Chi dona il sangue.. – Santa Agata 5 febbraio – W i donatori! – Spirito cebano, spirito Alpino – Chi ha paura del dragone! – Cantè martin…LE PAGINE DI GIORGIO CORTESE

Chi dona il sangue….
Chi dona il sangue si prende più cura del proprio corpo, perché chi dona ha stili di vita sani e nuovi rapporti sociali da coltivare. Chi dona il sangue lo fa per la salute degli altri, ma anche per la propria, perché donare il sangue è una scelta che contribuisce a migliorare la salute anche di chi compie il nobile gesto. Vale allora la pena ricordare che si può donare il sangue a partire dai 18 anni e fino ai 60. Fino a 70 anni se si è già donatori previa però valutazione clinica dei principali fattori di rischio correlati all’età da parte dei medici del centro trasfusionale. Il sangue donato può essere utilizzato interamente o nelle sue donazione singole componenti, piastrine, plasma, globuli rossi, per trattare un’ampia gamma di condizioni: dalla talassemia all’emorragie durante il parto, dalla penuria di globuli rossi e piastrine che affrontano i malati oncologi sottoposti a chemioterapia alle necessità che possono riguardare le vittime disastri naturali. Vieni a donare a Favria venerdì 7 febbraio cortile interno del Comune dalle ore 8 alle ore 11,20, aiutaci a fare il pieno di solidarietà
Favria 4.02.2020 Giorgio Cortese

La solidarietà è l’unico investimento che non fallisce mai! Allora investi donando un poco del Tuo sangue. Vieni a donare a Favria venerdì 7 febbraio cortile interno del Comune dalle ore 8 alle ore 11,20, aiutaci a fare il pieno di solidarietà

Santa Agata 5 febbraio.
Il giorno di Santa Agata una volta era ricordato come quello in cui l’inverno cominciava a stringere di meno le campagne nella sua morsa di ghiaccio e neve, tanto che il proverbio recita che Sant’Aghëtta a fà core la biarletta, Santa Agata fa correre il rigagnolo, cioè l’acqua dei ruscelli comincia a passare dallo stato solido del ghiaccio a quello liquido. Onore, e amore, dunque per i nostri Antenati, magari poco culturalmente preparati, ma ricchi di semplicità e di buon senso, che nascevano dalla Fede e dalla conoscenza della propria terra. D’altra parte, si dice, Ij proverbi a son nassù anans dij lìber, I proverbi sono nati prima dei libri.
Favria, 5.02.2020 Giorgio Cortese

Non dimentichiamo mai che il vero potere è il servizio. Bisogna custodire la gente, aver cura di ogni persona, con amore, specialmente dei bambini, dei vecchi, di coloro che sono più fragili e che spesso sono nella periferia del nostro cuore. Vieni donare a Favria venerdì venerdì 7 febbraio, cortile interno del Comune dalle ore 8 alle ore 11,20. Abbiamo bisogno di Te e grazie se fai passa parola.

W i donatori!
Cari amici, sono il presidente da diversi anni di un piccolo gruppo ADSPFIDAS, donatori di sangue. Dal mio piccolo ho il privilegio di osservare e di conoscere i donatori e le nuove generazioni. Contro ogni luogo comune che le vuole superficiali e poco attenti alla realtà che le circonda, io noto giovani motivati, attenti al prossimo con desiderio di fare della propria vita qualcosa di valido. La nostra sezione conta anche donatori con più di 100 donazioni, e anche dei giovanissimi donatori e diversi donatori di origine straniera perfettamente integrati nel nostro tessuto sociale. I donatori di sangue sono persone normali, italiani e non con credo ed etnia diversa ma uniti da valori semplice e alti che ancora e sempre ispirano comportamenti frutto dell’idea che c’è sempre davanti a noi una buona battaglia da ingaggiare per aiutare i nostri simili senza bisogno di credersi e sentirsi supereroi. Una di quelle battaglie che si combattono non con le armi, ma con il cuore senza discriminazioni o paturnie xenofobe dello strisciante nuovo razzismo che affonda le sue radici in un humus condito da idee storte. Ricordatevi che il sangue ha sempre lo stesso colore per tutti noi esseri umani e questo ci accomuna tutti. Sfido chiunque a riconoscere da una unità di sangue raccolta la nazionalità del donatore, il suo credo religioso, la sua idea politica. Come donatori ci sentiamo parte del tessuto connettivo di una comunità che ha l’obiettivo di aiutare le persone a essere cittadini attenti alla Cosa Pubblica e al prossimo.
W la Fidas
Favria 6.02.2020 Giorgio Cortese

Condividere ci rende più grandi di quello che siamo, più diamo agli altri, più vita siamo in grado di ricevere. Vieni donare a Favria venerdì venerdì 7 febbraio, cortile interno del Comune dalle ore 8 alle ore 11,20. Abbiamo bisogno di Te e grazie se fai passa parola.

Spirito cebano, spirito Alpino
Sono stato domenica 19 gennaio con il gruppo Alpini di Favria a Ceva, erano presenti diversi gruppi della IX zona della sezione della Sezione Ana di Torino la Veja, dove è stata commemorata la tragedia della ritirata di Russia e, in particolare, il 77° anniversario della battaglia di Nowo Postojalowka che vide i soldati italiani combattere per più di trenta ore per uscire dall’accerchiamento dell’Armata Rossa. Questa battaglia fu il più importante combattimento sul fronte orientale in cui furono solo militari italiani a scontrarsi con l’esercito russo, senza il minimo aiuto dei reparti alleati. Lo scontro vide impegnati alcuni reparti della Divisione Julia e l’intera Divisione Cuneense che pagò il più alto tributo di sangue di tutti i reparti dell’esercito italiano durante la seconda Guerra mondiale. Di questo drammatico scontro in terra di Russia l’intera divisione Cuneense comandata dal generale Emilio Battisti venne decimata. Pensate che dei circa quindicimila militari inviati, di cui circa 6 mila della Granda, con 200 tradotte in terra russa, ne ritornarono solo 17 con circa 1500 penne nere. Gli Alpini, in quelle drammatiche giornate, si trovarono a dover combattere con temperature intorno ai 40° sotto zero, con scarso equipaggiamento, ancor più scarsi viveri e munizioni. I reduci, al loro ritorno in Patria, per lungo tempo preferirono tacere tanto erano state incredibili e inverosimili le esperienze vissute nella steppa. Oggi a 77 anni da quei tragici eventi è giusto ritrovarci per commemorare gli Alpini che in Russia combatterono, per quanti caddero e per coloro che dopo immense sofferenze nell’animo e nel corpo raggiunsero l’agognata libertà. Penso che sia importante ricordare, capire per imparare. La memoria se non viene tramandata alle nuove generazioni scompare e si dissolve in mezzo alle quotidiane effimere vacuità e così si perde lo spirito Alpino vissuto oggi in terra cebana.
W gli alpini.
Favria, 7.02.2020 Giorgio Cortese

Non puoi dire di aver vissuto veramente se non ha mai fatto qualcosa per qualcuno che non potrà mai ripagarti. Vieni donare oggi a Favria venerdì venerdì 7 febbraio, cortile interno del Comune dalle ore 8 alle ore 11,20. Abbiamo bisogno di Te e grazie se fai passa parola.

Chi ha paura del dragone!
Ex protettorato britannico, Hong Kong ha sviluppato nei secoli una duplice natura, a cavallo tra valori occidentali e tradizioni cinesi. Divenuta nel 1997 una regione amministrativa speciale della Repubblica Popolare Cinese, l’isola segue la formula politica: “Un Paese, due sistemi”, che le ha permesso di mantenere un sistema economico e un ordinamento istituzionale autonomi. Si tratta di un compromesso che ha agevolato tanto gli interessi economici del Paese quanto quelli delle aziende straniere, ma con il passare del tempo la Cina sembra sempre più intenzionata a riassorbire e omologare una popolazione abituata a una forte libertà di espressione. Grazie alla sua condizione particolare, Hong Kong è riuscita a sottrarsi a questo imprinting, conservando il suo retaggio britannico e aperto verso la comunità internazionale L’esistenza stessa di Hong Kong è elemento di disturbo, perché mina le fondamenta ideologiche e amministrative della Repubblica Popolare Cinese. La Cina dalla repressione del 4 giugno 1989 in piazza Tienamen, continua a usare il pugno di ferro nel gestire il dissenso. Il partito è stato epurato dagli elementi riformisti, mentre le scuole educano le future generazioni con una nazionalistica che contrappone i valori cinesi alla corruzione dei poteri stranieri. Il risultato è che a 30 anni da Tienanmen i giovani cinesi del continente sono sempre meno alle narrazione Occidentale e a valori come democrazia e tutela dei diritti umani. E il drago occupa l’Africa ed altri continenti, è agghiacciante coem nessun leader Europeo pronto a dare battaglia contro o pro immigrati non dica nulla su quello che accade a Hong Kong. Mi domando chi ha paura del drago? Ricordiamoci i drammi della storia, ebrei, armeni, le foibe e facciamo memoria dum Romae consulitur, Saguntum expugnatur. Mentre in Occidente ci riempiamo la bocca con la parola democrazia, il dragone la soffoca e allarga il suo domino economico.
Favria 8.02.2020 Giorgio Cortese

Nella vita sto anche bene da solo, ma non sono un solitario e cerco gli altri per scelta, non per timore della solitudine. Ogni giorno scelgo con chi stare, perché siamo stati creati per stare con pochi.

Cantè martin.
Una volta durante le veglie invernali c’era l’usanza del canto dialogato della veglia alternando strofe tra un coro esterno ed un coro all’interno della stalla. Il modo di dire fè cantè martin, di fare aspettare alla porta è nato da questa antica usanza della nostra civiltà contadina, ormai persa. Sotto Carnevale si usava cantare una canzone particolare che poi era rimasta come gioco infantile e poi si è smarrito pure quello, la canzone così detta del cappello o di Martin, cantata in Canavese, nelle sere di carnevale, da due compagnie d’uomini e donne, una fuori e l’altra dentro la stalla, ove si stava nella veglia serale. Quella di fuori cominciava a dare la buona sera col primo verso. Quella di dentro chiede chi è fuori. L’altra risponde, e così di seguito. Al penultimo verso l’uscio si spalanca e la compagnia che è di fuori irrompe nella stalla. Il capo della serata che stava di fuori portava con se un cappello con un gran pennacchio e appena entrato lo pone sulla testa del padrone della stalla. Poi si mettono tutti a ballare al suono del violino; e i bicchieri, riempiti di vino, vanno in giro, cosi scriveva Nigra. Questa usanza era detta canté Martin o voire, termine con cui venivano chiamate le vegliatrici. “Apri sto üs Marianna corpo de mì apri sto üs, sangue de mì apri sto üs apri sto üs Marianna E mì t’el apri nò Martìn, corpo de mì t’el apri nò sangue de mì t’el apri nò t’el apri nò Martino. E mì t’el bati zó Marianna corpo de mì t’el bati zó sangue de mì t’el bati zó, t’el bati zó Marianna , Farén la pas Martìn, corpo de mì farén la pas, sangue de mì farén la pas, farén la pas Martino. Dove sét stà Martino, corpo de mì dove sét stà, sangue de mì dove sét stà, dove sét stà Martino, Són stà al mercà Marianna, corpo de mì són stà al mercà, sangue de mì són stà al mercà, só stà al mercà Marianna. Còs’àt crompà Martino, corpo de mì còs’àt crompà, sangue de mì còs’àt crompà, còs’àt crompà Martino. An bèl capèl Marianna, corpo de mì an bèl capèl, sangue de mì an bèl capèl, an bèl capèl Marianna. Còsa gàt dat Martino, corpo de mì còsa gàt dat, sangue de mì còsa gàt dat, còsa gàt dat Martino. Tre soldi e mèz Marianna, corpo de mì tre soldi e mèz, sangue de mì tre soldi e mèz, tre soldi e mèz Marianna.”
Favria, 9.02.2020 Giorgio Cortese

Non importa se nella vita la strada quotidiana è impervia e se si dovranno affrontare pericoli. Non importa se in certi momenti avrò paura, perché la paura è necessaria per fare uscire dal mio animo tutto il coraggio che ho dentro di me. Ogni giorno cerco di fare la cosa giusta e di seguire il mio cuore usando il buonsenso, e così arrivo esattamente dove volevo andare.