo i giovani del paese, che di notte giravano tra le cascine chiedendo cibo, vino e anche dei soldi con cui organizzare il pranzo del lunedì di Pasquetta. Era l’occasione per fare scorpacciate di uova, simbolo di fertilità, e bisboccia, ma anche di cantare e suonare tanta musica. Oggi molte comunità mantengono ancora vive queste tradizioni soprattutto nel Monferrato, nelle Langhe e nel Roero. In verità il canto delle uova era fatto per l’inizio dell’anno nuovo e hanno una consolidata tradizione anche nel Sud italiano con il canto della Strina le “Kalanda” “calendae” in latino, usanza che c’è in Romania, che significa che sta per iniziare il mese e l’anno nuovo, ma pian piano è scivolato verso tempi più miti. I giovani si fermavano nell’aia delle cascine: gli abitanti della casa offrivano da bere, mentre il coro intonava delle strofe, dedicate alla donna, al capo di casa, alle figlie giovani cui si augurava un felice matrimonio. Questo evento avveniva anche nella settimana di Pasqua dopo il tramonto, un gruppo di giovani partiva a piedi dal paese, capitanati da un falso fraticello elemosiniere e andava vagando per la campagna di cascina in cascina, a chiedere le uova in cambio di una canzone benaugurale. Una mescolanza di sacro e profano memore di rituali ancor più antichi, quando si credeva che la terra avesse bisogno di essere ridestata dal sonno dell’inverno! La visita era funzionale anche al ripristino delle convivialità interrotte durante l’inverno, quando il freddo e la neve isolavano la comunità dentro alle rispettive abitazioni. I prodotti ricavati dalla questua sarebbero serviti per imbandire un pranzo comunitario il lunedì dell’Angelo (Pasquetta) o più prosaicamente a riempire la pancia dei questuanti che evidentemente non se la passavano molto bene economicamente. La canzone era una specie di filastrocca in dialetto piemontese: “Suma partì da nostra cà, ca i-era n’prima seira, per venive a salutè, devè la bun-ha seira…”, Siamo partiti dalle nostre case che era da poco sera, per venirvi a salutare e darvi la buona sera. Per quanto i versi fossero improvvisati c’erano delle strofe “pronte all’uso” da adattare alla famiglia presso la quale si cantavano le uova, una buona parola per le vedove, un complimento per la padrona e per le belle figlie, a cui seguivano le strofe benaugurali per la salute delle persone e delle bestie della cascina, la prosperità dei raccolti e l’arrivederci al prossimo anno. Poi seguivano altre strofe, molte altre strofe, in cui si invitava il padrone di casa a uscire e consegnare un po’ di uova. Il padrone il più delle volte usciva per davvero, magari assonnato nel primo sonno, con i pantaloni ancora in mano, e faceva scivolare una dozzina d’uova in una cesta portata a braccio da uno strano figuro, il fratucìn, che era poi nient’altro che un ragazzo vestito da frate. Dalla cascina le ragazze da marito spiavano i giovanotti stando dietro l’uscio, eppure i giovanotti più intraprendenti riuscivano a corteggiare la ragazza prescelta, un gioco di sguardi alla finestra, un bigliettino o un fiorellino, ma anche un oggetto più personale come un fazzoletto, potevano passare rapidamente di mano, e forse nella confusione generale qualcuno riusciva a scambiarsi un bacio. Dunque succedeva di tutto un po’ in quei cortili di cascina illuminati solo dalla luna, quando c’era: i cantori cantavano, il padrone, o la padrona, di casa per lo più stava al gioco e, dopo essersi fatta attendere un po’, si affacciava all’uscio con le uova in mano, quindi potevano accadere molte cose: che i cantori ringraziassero, sempre con il canto, la padrona per poi riprendere il cammino verso un’altra cascina, oppure che il padrone di casa, ormai ben desto, facesse entrare in casa o in cantina i ragazzi, offrendo loro un scodella di buon vino rosso e tagliando il salame fatto in casa. Erano rare le volte in cui il padrone di casa non voleva proprio saperne di uscire: in quei casi i ragazzi se ne andavano maledicendo la cascina e i suoi abitanti, in particolare gli animali e il raccolto.
Favria, 20.04.2019 Giorgio Cortese

Che la Pasqua ci serva per riflettere. Pasqua vuole dire passaggio e allora cerchiamo di vivere la vita come un attimo bellissimo per lasciar fiorire nuovi attimi ancora più belli. Buona Pasqua.

A Pasqua cosa festeggiamo?
Questa domanda mi viene rivolta da conoscenti non credenti o da fedeli di altre religioni, che cosa festeggiamo alla Santa Pasqua? Che significano l’uovo di cioccolato, l’agnello, il capretto sui nostri tavoli? Che festa complicata. Oscura. Incredibile. Nel senso che è quasi impossibile credere a quel che accade in questo giorno e molti si arrendono alla devozione, per non mostrare incertezze a coloro che non credono, ma a volte non capiamo, forse non crediamo nemmeno noi. È più comodo il Natale: nasce come noi, il supposto figlio di Dio, e lo sforzo che ci viene chiesto è di credere che sia colui che dice di essere: il non credente non si scandalizza, ci consente di avere la nostra opinione come lui possiede la sua, di opinioni, si sa, se ne possono avere quante se ne vogliono. Non sono impegnative, le opinioni. Ma a Pasqua tutto cambia: non muore come noi, cioè, muore ma poi vince la morte, e ricompare Risorto e nella tomba non c’è più. I non credenti i neo pagani, come li chiamo io dicono già lo hanno portato via, nascosto, sepolto altrove. Ma come fate a credere ancora? A queste affermazioni rimangono per un tratto instupidito, fragile e imbarazzato. Ma poi nel cuore irrompe la gioia dell’animo, credono nella resurrezione dei copri che Nostro Signore ha vinto la morte! Certo la società, ed i media sono contro quello che andiamo sostenendo, vieni tollerato se parli di fantascienza e di stupidaggini, ma a tutto c’è un limite! Se timorosamente avanzo l’ipotesi che la morte è sconfitta, iniziano i sorrisini sarcastici e i soliti saccenti mi dicono che piuttosto che perdere tempo in una chiesa è meglio andare a un happy hour o a una conferenza su chi demolisce il Vangelo. Certo è difficile, la Pasqua, disturba la Pasqua per noi credenti, perché la notizia è rivoluzionaria, perché sbatte contro il muro dell’umana indifferenza di come sia possibile credere che qualcuno la scampi dalla morte? Come è possibile crederlo quando, ormai, molti mettono in discussione la scienza ufficiale sui vaccini affidandosi a degli acchiappafessi? Quando ormai il passa parola universale è di non fidarci di nessuno e cosi viviamo Tranquilli, a Pasqua, fratelli di fede rialziamo la testa! A Pasqua le cose sono diverse: qui è la vittoria della vita sulla morte, il grande nemico che inquieta e avvelena le nostre giornate è stato sconfitto! Sembra incredibile ma è così. Il cuore fa fatica a stare dietro alla buona notizia, per questo ha bisogno di allenarsi contro ogni evidenza contraria. Un saluto diventa allora l’occasione per rigustare la dolcezza del cuore del Vangelo e dire a tutti che Cristo è veramente risorto, la morte non fa più paura, buona Pasqua a tutti!
Favria 21.04.2019 Giorgio Cortese

La Pasqua è la festa di chi crede nella bellezza dei piccoli gesti, e di chi sa che la vita sa stupire oltre ogni aspettativa. Che la gioia pervada il Vostro cuore e Vi regali felicità inattese.

Buona Pasqua ai miei amici, conoscenti vicini e lontani. Buona Pasqua a chi la pensa come me, ma soprattutto a chi la pensa diversamente da me perché solo così mi ha dato la possibilità di crescere. Buona Pasqua a chi è solo, a chi è negli ospedali ed a chi è nelle carceri. Buona Pasqua ad ognuno di noi perché l’amore e la serenità regnino nei nostri cuori. Per Pasqua festeggiamo l’amore che Dio ci ha donato. Nessuna distanza e niente nel creato potrà separarci dall’amore di Dio. Perché tu possa sentire la Sua onnipotente presenza in ogni momento della tua vita Buona Pasqua. Auguri!

Sos pianeta blu! Giornata mondiale della terra
La giornata della terra è un giorno dedicato all’ambiente alla salvaguardia del pianeta: ogni anno il 22 aprile vengono organizzate manifestazioni in tutto il mondo, durante le quali si sensibilizza al tema dell’ecologia e ci si informa sullo stato di salute del nostro pianeta. Una grande manifestazione ecologista, insomma, che nasce proprio da un gravissimo disastro ambientale che ha coinvolto gli Stati Uniti nel 1969: la fuoriuscita di petrolio da un pozzo della Union Oil. Questo evento portò il senatore democratico Gaylord Nelson ad interessarsi maggiormente delle questioni ambientali, e le persone a partecipare attivamente interessandosi del problema. Furono tantissimi i cittadini americani che parteciparono alla prima Giornata della Terra il 22 aprile 1970 – si parla di 20 milioni di persone tra cittadini, università, istituzioni, al punto che l’anno seguente, L’ONU ufficializzò la sua partecipazione e il suo impegno all’iniziativa. Ad oggi sono 175 i paesi coinvolti. Ogni anno in occasione della Giornata della terra si fa un punto sullo stato di salute del pianeta e, in alcuni casi, si firmano accordi internazionali per la riduzione delle emissioni o sull’utilizzo dell’energia green. Per la riduzione del riscaldamento globale di certo molto può e deve essere fatto dai vari stati. Ma c’è qualcosa, qualche piccola azione, che può essere portata avanti anche dai singoli cittadini. C’è qualcosa, in sostanza, che possiamo fare anche noi ogni giorno: usare lampadine fluorescenti al posto di quelle ad incandescenza, perché non solo usano il 60% di energia in meno, ma immettono molta meno anidride carbonica nell’atmosfera. Spegnere le luci in casa quando non siamo in quella stanza, può sembrare banale, ma per molti non lo è affatto. Evitare di lasciare TV e computer in stand-by, perché anche cosi si consuma energia elettrica, più di quanto immaginiamo. Usare meno plastica e se posso non possiamo evitarla, almeno il minimo. E poi usiamo detersivi alla spina, certo che esistono, oppure acquistare liquidi in bottiglie da due litri invece che da un litro. Cerchiamo di usare contenitori lavabili invece di quelli usa e getta: per esempio, se devi portare a scuola il pranzo o la merenda, fallo in contenitori di plastica o vetro da riutilizzare il giorno dopo. E se dobbiamo muoverci cerchiamo di usare se possiamo i mezzi pubblici
Favria, 22 aprile Giorgio Cortese

Nella vita l’emozione è simile ad un cavo intermittente, fa battere il cuore, in sua mancanza si spegne tutto.

San Giorgio ovvero il piacere della lettura
Leggere è un piacere che non tutti si concedono. Per mancanza di tempo, dicono, o perché i libri costano troppo. Alibi quasi sempre, solo a volte realtà. E, quanto al tempo, se c’è quello per nutrire il corpo, dovrebbe essere più prezioso ritagliarsi quello per l’anima. Leggere apre finestre sconosciute sul mondo, aiuta a conservare i miei sogni, dà linfa ai sentimenti, fa avvicinare al significato dell’esistenza, insomma i libri ci cambiano la vita. Ci sono libri che, se incontrati al momento giusto, sono in grado di guidami ed ispirarmi Leggere è un piacere strettamente collegato con l’abitudine. L’abitudine viene da sé, e il piacere si rinnova un libro dopo l’altro. Leggo per distrarmi, per informarmi, per imparare. Leggere è una forma di educazione sentimentale, civile e intellettuale. E il libro è, a mio avviso, lo strumento per rilanciare la nostra cultura: è un mondo alternativo al mondo, è quell’oggetto silenzioso che senza muoversi e senza far rumore può aprirsi e consegnarmi solo a me se sono capace di interrompere temporaneamente la comunicazione con l’esterno creando così quel vuoto di mondo reale di cui necessita, per “accadere”, un mondo possibile. Quando mi avvicino ad un libro scopro sempre nuove emozioni e, a volte, addirittura contribuisce a imprimere una svolta al mio essere. Provare, anzi leggere, per credere, i libri cambiano la vita!
Favria 23.04.2019 Giorgio Cortese

Per me sono odiose, come le porte dell’Inferno quelle persone che occultano una cosa nel loro animo e ne dicono un’altra.

E sono 95….
Sono 95 gli anni trascorsi dal 1924, momento storico nel quale venne fondato il Gruppo Alpini di Favria! Un traguardo importante al quale il gruppo è giunto attraversando diversi periodi storici, che hanno visto confluire tra le sue fila i reduci di entrambe le guerre mondiali. Una ricorrenza che ha il sapore di trascorsi, emozioni, impegno civile, dedizione al proprio paese e legami indissolubili continuerà domani con ritrovo alle ore 10,00 davanti al Comune con alza bandiera, ammassamento e sfilata fino in Chiesa per la S. Messa e successivo pranzo. Inoltre il 1 giugno ci sarà nel salone San Michele un concerto della corale DEL Gruppo ANA di San Maurizio. Gli Alpini sono presenti in Favria da 95 anni e in tutti questi anni siamo sempre stati spinti dalla solidarietà e senso del dovere, sempre speso senza riserve.
Una solidarietà che vive nel quotidiano del sabato pomeriggio nelle quali la sede resta aperta per accogliere i soci e simpatizzanti. Questa sera, 24 aprile, gli Alpini si preparano ad iniziare i festeggiamenti dell’importante traguardo delle “95 candeline” offrendo a tutti il concerto della Filarmonica Favriese ricco e variegato da brevi letture di riflessione sui valori alpini con la Comunità di Favria. Come favriesi dobbiamo essere tutti fieri dell’importante traguardo raggiunto dagli alpini favriesi, ed è davvero grande soddisfazione quella di poter festeggiare con loro i 95 anni di vita e presenza sul territorio.
W gli Alpini, W i Favriesi ed evviva L’Italia!
Favria , 24.04.2019 Giorgio Cortese

Troppe persone sopravvalutano ciò che non sono e sottovalutano ciò che sono.
giorgio3