Che bello è arrivato Ciao Pais nella buca delle lettere! – Donazioni sangue maggio 2020 – Legio Patria nostra. Camerone 30 aprile 1863. – 1 maggio, nulla sarà come prima – Il guanto. – E dopo. – Chi sei? – Potenza e controllo…LE PAGINE DI GIORGIO CORTESE

Che bello è arrivato Ciao Pais nella buca delle lettere!
Questa sera arrivando a casa dal lavoro, noto con sguardo distratto la buca delle lettere che ultimamente è sempre desolatamente vuota, una rivista coperta dal celophane con delle tonalità sul verde. Che bello è arrivata la Rivista del gruppo Alpini della sezione di Torino, da notare Rivista maiuscolo, Ciao Pais, ma potrebbe essere la rivista di altra sezione come lo Scarpone per gli amici Alpini sezione di Ivrea! In questi mesi di clausura solo interrotti per andare al lavoro, senza più vita sociale ne incontri al sabato pomeriggio con i soci ed aggregati alpini per passare insieme dei momenti di sublimi relax dal quotidiano cicaleccio sulla politica e sul calcio. Ma adesso no, siamo in quarantena, siamo tutti contumaci e l’arrivo in casa della Rivista mi rinfranca l’animo perché siamo esseri sociali, nessuno di noi è un’isola, ogni interessante rivista e ogni buon libro è una finestra sul mondo. La parte più bella di tutta la letteratura di questo periodico è lo scoprire che i miei desideri sono desideri universali, che non sono solo o isolato da nessuno, sono Alpino ed appartengo ad una grande Comunità: gli Alpini! Leggendo attentamente la Rivista, che poi la rileggerò una seconda volta per gustarmela tutta non cerco idee nuove, ma i pensieri già da me pensati acquistano nello spirito alpino, pagina dopo pagina un sigillo di conferma nel mio animo. Mi colpiscono quanto fanno gli altri Gruppi con le loro azioni, qui descritte con parole che mi fanno vivere quei momenti come fossi stato presente facendo vibrare l’intimo del mio animo e offrendomi sempre nuovi spunti di riflessione. Dopo aver letto e riletto il periodico il mio animo si è irrobustito di spirito alpino che oggi, specialmente adesso con il coronavirus, fa la differenza, per diffondere sempre i grandi valori come l’onestà e aiutare i bisognosi. Questa è la fierezza di essere Alpino e onorare la Patria in qualsiasi occasione.
Favria, 29.04.2020 Giorgio Cortese

Vorrei che tutti leggessero. Non per diventare letterati o poeti, ma perché nessuno sia più ignorante.

Donazioni sangue FIDAS ZONA 2 CANAVESE MAGGIO 2020
BARBANIA DOMENICA 3 MAGGIO
RIVAROLO LUNEDI’ 4 MAGGIO
MONTANARO LUNEDI’ 4 MAGGIO
FAVRIA VENERDI 8 MAGGIO
MONTANARO SABATO 8 MAGGIO
CIRIE’ SAN CARLO SABATO 9 MAGGIO
VALPERGA LUNEDI’ 11 MAGGIO
RIVAROLO VENERDI 22 MAGGIO
CIRIE’ SAN CARLO SABATO 23 MAGGIO
CIRIE’ SAN CARLO DOMENICA 24 MAGGIO
RIVARA MERCOLEDI 27 MAGGIO
Attenzione a seguito del DPCM del 8 marzo 2020, per evitare assembramenti è necessario sempre prenotare la vostra donazione. Grazie per la vostra collaborazione. Cell. 3331714827
Qui di seguito cellurari dei referenti gruppi dove potete prenotarvi
Aglie’ 331-3539783
Barbania / Front _ 347-9033486
Bosconero 011-9889011 e 338-7666088
Cirie’ 340-7037457
Corio 348-7987945
Favria 333-1714827
Feletto 339-1417632
Forno Canavese _ 338-8946068
Levone 340-0675250
Locana 349-6623516
Lombardore / Rivarossa 333-3310893
Montanaro 377-7080944
Ozegna 339-3921510
Pont 333-8937412
Rivara 339-6339884
Rivarolo Canavese 348-9308675 e 347-4127317
San Giusto Canavese 377-1213021
Valperga / Salassa / Pertusio 347-5821598
Varisella / Vallo 347-3963860

Legio Patria nostra. Camerone 30 aprile 1863.
Ho avuto la fortuna di leggere le memorie di un exlegionario, avute dal figlio. Parlo di una delle forze militari più temute di sempre la Legione Straniera. La sua storia inizia in modo singolare con Luigi Filippo di Francia nel 1831 che arruola tutti gli stranieri che lo desiderano e li manda a combattere in Algeria. La neonata Legione si comporta in maniera esemplare, tanto da guadagnarsi le spalline rosse e verdi dei Granatieri e il tricolore francese. Non hanno nulla da perdere i legionari. Possono solo sperare contro ogni speranza, combattono in Crimea e in Messico, più precisamente a Camerone. Qui i legionari guidati dal capitano Danjou vengono attaccati su ogni lato. La battaglia avvenne a Camaron de Tejeda, detto Camerone dove la si trovava la 3 compagnia del 1º battaglione di stanza a Chiquihuite. Nonostante il valore dei legionari, questi furono decimati dai patrioti messicani, guidati dal colonnello Francisco de Paula Milán. I legionari rifiutarono d’arrendersi e si coprirono di gloria sacrificandosi contro un numero soverchiante di insorti messicani nell’intento di coprire l’avanzata del convoglio con i cannoni pesanti provenienti da Veracruz e destinati all’assedio Puebla, ultima roccaforte prima di Città del Messico. È una strage. Duemila, tremila messicani contro 62 legionari decisi a non arrendersi. I messicani impressionati dal loro valore presentarono le armi ai morti e ai quattro sopravvissuti. Quel giorno di gloria è tutt’oggi ricordato come la festa del Corpo e la cerimonia della battaglia di Camerone si celebra a Aubagne. Ogni anno, il 30 aprile, i legionari sfilano davanti alla “reliquia” del capitano Danjou. Per i legionari è il memento che avranno sempre la sabbia negli occhi, combatteranno sempre in situazione svantaggiosa contro forze sempre soverchianti. Lo spirito dei legionari è che sanno che non possono sempre vincere, ma esiste anche una dignità nella sconfitta e poi quello che conta è la forza di volontà perché entrando nella Legione sono divenuti figli della Francia, non per il sangue ricevuto, ma per il sangue versato. Un bellissimo libro, grazie Enrico!
Favria 30.04.2020 Giorgio Cortese

La vita quotidiana è proprio questo, ritrovare la felicità nei silenzi, la serenità dentro i propri pensieri e la gioia nel coricarsi ogni sera dicendomi: “Beh! Tutto sommato la pazienza non è mai sprecata. Oggi va bene così, domani è un altro giorno

1 maggio, nulla sarà come prima
Maggio come buona parte dei mesi nel nostro calendario, deve il suo nome ad una divinità latina, madre di Mercurio, Maia. Maia era venerata nell’antica Roma come dea dell’abbondanza e della prosperità, accostata all’idea della fertilità della terra. Con il diffondersi del Cristianesimo alla dea latina è subentrata la Madonna a cui oggi il mese è dedicato. In questo mese avviene la fioritura delle rose, da cui il termine rosario, usato nei fioretti maggio. Una curiosità anticamente per Màgio si indicava un cono di cartone che le prioresse delle di confraternite, in occasione della festa del Santo protettore, precedute dagli Abbà con alabarda, portavano in testa, ed il majo era il ramo di albero piantato avanti l’uscio dell’innamorata, la vigilia del 1° maggio. Maggio, nel primo giorno del mese ricorda anche la Festa del Lavoro. Ma oggi con la pandemia che ha colpito duro negli affetti di chi ha perso degli amici, dei congiunti, e negli anziani, radici e senso di appartenenza di una Comunità, il lavoro non sarà più come prima. Ci sarà meno lavoro, inutile girarci attorno. Tra i cambiamenti più evidenti l’adozione dello smart working “di massa”. Una vera e propria trasformazione sociale e culturale e soprattutto se si considera che fino a qualche mesa fa lo strumento del lavoro agile era utilizzato da appena 570 mila dipendenti sui circa 20 milioni di impiegati italiani. Oggi bisognerà ripensare profondamente sussidi e sostegni perché non si può mantenere l’inaccettabile scarto fra lavoratori tutelati e non tutelati, tra dipendenti delle grandi aziende e dei piccole attività, dei piccoli negozi, del settore pubblico e di quello privato. Per non parlare dei lavoratori autonomi e dell’esercito di irregolari che sostengono l’economia ma sono invisibili o quasi al welfare. Oltre al lavoro che scarseggerà anche pensare alla qualità del lavoro di domani. Oggi siamo chiamati tutti in causa scelte economiche, anche quelle più piccole. Queste scelte chiamano in causa ciascuno di noi: la responsabilità a cui siamo chiamati nelle scelte economiche, anche quelle più piccole. Da tutte le parte si leva, a parole, la richiesta di un’economia più giusta, più sostenibile, più rispettosa dei diritti, dell’ambiente, dei tempi della vita. Oggi ognuno di noi ha la sua parte da fare diventando risparmiatori e consumatori consapevoli, attraverso una finanza etica per sostenere solo imprese e progetti responsabili. Sostenere le piccole attività commerciale e artigiane che fanno vivere le nostre Comunità il valore aggiunto che spesso dimentichiamo
Favria 1.05.2020 Giorgio Cortese

Nella vita ci sono battaglie che si combattono insieme, donare il sangue per salvare la vita ai nostri simili è una di queste, vieni a donare il sangue a Favria venerdì 8 maggio cortile interno del Comune dalle ore 8 alle ore 11,20. Abbiamo bisogno anche di Te. Dona il sangue, dona la vita! Attenzione a seguito del DPCM del 8 marzo 2020, per evitare assembramenti è necessario sempre prenotare la vostra donazione. Grazie per la vostra collaborazione. Cell. 3331714827

Il guanto.
In questi giorni usiamo dei guanti di lattice per evitare la propagazione dell’epidemia del Coronavirus, ma la funzione principale del guanto è quello di riparare le mani dal freddo, oppure, durante i lavori cosi detti “manuali”, proteggere le nostre morbide estremità da materiali pericolosi e quant’altro. Il guanto però ha una lunghissima storia che, partendo proprio dalla sua indiscussa utilità, è successivamente sconfinata in molteplici altri campi, aggiungendo non poco simbolismo alla sua funzione pratica. Pensate che i primi guanti hanno origini mitologiche, si narra infatti che i primi guanti fu opera delle Ninfe, le quali fasciarono le dita della dea Venere per ripararle dai graffi di un cespuglio spinoso, nel quale la dea della bellezza e dell’amore era caduta. I guanti le troviamo nella Bibbia quando il Patriarca Isacco, ormai vecchio e cieco vuole assegnare la primogenitura al figlio maggiore, Esaù, perché diventi capofamiglia. Il fratello minore Giacobbe, spinto dalla madre Rebecca, però, riesce a fingersi Esaù, mascherando l’unica parte del corpo che il padre avrebbe potuto riconoscere: le mani. Giacobbe, che a differenza del fratello era glabro, si fece avvolgere la mano con della pelle di capretto, facendo credere ad Isacco che egli era Esaù, ricevendo così, l’investitura del capofamiglia. Nell’antco Egitto, l’abito delle mani era simbolo di prestigio e potere, avendo soprattutto valenza simbolica e liturgica; un paio di guanti, infatti, facevano parte anche del corredo funebre del faraone Tutankamon. Segno quindi maschile di prestigio, mentre per le donne costituiva una protezione per la pelle delle mani, durante l’uso di unguenti profumati ed emollienti. Poi ne troviamo citazioni nell’Odissea di Omero e tra gli antichi romani con Marco Terenzio Varrone nel “De Re Rustica”, dove si trova la testimonianza dell’uso dei guanti per ripararsi dal freddo o per svolgere pesanti lavori manuali. Anche i Barbari al loro arrivo nell’impero Romano in declino usavano i guanti. Anticamente il guanto era un sacchetto legato ai polsi e confezionato con pelle di animali. I Romani inizialmente disprezzavano i guanti, definendo chi osava indossarli persona che vestiva alla maniera dei Galli, ma successivamente ne apprezzarono anche loro l’utilità, usandone due tipi detti digitalia, che coprivano le dita della mano, ed i ‘manicae’ che coprivano interamente l’arto. Dopo il VI secolo l’importanza del guanto andò in crescendo, passando da oggetto di riparo” per le mani ad oggetto di pregio e di lusso, finendo per assumere significati di vero e proprio potere. Presso i Longobardi, per esempio, i guanti erano usati anche durante il rito nuziale, lo sposo donava alla sposa un suo guanto e la spada. Nel XV secolo il guanto era diventato, ormai, un accessorio praticamente indispensabile. Per tutto il periodo feudale esso assunse un ruolo di grande solennità, espressione di forti valori sociali, come nelle cerimonie di investitura in cui il vescovo conferiva autorità e potere a re e imperatori. Anche questi sovrani, titolari del potere laico, utilizzavano i guanti come “offerta” e concessione del proprio potere ai propri vassalli, a simboleggiare l’investitura feudale concessa. Nella liturgia dell’investitura reale a Reims era prevista l’offerta e la benedizione dei guanti: il principio liturgico era quello che le mani del Re, dopo l’unzione, non dovessero entrare in contatto con cose impure. Dopo la cerimonia, l’Ospitaliere ricevente bruciava i guanti, per evitare che potessero esser usati per scopi profani. Pensate che i guanti indossati da Vescovi, Cardinali e Papi durante le liturgie era detto chirotèca, greco cheir cheiros mano e théke custodia, scrigno. Nel gergo medico, la chiroteca è un tipo di fasciatura che copre interamente la mano, adattandosi alle singole dita. Anche nella gerarchia laica, quindi, il guanto era simbolo della fiducia che si riponeva nel vassallo, testimone rituale di una promessa e di una sacralità che intendeva rappresentare inequivocabilmente un patto d’onore. Questi alti valori attribuiti al guanto li ritroviamo nei classici poemi cavallereschi, dove lasciar cadere in terra il guanto era simbolo di infausti presagi. Il guanto rappresentava anche, lanciato ai piedi dell’avversario, la sfida a cimentarsi in duello con lui, e, se raccolto, significava automatica accettazione, da parte dello sfidato. Se il nemico che si voleva sfidare era lontano, si faceva recapitare a costui il guanto dai “padrini”, unitamente a dichiarazioni minacciose, a volte anche lacerato e pieno di sangue, a significare la crudezza della sfida. Il guanto in ambito giudiziario assumeva simbolicamente anche il significato di condanna, come nel caso del giudice medioevale che decretava il suo verdetto lanciando il guanto al condannato. La ritualità e la solennità dell’uso del guanto nel periodo feudale era patrimonio non solo dai nobili ma anche dalle gente comune. L’eredità familiare veniva trasmessa attraverso il passaggio di questo indumento al proprio erede. Nei contratti di compravendita, invece, la proprietà di un terreno si trasferiva mediante la consegna di un pugno di quella terra all’interno proprio di un guanto. Il guanto diventa accessorio per le donne dopo il 1000, abbinato all’abbigliamento lussuoso, con modelli semplici o raffinati di seta, di pelle, di canapa o di altri materiali ancora più preziosi. Curiosamente nel XV secolo era non solo prudente ma fortemente raccomandato di non tenere mai la mano inguantata. Questa precauzione aveva almeno due validi motivi; uno, certamente, era quello dell’igiene, l’altro lo si poteva spiegare con le tristi vicende dell’epoca. Di quel periodo sono noti gli omicidi avvenuti alla corte dei Borgia, sanguinaria famiglia che del guanto faceva anche un uso “improprio”, trasformandolo in arma micidiale! Si racconta della moda dei guanti avvelenati: colui che vi stringeva la mano, v’impregnava d’un tossico che rendeva d’improvviso mortali i vostri alimenti. Negli intrallazzi amorosi che costellavano in quel periodo le corti provenzali era d’uso una prassi corrente, una specie di precisa etichetta, per cui se un cavaliere offriva dei guanti bianchi profumati ad una dama e questa li accettava, gradiva nel contempo anche i servigi del cavaliere. Il periodo f’oro del guanto è il Rinascimento dove diventa sfarzoso, prezioso, senza limiti di fantasia: un trionfo di stoffe, pietre preziose e materiali importanti, simbolo di eleganza sia per l’uomo che per la donna. Si diffondono i guanti profumati, i più famosi erano quelli italiani e spagnoli, richiestissimi dai sovrani, come Francesco I o la regina di Francia e molte volte donate in Toscana alle giovani spose dalle Badie dei giovani. I guanti divennero protagonisti degli intrighi delle corti rinascimentali, preziosissimi strumenti sia di benevolenza che di cattiveria, usati come strumento di morte inserendo al loro interno potentissimi veleni. E chi voleva ottenere benevolenza o verdetti favorevoli, bastava ne consegnasse un paio al giudice con dentro del denaro. Più in generale, donare un guanto a qualcuno significava accattivarselo per ottenere dei consensi. Nel primo trentennio del 1700, il guanto, ormai uno status symbol, segno di prestigio, di riconoscimento e di ostentazione da parte dei nobili, per la prima volta inizia a differenziarsi, per forma e lunghezza, per i due sessi: lunghi fino al gomito per le donne, corti con un basso polsino per gli uomini. La Rivoluzione Francese mise in pericolo la vita del guanto, visto come accessorio legato al al passato regime, additato come simbolo delle dissolutezze e della corruzione. Il guanto era ammesso solo nel nuovo modello post rivoluzione, che portava i colori della Repubblica: rosso, bianco, blu, e in tessuti non pregiati come il lino e la canapa. Durante la corte napoleonica, il guanto tornò al suo antico splendore, fatto di ricami e preziosità, ma solo ad appannaggio dei nobili che frequentavano la corte imperiale. Per i borghesi, la parola d’ordine era diventata: semplicità. L’abbigliamento dell’uomo guardava con favore alla moda londinese: il guanto giallo diventò simbolo di eleganza e nobiltà d’animo. Nel XVIII e nel XIX secolo il guanto continuò la sua scalata sociale; porgere la mano nuda ad una persona o mostrarsi a mani nude, specialmente di fronte ad una donna, era segno di scarsa educazione; questo faceva si che il perfetto gentiluomo aveva necessità di avere a disposizione guanti per tutte le occasioni. Nel ventesimo secolo la vita del guanto attraversò altri periodi oscuri, dai fasti dei classici ed apprezzati modelli borghesi fino alla caduta ed alla quasi scomparsa, a causa della seconda guerra mondiale. La guerra irruppe nella vita del nostro protagonista, con un colpo mortale. Reperirlo diventò difficile, perché le poche scorte erano indispensabili per le truppe in battaglia. Dopo la fine della guerra l’avanzare della ricostruzione rianimò anche il guanto, che visse una seconda giovinezza negli anni ’50 del Novecento e divenne di nuovo oggetto di culto, trasformato in oggetto di grande creatività. Esso si travestiva da sera e diventava da cocktail, per poi far spazio, a metà degli ’50, alle nuove linee essenziali, divenendo poi cortissimo, negli anni ’60. Venne successivamente demonizzato durante il ’68, perché accusato di essere simbolo della borghesia, di ipocrisia, di rapporti formali e di inutile sfoggio di ricchezza. L’altalenare del gradimento del guanto, che era passato più volte dall’amore all’odio, finì per arrivare all’indifferenza. Negli anni ’70 la moda si apriva all’individualità, non più schiava delle regole imposte dall’alto, mandò in soffitta il guanto, che si prenderà, però, la sua rivincita negli anni ’80. Oggi i guanti sono ancora un accessorio importante ma non più determinante nel guardaroba maschile e si indossano solo all’aria aperta; unica eccezione, in luoghi chiusi, sono i guanti bianchi per il frac, generalmente in cotone, che non andrebbero comunque infilati, ma semplicemente tenuti in mano. L’attuale eleganza prevede esclusivamente guanti in pelle. Con la scarpa nera è preferibile indossare guanti dello stesso colore o più scuri possibile, mentre con la scarpa marrone e con un abbigliamento sportivo è preferibile indossare guanti marroni in pecari, mammifero sudamericano, simile ad un piccolo cinghiale. Un altro classico dell’abbigliamento informale, sono i guanti in pelle d’agnello imbottiti di lana. Quanta a fatto il guanto che nasce da una parola francone want. Una curiosità finale da guanto deriva la guantiera ed anticamente designava un vassoio o una scatola elegante in cui tenere i guanti. Una sorta di contenitore. Oggi il termine viene utilizzato infatti per designare il vassoio elegante utilizzato principalmente per servire dolci, gelati durante i rinfreschi, pranzi, cene e così via. Chi di voi non ha mai sentito dire in napoletano “Na guantiera ‘e paste”? In questo caso ci si riferisce per lo più al vassoio di carta sul quale vengono venduti e serviti i dolci.
Favria, 2.05.2020 Giorgio Cortese

Nella vita quotidiana nessuno può tornare indietro e incominciare un nuovo inizio, ma chiunque può partire oggi e creare un nuovo finale. Inizia da venerdì 8 maggio! Vieni donare a Favria venerdi 8 maggio , cortile interno del Comune dalle ore 8 alle ore 11,20. Abbiamo bisogno di Te e grazie se fai passa parola. Attenzione a seguito del DPCM del 8 marzo 2020, per evitare assembramenti è necessario sempre prenotare la vostra donazione. Grazie per la vostra collaborazione. Cell. 3331714827

E dopo…
Adesso in quarantena va bene usare, il tablet, il computer e lo smartphone ma in questo groviglio di bit e connessioni che è il nostro attuale presente digitale che salva a milioni di noi, la vita lavorativa, ma nasce nel mio animo la nostalgia dell’altra vita, quella vera fatta di pancia, di sguardi, di corpi, di contatti ed energie sottili. Quella non meccanica e ripetitiva, ma imprevedibile e caotica. Il fuori, con il suoi cieli, i tramonti, i profumi, gli odori, e un altro tipo di confusione. Certo la tecnologia può salvare la vita. Ma renderla degna di essere vissuta è un’altra cosa. Certo usciremo da questa gabbia tecnologica e ritorneremo fuori ma non vorrei che la clausura forzata abbia messo a dimora negli animi il seme dell’animosità. Non esistono esperti in questa storia di Coronavirus, nulla è stato scritto, perché nessun Paese o comitato scientifico ha mai fatto un’esperienza accostabile a quanto stiamo vivendo. Vale anche per ciascuno di noi. Quello che verrà è ignoto, incerto, sicuramente complicato. Uscite scaglionate per fasce di età, patenti di immunità in base agli anticorpi, tracciamenti digitali con bip per segnalare il pericolo di contagio, tamponi a pioggia intermittente, distanziamento perenne sul tram come al cinema e chissà in spiaggia… Se chiuderci dentro di colpo è stato sconvolgente, riaprire gradualmente sarà una prova che chiederà a ciascuno di noi ancora di più in termini di conoscenza e di volontà. E sarà uno sforzo individuale tremendo perché da remoto, dove adesso viviamo, neppure capiamo bene che cosa significherà dire “noi”, in assenza di amici, parenti e colleghi di lavoro. Secondo gli “esperti” sempre loro l’antidoto a questo rancore che si infiltra nell’animo fermarci quotidianamente nel proprio dolore, starci, raccoglierlo e nominarlo, risalirlo. Finché l’agitazione interiore, come un vecchio drago nostalgico di un’epoca che è finita, non smetterà di scalciare contro le pareti in cerca di un nemico che non c’era e non c’è. E poi aggiungo quando usciremo impare ad ascoltare con attenzione chi ci parla?
Favria 3.05.2020 Giorgio Cortese

Ogni giorno vivere non è solo respirare, ma anche essere consapevole di esistere per non sprecare neanche un piccolo attimo della vita. Vivere vuole anche dire amare, ridere e piangere, sentirsi morire e rinascere. Insomma vivere è solo un attimo! Viviamo bene l’attimo donando il sangue. Venite a donare a Favria venerdì 8 maggio, cortile interno del Comune dalle ore 8 alle ore 11,20. Abbiamo bisogno di Te e grazie se fai passa parola. Attenzione a seguito del DPCM del 8 marzo 2020, per evitare assembramenti è necessario sempre prenotare la vostra donazione. Grazie per la vostra collaborazione. Cell. 3331714827

Chi sei?
Chi sei? Chiedo al mattino sul balcone a un merlo che sbatte le ali sul davanzale. Ma lui mi guarda e gentilmente si presenta. Buongiorno sono Beccogiallo, vengo tutte le mattine su questo balcone a vedere se trovo delle briciole di pane, vengo ogni giorno con la costanza di un innamorato! Balza sulla ringhiera e ha messo gli occhi sui ghirigori del balcone li legge e li ripete come la partitura di un canto. Il merlo modula il fischio simile ad una sconosciuta poesia ed io lo interpreto come più mi aggrada. Il fischio dei merli ha questo di speciale, è simile ma non uguale ad un fischio umano, e ha una sua poesia. Il suo fischiare pare ad un silenzio, in apparenza uguale ad un altro silenzio, potrebbe esprimere cento intenti diversi. Nella vita di ogni giorno parlarsi, tacendo, o fischiando su tonalità diverse, è sempre possibile, il vero problema per noi umani bipeti è capirci. Ascolto Beccogiallo e penso che nessuno può capire nessuno, lui sulla ringhiera sibila belle cadenze e crede d’aver messo nel fischio un significato fondamentale, ma solo lui come noi tutti molte volte intendiamo solo il nostro. Sprechiamo il tempo come merli bizzarri, presi dalla nostra melodia che ci avvolge senza capire cosa vogliono gli altri e non li stiamo ad ascoltare. Poi ad un tratto senza un perché il merlo spicca il volo con il segreto della sua melodia.
Favria, 4.05.2020 Giorgio Cortese

C’è qualcosa dentro di noi che nessuno ci può toccare né togliere, se noi non vogliamo. Si chiama speranza! Con questo sentimento nell’animo Vi invito a donare a Favria venerdi 8 maggio, cortile interno del Comune dalle ore 8 alle ore 11,20. Abbiamo bisogno di Te e grazie se fai passa parola. Attenzione a seguito del DPCM del 8 marzo 2020, per evitare assembramenti è necessario sempre prenotare la vostra donazione. Grazie per la vostra collaborazione. Cell. 3331714827

Potenza e controllo.
Una sera alla televisione in un canale sportivo ho visto una partita di baseball, sono rimasto colpito dal lanciatore che aveva sbagliato. Questo lanciatore che sbaglia i tiri per me è diventato il simbolo chi nella vita sbaglia. Mi viene da riflettere che a tutti capita di sbagliare come i grandi atleti, gli attori ed i pittori, perchè nessun essere umano è dotato di poteri speciali. Ma in realtà tutti abbiamo un potere speciale, gli esseri umani hanno successo solo quello quando riescono a tenere sotto controllo in maniera duratura e costante il controllo di se stessi. Nella vita l’autocontrollo e alla base del successo, è una cosa meravigliosa! L’autocontrollo è importantissimo perché ci permette di preservare l’equilibrio mentale e avere una visione limpida e scevra di pregiudizi. La quotidiana battaglia nella vita, dentro di noi è il conflitto tra esuberante energia e autocontrollo. Insomma una lotta all’arma bianca che non ha mai conosciuto tregua. L’energia se non viene tenuta a freno in qualche modo tende immancabilmente all’entropia o al caos. Energia significa potenza, tenerla a freno significa controllare. Forse è un concetto semplice ma molte volte mi sfugge, ed il modo migliore per esercitare il controllo è quello di svilupparlo ogni giorno, anche nelle piccole mansioni quotidiane. Questa è solo una delle possibili strade verso il controllo ed il mio personale equilibrio. Ovviamente la potenza coesiste con il controllo e senza entrambe non saremmo nulla. E così proprio quando pensavo di aver capito tutto ecco la quarta palla, come per il lanciatore alla televisione, e nella quotidiana vita ricomincia la battaglia. Una battaglia quotidiana senza fine e questa consapevolezza può essere molto scoraggiante. Adesso nei momenti di pressione durante la giornata mi capita spesso di pensare a quel lanciatore e da filosofo da strapazzo che sono con sospiro mi chiedo e ora che cosa penso di fare?
Favria, 5.05.2020 Giorgio Cortese

Ci sono cose che ci vengono date in prestito o per brevi periodi, e cose che ci vengono donate per sempre. Abbiamo tra le mani un frammento di valore inestimabile che somiglia alla Primavera: la voglia di rinascere donando il sangue. Vieni adonare il sangue a Favria venerdi 8 maggio , cortile interno del Comune dalle ore 8 alle ore 11,20. Abbiamo bisogno di Te e grazie se fai passa parola. Attenzione a seguito del DPCM del 8 marzo 2020, per evitare assembramenti è necessario sempre prenotare la vostra donazione. Grazie per la vostra collaborazione. Cell. 3331714827
giorgio