Da contag a countach! – L’assillo con la passione di fare bene il bene. – La calma degli Alpini. – Il canto delle sirene. – Manteniamo la calma! – Arco e freccia! – Da sacmat a sacocin!…LE PAGINE DI GIORGIO CORTESE

Da contag a countach!
La Countach rappresenta la quintessenza della leggenda Lamborghini. Il nome nasce da una espressione di stupore piemontese contacc o countcah detto e la leggenda narra che tale esclamazione sia stata pronunciata da un addetto alla vista del prototipo dell’auto. Questa espressione in italiano corrisponde ad accidenti, perbacco. Questa esclamazione di meraviglia ma anche esclamazione di dispetto e noia, potrebbe derivare dal verbo piemontese contè, con il significato di contare, enumerare, raccontare oppure da contagioné, letteralmente contagio dal latino contagium, peste, questa ultima espressione sul contagio ebbe la sua massima diffusione in Piemonte in ambiente medico e sanitario, con le famose pestilenze di peste del 1559 e del 1630. Il termine venne utilizzato nell’espressione “et tacheissa el contag” di uso comune nella milizia ed esercito piemontese Unità D’Italia.
Favria, 10.03.2020 Giorgio Cortese

Nella vita quotidiana non c’è ricchezza che possa comprare il respiro dell’emozione.

L’assillo con la passione di fare bene il bene.
Il 28 febbraio ho compiuto 62anni e mi sembra di essere sceso solo da allora nella trincea, della battaglia della vita. Tra il 28 di febbraio, giorno del mio compleanno e poi, la coda nei giorni successivi dei sempre graditi ritardatari, ho ricevuto più di 1721 auguri di buon compleanno, tra sms, telefonate, mail, social e di persona i più graditi. Questa mattina guardandomi allo specchio mi sono visto invecchiato nel viso con capelli e barba bianca, ma con l’animo dove diventano sempre più flebili ansie e timori, tipici dei giovani che vogliono crearsi una posizione e farsi largo nel mondo. Nella mia mente e nel cuore del mio animo oggi assumono una luce diversa aspetti trascurati perché pressati dall’ assillo della autoaffermazione degli anni giovanili, di stare al passo con una società sempre più esigente e competitiva. Oggi aumenta in me il valore attribuito a piccole cose che rallegrano il cuore e infondono serenità come lo sguardo dei miei cari e di un amico, felice di incontrare il mio, la collaborazione con i colleghi per lavorare con passione, con rispetto delle persone che incontro e anche dell’ aiuto dato o ricevuto. Penso al ricordo struggente di tutte le traversie affrontate e superate in passato nel cammino che chiamo vita, e anche il lieto ricordo dei compagni di viaggio cui ho voluto bene e che mi hanno lasciato, ma sono là ad attendermi alla fine del mio umano cammino. Mah, forse sto diventando uno pochino saggio, che non è prudenza, non è cautela, bensì ciò che mi dà forza e discernimento nel continuare a camminare la vita quotidiana con passione e curiosità nell’apprendere sempre nuove nozioni. Personalmente ritengo che la passione sia il motore di ogni cosa, intendiamoci di ogni cosa ben fatta, per fare del bene bene, anche con il lavoro o delle azioni quotidiani marginali come un semplice grazie. Purtroppo molti sono convinti che a fare girare il mondo siano i soldi ed allora guardano al loro interesse immediato, e, in questo caso, presto o tardi, anche i soldi smetteranno di girare e si troveranno soli con i loro rimpianti e paure. Invece chi ha la passione fa ogni cosa con amore, con energia e con divertimento, coinvolgendo tra l’altro chiunque sta intorno. Certo non è facile agire ed amare il prossimo lavorando con onestà, rispetto con assoluta dedizione, perché è l’unica salvezza rimasta contro l’appiattimento del gusto, contro l’imbarbarimento estetico, professionale, relazionale, umano di questa nostra strana contemporaneità. Ed io affronto il mio cammino dopo i 62 anni come se ne avessi solo 26 con entusiasmo ed ottimismo e parafrasando un antico slogan, potrei dire che solo la passione potrà salvare il mondo.
Buona vita a tutti ed ancora 1721 grazie e a presto
Favria11.03.2020 Giorgio Cortese

Anche sul più alto trono del mondo siamo sempre seduti sul nostro sedere.

La calma degli Alpini.
La recente paura dell’influenza, ancora senza vaccino, denominato coronavirus ha creato del panico ingigantito dalle solite false notizie che circolano in rete e sui social. E allora per ritornare coi piedi per terra parlo della calma degli Alpini, ossia una virtù, oggi assai rara, ma che prospera ancora nell’animo degli Alpini. Gli Alpini con il loro spirito Alpino mantengo la calma quando tutto intorno sembra crollare pensando al prossimo raduno nazionale senza preoccuparsi troppo delle false notizie che prevedono per il futuro scenari apocalittici. Gli Alpini sono gente concreta che ama la montagna e sanno per esperienza che quando tutto intorno sembra crollare loro rimango calmi, raccogliendo le sparute idee chiare rimaste e si fanno forza con spirito di sacrificio e movendosi con naturale lucidità. Dice un proverbio popolare, la saggezza dei nostri avi, che la calma è la virtù dei forti, di quelli che non si lasciano prendere dal panico o da istinti non controllati. Il non ragionare ma lasciarsi guidare dal panico è purtroppo un virus pericoloso che attecchisce sempre di più in una società che è oppressa dalla paura dello spread, una parola che molti non sanno neppure cos’è, allarmati dalla siccità, dalla bassa natalità nel Patrio Stivale e poi l’ecologia e il nucleare. Il panico prospera in questa società dove tutto sembra facile e alla portata di un click e manca dello spirito Alpino fatto di sacrificio ed impegno. Contro tutti questi virus che portano ansia e paura fonte di malattia per la società attuale diviene necessario il vaccino costituito dallo spirito Alpino che come effetto collaterale positivo porta negli animi anche un poco di serenità. Non dico che gli Alpini sono migliori ma tra di loro pur con tutti gli umani difetti la verità viene trasmessa con il rispetto delle regole a tutti i costi, comprese quelle ingiuste, perché se mancano questi principi la paura prenderebbe il sopravvento e sarebbero l’ansia a dominarci e a farci prendere delle decisioni dettate solo dall’irrazionale istinto.
Favria, 12.03.2020 Giorgio Cortese

La vita è bella, perché ogni giorno ricomincia. E ciascuno ha i suoi colori, la sua musica, i suoi profumi. Le sue opportunità. Ogni giorno ricomincia e ci offre la possibilità di iniziare ad essere noi stessi

Il canto delle sirene.
Oggi siamo da una parte preoccupati dall’infezione del coronavirus, la cinese, arrivata in Italia dopo cento anni dalla spagnola di nefasta memoria e dall’altra parte siamo sommersi e non da adesso da un proliferare di false notizie che creano panico e in alcuni casi distorcono notizie vere rendendole terribili. Personalmente mi attengo con calma alle indicazioni che vengono fornite dal Governo ma questo clima mi ricorda la favola del grande Fedro il quale racconta che vi era un albero di quercia che ospitava tre famiglie di animali appartenenti a specie differenti. In alto, lungo i suoi rami, un’aquila aveva costruito il proprio nido e covato le uova. Un cinghiale si era, invece, scavato un rifugio tra le radici di esso. Infine, un gatto aveva trovato in un punto mediano dell’albero il suo rifugio. Per molto tempo l’aquila e il cinghiale condussero le proprie vite ignorandosi vicendevolmente. Fu il gatto a mettere lo zampino e a salire fino al nido dell’aquila per confidarle dei perversi piani del cinghiale. Questi, a detta del gatto, era intento a indebolire le radici della quercia al fine di divorare i piccoli aquilotti. L’aquila, onde evitare ciò, avrebbe dovuto agire il prima possibile uccidendo i piccoli di cinghiale e interrompendo qualunque lavoro sotterraneo. Poi il gatto andò dal cinghiale e gli raccontò come la posizione dell’aquila, in cima all’albero, fosse particolarmente favorevole per quest’ultima per cibarsi dei suoi piccoli. Il cinghiale, per salvare i suoi cuccioli, avrebbe dovuto scavare sotto le radici e far cadere l’albero. Seminando così il panico, né il cinghiale né l’aquila osarono più lasciare incustodito il proprio rifugio e morirono di fame. Alla fine, il gatto divorò i corpi e, per qualche giorno, non dovette più cacciare. Ecco il panico e le false notizie che portano delle persone a rimanere paurose e preoccupate più del dovuto. I seminatori di panico sul mare dei social vivacizzano le paure delle persone, aumentandole ogniqualvolta esso appaia utile e proficuo. Gettano sale sulle ferite generando dubbi tra il popolo. Essi sono come le sirene omeriche che “…con limpida voce ammaliano, sedute tra i fiori di un prato; alti biancheggiano intorno cumuli d’ossa umane con pelli disfatte…(Odissea). Circe sempre nell’Odissea ammonì Ulisse che assecondare il canto delle sirene gli avrebbe impedito di rivedere Penelope e Telemaco tra la pietrosa Itaca, anche noi siamo esortati ad assumere tutte le misure necessarie per evitare il propagare la proliferazione delle false notizie che danneggiano solo. Allora ad ogni notizia invito a verificare la fonte con calma per vedere se è vera o falsa, peggio notizia vera volutamente modificata con informazioni false. Eppure, riconoscere i diffonditori, novelli untori, di notizie false non è così facile. Alleniamoci ogni giorno a vagliare qualunque affermazione per escludere quelle false o quelle presunte vere. Solo in questo modo non ci vedremo riflessi nella favola di Fedro dell’albero di quercia abitato da tre famiglie.
Favria, 13.03.2020 Giorgio Cortese

Buona giornata. Nella vita quotidiana non è mai troppo tardi per essere ciò che avremmo voluto essere.

Manteniamo la calma!
Carissimi amici, concittadini, conoscenti purtroppo dobbiamo convivere con il coronavirus che è arrivato sino a noi. La pandemia in questi casi finisce per essere sempre quella dell’insicurezza e dell’ansia. Il coronavirus sembra essere diventato oggi anche un sintomo di una più generale condizione di paura che ci portiamo dentro. Le uniche cose sensate da fare adesso è quella di lavarci spesso le mani, coprirci il naso e la bocca quando starnutiamo e mantenere pulite e disinfettate le superfici. Ma evitiamo di fare polemiche inutili, non diamo seguito a tutti messaggi fuorvianti che appaiono sulla rete social, ma viviamo serenamente, questa è la vera forza della vita quotidiana, evitando di diffondere false notizie che solo fonte di panico ingiustificato.
Favria, 14.03.2020 Giorgio Cortese

La vita è composta per il 10% cosa mi accade e per il 90% come reagisco.

Arco e freccia!
Leggendo una favola di Esopo in cui un’Aquila, simbolo di Zeus, resta ferita da una freccia costruita con le piume di un altro rapace appartenente alla sua famiglia, mi ha fatto pensare al tiro con l’arco e di quanto mi ha raccontato un cliente per la sua passione per questo sport, una disciplina le cui caratteristiche consentono a chi la avvicina di capire davvero cosa significa recuperare uno spazio di relax dove sei solo tu, l’arco, il bersaglio e il campo di tiro. Questo mi amico mi diceva certo se sei uno di quegli arcieri che è ossessionato dal fare sempre centro forse può risultare un po’ stressante, ma diversamente è davvero un momento di concentrazione e astrazione dal ritmo frenetico della vita quotidiana. Tendere l’arco infatti coinvolge pettorali, braccia, spalle e mani. Inoltre il movimento favorisce una corretta postura e migliora il flusso del sangue con i giovamenti connessi. Più che uno sport, il tiro con l’arco può essere definito come uno specchio della vita. L’arco può essere paragonato ad un mezzo per affermare noi stessi, per vincere e superare problemi. Impugnare l’arco è come impugnare totalmente la nostra vita, incoccando la freccia risalgono a galla tutti i problemi che attraverso lo scocco di quest’ultima sfuggono via.
Favria, 15.03.2020 Giorgio Cortese

Nella vita quotidiana più dura è la battaglia nel superare i problemi quotidiani, più dolce è la vittoria alla sera.

Da sacmat a sacocin!
In piemontese è caratteristica l’esclamazione: “sacocin!” Il sacocin corrisponde all’italiano caspita, accidenti ma letteralmente è il taschino della giacca o il borsellino da portare sotto l’ascella o alla cintura e allora perché questa espressione curiosa. La radice è nella parola sach, sacco che deriva dal francese sacoche. Ma forse l’origine di sacocin proviene dall’antico tedesco Sackman, predone, masnadiero, in origine soldato addetto alle vettovaglie. In italiano, troviamo la voce saccomanno o saccardo che da originario addetto ai servizî e alle salmerie degli eserciti del Medioevo e del Rinascimento era divenuto poi il servitore del cavaliere, che, nelle battaglie, forniva armi di ricambio, con l’incarico del colpo di grazia o di catturare i prigionieri a scopo di riscatto. La voce se viene scomposta è composta da sack, sacco e man, uomo e sarebbe arrivata nella lingua piemontese dall’antico francese sacman o sacquement, soldato dedito alla razzia, predone. Da li la voce saccomannare con il significa di saccheggio, mettere a sacco!
Favria, 16.03.2020 Giorgio Cortese

Nella vita di ogni giorno qualunque cosa io posso fare, qualunque sogno io possa sognare, comincio adesso, perché l’audacia reca in sé genialità, magia e forza.
giorgio1