Coprifuoco! – Cornetta e guidone! – Domani vinceremo…. – La magia dell’inverno. – Dal bosso allo scombussolare – Balme, frazione di Valprato – Donazioni Fidas zona 2 a dicembre…LE PAGINE DI GIORGIO CORTESE

Coprifuoco!
Il termine coprifuoco ha origine nell’antica usanza per cui, ad una determinata ora della sera, per prevenire gli incendi, bisognava coprire il fuoco con le ceneri per spegnerlo, così come era richiesto lo spegnimento di lumi e lanterne nelle ore notturne. La pratica era adottata nel Medioevo per ridurre i rischi di incendi accidentali che, durante la notte, avevano maggiore probabilità di propagarsi. L’usanza del coprifuoco è nata in Francia nel XIII secolo. Era una misura adottata per prevenire gli incendi, soffocando il fuoco sotto la cenere o coprendolo con una lastra di ghisa. Si viveva, all’epoca, in case altamente infiammabili, di legno soprattutto. Il rintocco di una campana segnalava, in città e nei villaggi, che era l’ora di spegnere le fiamme, per prevenire incendi che avevano causato tragedie e devastazioni enormi. Il couvre-feu era quindi una misura molto diversa da come intesa attualmente, ma l’idea che consiste nel prendere una misura liberticida per prevenire il diffondersi di una situazione pericolosa, incendio, virus, violenza, è rimasta. Fu il duca di Normandia Guglielmo il Conquistatore a evolvere il termine. Dopo la sua incoronazione a re d’Inghilterra nel 1066 istituì il coprifuoco per sedare qualsiasi ribellione dei Sassoni appena sottomessi. L’espressione inglese cur-few, viene infatti anch’essa dal francese. Guglielmo il Conquistatore non poteva certo permettere ai suoi nuovi sudditi sassoni di organizzare raduni e cospirazioni contro il suo potere nel cuore della notte. Così il coprifuoco imposto dall’autorità regia scoccava tutte le sere alle 08:00 ed era finalizzato a tenere le persone lontane dalle strade e, di conseguenza, impedirne i raduni. Il coprifuoco “guglielmino” restò in uso fino al 1103, quando il Re Enrico I (ca. 1068-1135 d.C.), abolì finalmente la curfew law. Era il coronamento della sua politica di integrazione tra sassoni e normanni, culminata con l’emanazione dello “Statuto delle libertà” nell’anno 1100. La Francia ha intrattenuto un legame piuttosto stretto con questa misura, e non solo in termini etimologici. Durante la Seconda Guerra Mondiale venne imposto sia dagli occupanti tedeschi per impedire le azioni della Resistenza che dalla popolazione in “difesa passiva”, per proteggere i civili dai bombardamenti alleati. Quello più severo venne imposto nel febbraio 1942: obbligo di restare in casa dalle 20:00 alle 6:00. Il coprifuoco venne instaurato anche in Algeria dal 3 aprile 1955, durante la guerra, a causa degli attentati del Fronte di Liberazione Nazionale (FLN). L’ordinanza venne adotta anche a Parigi, nell’ottobre 1961, ma solo nei confronti dei “francesi musulmani d’Algeria”, sospettati di essere dei combattenti indipendentisti. Decine di migliaia di algerini manifestarono pacificamente contro la misura il 17 ottobre. La protesta venne repressa con la violenza: più di un centinaio di algerini vennero uccisi e alcuni corpi furono ritrovati nella Senna. Nel 2005 il coprifuoco interessò 25 departmants di Parigi: lo stato di urgenza era stato proclamato dopo l’esplosione delle proteste nelle banlieues per la morte di Zyed Benna e Bouna Traoré, 17 e 15 anni. I due furono fulminati da un trasformatore all’interno di una cabina elettrica. Secondo ricostruzioni giornalistiche erano inseguiti dalla polizia. L’orario andava dalle 22:00 alle 5:00. Dopo gli attentati islamisti di Parigi e Saint-Denis, nel 2015, il Presidente François Hollande proclamò lo stato di emergenza su tutto il territorio francese, con la possibilità per i prefetti di instaurare il coprifuoco. L’ultima volta che la misura è stata disposta in Italia era il luglio 1943. Il ministro Badoglio succeduto a Mussolini ha indetto per l’Italia lo stato d’assedio con la legge del coprifuoco. In tutte le città viene creato il Commissariato Militare, scrivevano i giornali. La Seconda Guerra Mondiale era ancora in corso. Il fascismo era caduto: il Gran Consiglio Nazionale del Fascismo aveva votato la decadenza del duce e dittatore Benito Mussolini. Dalle 20:00 alle 6:00 si doveva restare chiusi in casa. Le norme cambiarono più volte fino al 1944. L’8 settembre 1943 l’Italia firmò l’armistizio con gli Alleati. Una sorta di lockdown, non ufficialmente dichiarato, fu causato nel 1973 a causa della crisi energetica del 1973, quando i Paesi Arabi aumentarono drasticamente il prezzo del petrolio. L’Italia era nel pieno degli Anni di Piombo. La crisi impose quindi di risparmiare e il governo varò un programma definito “austerity”. Venne anticipata la chiusura di cinema e ristoranti e ridotta l’illuminazione notturna. Oggi con l’espressione coprifuoco o coprifòco si intende il divieto straordinario di uscire durante le ore serali e notturne imposto dall’autorità per motivi di ordine pubblico, in situazioni di emergenza. Nel gergo giovanile il coprifuoco è quello imposto dai genitori/tutori per indicare l’orario di rientro a casa.
Favria, 24.11.2020 Giorgio Cortese

Nella vita il coraggio è resistenza alla paura e dominio della paura, ma non assenza di paura.

Cornetta e guidone!
Cornetta, nome derivato da corno, sul modello del francese cornette, era il nome del grado dell’ufficiale di cavalleria che portava la cornetta, bandiera con battente a due punte, con sagomatura di varia foggia, utilizzata come insegna di comando del reparto. Il grado di cornette in Francia, corrispondeva a quello attuale di sous-lieutenant, sottotenente, ed era l’equivalente di enseigne, alfiere, il vessillifero, chi porta le insegne, parola che deriva dallo spagnolo alfèrez, dall’arabo al faris, cavaliere. L’alfiere nella fanteria era l’ufficiale portabandiera, il suo ruolo in battaglia era quello di custodire lo stendardo della compagnia. Da allora il termine cornetta iniziò a prendere il significato stesso di stendardo. Il grado fu creato alla fine del XVII secolo per i reggimenti della cavalleria francesi “colonel général” e “mestre de camp général” prima di assumere il significato generale tra il 1756 et 1757. Nelle compagnie di dragoni, si utilizzava invece il termine guidon, guidone, per designare il grado equivalente a quello di cornetta. La parola guidóne, deriva dal provenzale, guidon, con il significato di guidare. Anticamente era un piccolo stendardo a colori vivaci portato dalle guide delle schiere armate, che serviva per allineare i drappelli e squadriglie questa ultima parola dallo spagnolo escuadrilla, diminutivo di escuadra, squadra, drappello di soldati, in marina almeno quattro unità navali. Tornando al guidone, il nome divenne in seguito il drappello stesso dei soldati raccolti sotto l’insegna di un guidone. Questo grado è esistito anche nella cavalleria di paesi come la Svezia, kornet, in quello della Russia imperiale, in russo kophet. Oggi il grado di cornetta è ancora utilizzato nei Paesi Bassi, artiglieria e cavalleria, e in alcuni reggimenti dell’esercito britannico: i principi Henry del Galles e William del Galles hanno rivestito il grado di cornetta nel reggimento Blues and Royals, Royal Horse Guards. Negli Stati Uniti d’America, il grado di ensign, alfiere, e di cornet, cornetta, furono aboliti dallo US Army nel 1800. Oggi il guidone una piccola bandierina triangolare viene usata dagli scout, ma per dare l’idea quando veniva usato in cavalleria una volta. Basta vedere quella usata nel film western dei reparti militari non solo dell’esercito unionista ma anche dell’esercito confederato. Oggi il guidone è una bandierina triangolare issata sulle navi e sulle imbarcazioni a vela; o anche quella portata talvolta da automobilisti e motociclisti sui loro veicoli, per ornamento o per indicare appartenenza a società, gruppi, squadre, insomma il guidone è simbolo di appartenenza dietro la guida, sperando che segua il sentiero giusto.
Favria, 25.11.2020 Giorgio Cortese

Nella vita non bisogna mai perdere la speranza mai smettere di credere e soprattutto mai smettere di sognare.

Domani vinceremo….
Ogni giorno il soffio della vita può sfuggirci di mano, che noi lo vogliamo o meno. Ci sono avversari temibili che seminano la morte e si annidano in ogni attimo nella nostra umana esistenza. Per quanto sfuggente e micidiale dobbiamo continuare a combattere questa epidemia. Una battaglia è sempre dura ma non partiamo mai da sconfitti. Oggi combattiamo con le uniche armi che abbiamo la prudenza e speranza. Perché abbiamo sempre la speranza di uscire vincitori!
Si vinceremo e non dimenticheremo ….
Favria, 26.11.2020 Giorgio Cortese

Se ogni giorno camminiamo sempre con la speranza nel cuore e non saremo mai soli.

La magia dell’inverno.
In inverno i colori nelle corte giornate si perdono, nel parco il pettirosso che si sente il padrone si confonde con il sorbo ed il vento soffia dondolando sui rami le ultime foglie. L’inverno la stagione dell’interiorità crepuscolare, di stare un pochino di più a letto sotto il caldo piumone o di godermi un buon libro seduto nel divano sorseggiando una tazza di thè fumante. Tutte le stagioni hanno un proprio fascino di rinnovamento, ma, per chi è un “bugia nèn” come il sottoscritto, ecco che l’inverno diventa la stagione ideale per godere da casa o nei corti pomeriggi il passaggio caliginoso dai colori sfumati. Il freddo dell’inverno mi consente di apprezzare i sapori intensi e il tepore. Ho sempre amato l’inverno perché è l’attesa di qualcosa che non conosco, i cambiamenti improvvisi di tempo, la pioggia, la neve, il freddo pungente. Le passeggiate d’inverno hanno quell’impalpabile velo di malinconia che mi fanno respirare un’aria magicamente romantica osservando quella, purtroppo rara, nebbia che nasconde i paesaggi dietro una coltre di mistero. L’inverno significa anche passeggiare per quei colorati ed incantevoli mercatini natalizi colorati e scintillanti che rendono ancor più vivo e percepibile il fascino di questa stagione. L’inverno ha una sua magia che fanno apprezzare alla sera la casa ancora più bella
Favria, 27.11.2020

Per arrivare all’alba non c’è altra via che attraversare la buia notte con la candela della speranza accesa nell’animo.

Dal bosso allo scombussolare
Davanti a casa, nel parco una siepe bosso ne cinge i confini con le limitrofe strade. Il bosso o meglio Buxus è un genere di piante appartenente alla famiglia delle Buxaceae, un arbusto cespuglioso sempreverde che presenta una fitta ramificazione, dove vanno a nascondersi in primavera i passerotti appena usciti dal comodo nido, in cerca di asilo dalla caccia dei gatti. L’etimologia della parola buxus deriva dal termine greco Pyksos che, se si considera Pyx pugno chiuso e Pyknos, stretto, serrat”, con riferimento al legno durissimo e liscio, con il quale un tempo si fabbricavano le tavolette da scrittura e le pissidi, cioè coppe per la conservazione delle ostie consacrate. Tornando al bosso arbusto, questa pianta è molto longeva, può arrivare tranquillamente ai 600 anni di età e se non potato pare che possa raggiungere anche i 6 metri di altezza. E’ una pianta dalla crescita lenta che lo rende ideale come pianta da siepe o per l’arte topiaria. Il bosso era una pianta sacra a Cibele, dal suo duro legno si ricavavano i flauti usati durante le cerimonie in suo onore. Presso gli antichi Greci era sacro ad Ade, che proteggeva in particolar modo le piante sempreverdi, emblemi della Vita che continuava negli “inferi” dell’inverno, per questo motivo simboleggiava la perpetua rinascita della natura e, in senso più ampio, l’Eternità. Mai mitologia e simbologia antica risultano essere più adatte ad una pianta… Si tratta, infatti, di un arbusto in grado di superare gli inverni più freddi mantenendosi in ottime condizioni sanitarie ed estetiche e di sopravvivere alle esposizioni sfavorevoli ed in condizioni pedoclimatiche quasi proibitive. Infine nella a mitologia celtica, Buxeno, Busseno, era il dio del bosso, venerato inizialmente in Gallia insieme a Abellio, Fagus e Robur. Gli dei della mitologia celtica sono conosciuti da una varietà di fonti e per le quali sopravvivono molte statue, offerte votive, dediche e oggetti di culto del periodo pre-classico e classico. Oggi il bosso viene normalmente utilizzato come pianta ornamentale nei giardini, per creare fitte siepi o bordure, oppure in vaso per decorare appartamenti e terrazzi e con il suo legno vengono creati dei pezzi degli scacchi pregiati o anche per le bocce da gioco. Ottimo anche per costruire strumenti musicali e per il modellismo, soprattutto quello navale. Alcuni utilizzano questo albero anche come pianta medicinale, impiegando le foglie e la corteccia che, per la presenza di alcaloidi e altre sostanze, hanno proprietà lassative, sudorifere, antireumatiche e febbrifughe. Da vasetti di bosso usati anticamente usato per votazioni o per elemosine, per contenere unguenti o profumi, nel gioco dei dadi dopo è stato chiamato il recipiente destinato a contenere gli elementi della carica, non più in legno, ottone, cartone. Da notare che la parte inferiore del bossolo inferiore del bossolo che viene a contatto con l’otturatore, viene detta fondello, da fondo. Ma si chiama bossolo anche la camera cilindrica, una guarnizione, che assicura la perfetta tenuta di contenitori di fluidi sotto pressione, ad esempio il comune bossolo nei rubinetti per condutture d’acqua, per non parlare infine del diminutivo bussolotto. Il passaggio da bosso a scombussolare è semplice. Scombussolare vuole dire mettere in subbuglio, portare confusione, scombinare, mandare a monte, turbare. Come detto prima, il bossolo, o bussolo era un barattolo di legno usato, fra le altre cose, anche per il gioco dei dadi che vi vengono messi dentro, il bussolo, o bussolotto, poi scossi e rovesciati. Ecco da questo mettere sottosopra i dadi, dallo scombinarli dentro il bussolo agitato che nascerebbe lo scombussolare. Per correttezza secondo altri la paro0la potrebbe derivare da bussola e quindi lo scombussolare, vuole dire perdere la bussola. Ma anche qui torniamo al primo significato, la bussola deve il suo nome alla scatola in legno di bosso che originariamente conteneva tale strumento. L’albero di Bosso era nell’antica Grecia sacro ad Ade, protettore delle piante sempreverdi e simboleggiava l’eternità. Come detto all’inizio sull’etimologia dela parola bosso c’è un legame tra la scatola che custodiva la bussola e quella che conservava l’ostia: il legno e legno etimologicamente viene dal latino legere che significa raccogliere, scegliere ed anche leggere deriva dalla medesima parola. Leggere e legno hanno la stessa origine etimologica, nel raccogliere e mettere insieme, e forse è proprio questo che traccia la nostra rotta, scegliere, raccogliere dunque scartare il resto per affidarci a ciò che in realtà ci chiama senza parole e definisce la realtà. La parola esclude, la parola seleziona, la parola raccoglie, il legno è raccolto per essere arso, per essere lavorato come per il bosso, degli scacchi, per farsi significato, tanto quanto la parola. La barca è legno, la parola è bussola, e come la bussola indica un punto per mettere in luce gli altri. La parola se è bussola raccoglie e definisce una porzione del tutto, sceglie a cosa riferirsi, ma non esclude il resto, ne dà solo una posizione da cui orientarsi. Nella parola-bussola tutto coesiste. Come esseri umani portiamo con noi le parole scritte nel nostro animo e custodita nei silenzi della notte. La nostra vita quotidiana è un quotidiano migrare dalla notte, dedicata al riposo al giorno per lavorare e per le mille incombenze, e opportunità che troviamo nel cammino, ogni tanto scombussolati, con quell’incertezza stessa della vita dove è presente la possibilità della morte. Ogni giorno viaggiamo con guida la bussola della nostra morale che ci conduce al porto sicuro della sera dove calare le ancore in attesa di riprendere domani il quotidiano navigare.
Favria, 28.11.2020 Giorgio Cortese

Avere paura è umano, ma la paura è solo una tigre di carta, siamo noi i capitani del nostro destino.

Balme, frazione di Valprato.
Gli abitati di questa frazione venivano chiamati li loup, pare che fino in tempi recenti il luogo era infestato da branchi di lupi.
Il toponimo è probabilmente di origine celtica, bal-men, ossia pietra alta; un’altra ipotesi farebbe risalire l’etimologia dal latino valva, ossia apertura o finestra.
Favria, 29.11.2020 Giorgio Cortese

Certi giorni il coraggio non è avere la forza di andare avanti, è andare avanti quando non hai più forze.

Donazioni Fidas zona 2 a dicembre
A dicembre fatevi un bel regalo di Natale, andate a donare, ecco dove si può donare a dicembre nella zona 2 Fidas, Canavese:
Locana, giovedì, 3 dicembre
Bosconero, domenica 6 dicembre,
Feletto, domenica, 6 dicembre
Rivarolo c.se, lunedì 7 dicembre
Pont C.se sabato, 12 dicembre
Valperga, domenica 13 dicembre
Pont Canavese, lunedì14 dicembre
Varisella, mercoledì 16 dicembre
Rivarolo Canavese, venerdì 18 dicembre
Ozegna, lunedì, 21 dicembre
Rivarolo Canavese, martedì 29 dicembre
Attenzione a seguito del DPCM del 8 marzo 2020, per evitare assembramenti è necessario sempre prenotare la vostra donazione. Grazie per la vostra collaborazione. Cell. 3331714827
Qui di seguito cellulari dei referenti gruppi dove potete prenotarvi
Aglie’ 331-3539783
Barbania / Front _ 347-9033486
Bosconero 011-9889011 e 338-7666088
Cirie’ 340-7037457
Corio 348-7987945
Favria 333-1714827
Feletto 339-1417632
Forno Canavese _ 338-8946068
Levone 340-0675250
Locana 349-6623516
Lombardore / Rivarossa 333-3310893
Montanaro 377-7080944
Ozegna 339-3921510
Pont 333-8937412
Rivara 339-6339884
Rivarolo Canavese 348-9308675 e 347-4127317
San Giusto Canavese 377-1213021
Valperga / Salassa / Pertusio 347-5821598
Varisella / Vallo 333-9584743
Favria,30.11.2020 Giorgio Cortese

Buon Natale a tutti. Vi auguro che questo Natale vi porti il dono più prezioso a questo mondo: la salute!
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