Caro socio ed aggregato Alpino . – Il Natale. – Le campane di Natale. – Lo stupore del presepio meccanico di Giovanni, eccellenza Favriese! – La danza dell’ermellino! – Un semplice fiocco di neve. – Brindiamo! – Capodanno. – Sorridi! – Buon anno…LE PAGINE DI GIORGIO CORTESE

Caro socio ed aggregato Alpino
Caro socio ed aggregato Alpino Ti porgiamo gli auguri di S. Natale, il nostro è senza luci sfavillanti, con pochi e poveri regali, ma farti gli auguri e venirti a trovare è quello fatto con il cuore ed è certo di maggior valore. Caro Alpino è un S. Natale fatto in casa, un Natale col calore della casa e la famiglia, con accanto le persone più vicine e le più care, quelle che senti d’amare e che sono le più vere. Che bello il Natale Alpino dove si sta bene veramente nel trovarsi tutti uniti e nel dire alla sera la preghiera più sincera. Anche questo rappresenta i valori Alpini nel dire che lo spirito natalizio entra nei nostri cuori ogni giorno durante l’anno con il semplice gesto di solidarietà alpina, nel salutare con un sorriso chi incontriamo e nell’ascoltare con attenzione gli altri e specialmente gli anziani che hanno molto da dirci attraverso le loro preziose esperienze della vita vissuta, che sono un tesoro incommensurabile per tutti noi per affrontare insieme le sfide del prossimo anno, e poi dire sempre grazie per ogni cosa ricevuta. Come Alpini onoreremo sempre lo spirito del Santo Natale nei nostri cuori e cercheremo di tenerlo con noi tutto l’anno. Auguri di Buon Natale e di Felice anno Nuovo. W gli alpini

Il Natale.
Il Natale non è un periodo o una stagionalità, ma uno stato della mente. Deve portare tra di noi la gente pace e buoni propositi. Essere pieni di misericordia, significa avere il vero spirito natalizio. Se pensiamo a queste cose, dentro di noi rinascerà il Salvatore e su di noi brillerà il raggio di una stella che porterà un barlume di speranza per il mondo. Buon Natale, che sia un momento speciale da festeggiare, un meraviglioso risveglio del cuore. La ricetta giusta del Natale: tanti sorrisi, abbracci e pensieri positivi… questo è tutto quello che Vi auguro per Natale e ricordate sempre di fare splendere il Vostro cuore.
Tanti auguri di un Sereno e Buon Natale.
Favria, 24.12.2019 Giorgio Cortese

Prepariamo il nostro sorriso migliore, a Natale tutti vogliamo essere felici. Regaliamo allora uno splendido sorriso a chi amiamo, perché tutto dona felicità, ma una cosa ne dona molta di più, il sincero sorriso che fa felice tutte le persone che incontriamo. Senza di esso non si potrebbe essere così allegri. Buon Natale.

Le campane di Natale.
Tanto tempo fa in un piccolo villaggio, la leggenda narra, che nella notte di Natale, le campane prodigiosamente suonavano da sole. Un freddo dicembre passo un povero forestiero e chiese da mangiare e l’ospitalità per un a notte, era disposto anche a dormire in una stalla, ma nessuno lo ospitò. Da allora le campane cessarono di suonare prodigiosamente a Natale. Era tradizione in quel villaggio di portare dei doni da scambiarsi dopo la S.Messa di Natale, lasciandone anche vicino all’altare da dare ai poveri del villaggio. Quel giorno due bambini, Lorenzo e Leonardo, si avviarono come tutti verso la chiesa portando uno scudo a testa, frutto dei loro risparmi di mesi e mesi. Ma lungo la strada incontrarono uno straniero che gemeva per la fame e perché non aveva nulla da portare a casa da mangiare ai suoi figli piccoli. E allora i due bambini, Lorenzo e Leonardo gli diedero il frutto dei loro risparmi ma giunsero in chiesa con le mani vuote. Ma proprio allora, prodigiosamente le campane iniziarono a suonare una allegra melodia. Buon Natale.
Favria 25.12.2019 Giorgio Cortese

L’aria del Natale oggi inonda ogni casa, alberi e luci regalano l’atmosfera di festa. Oggi è Natale e ognuno di noi ha dentro ricordi di gioia e malinconia. Nelle notti fredde ognuno cerca calore. Nel cassetto dei miei ricordi ho trovato un vecchio biglietto con sopra incisa una frase… “Auguro Buon Natale”. È per questa ragione, il Natale è dentro al cuore tutto l’anno. Auguri di cuore!

Lo stupore del presepio meccanico di Giovanni, eccellenza Favriese!
Sono stato a casa di Giovanni e di Severina, perché dei comuni amici mi avevano parlato del loro bellissimo presepe. Un bellissimo presepio meccanico mi ha accolto nel salone d’ingresso della casa, costruito anno dopo anno con ingegno e pazienza, utilizzando per i meccanismi dei materiali di recupero, adattando ruote dentate di sveglie, motorini di piccoli elettrodomestici dismessi, il tutto attentamente modificato ed adattato, provato e riprovato sino ad ottenere dai personaggi del presepe movimenti di una naturalezza incredibile. Personalmente ho contato 18 statuine mobili nei movimenti, ma credetemi sono molto di più. Bellissima la cascata che fa muovere naturalmente la ruota del molino e che a sua volta con la dinamo alimenta altri personaggi, dai taglialegna all’asino recalcitrante, alle lavandaie, uno spaccato di vita quotidiana. Una pregevole opera dove ogni gruppo di statuine contiene particolari che, a prima vista, potrebbero sfuggire all’osservatore distratto e frettoloso, vanno guardati con pazienza, la stessa pazienza che l’autore ha dedicato con l’aiuto della moglie per fare sì che i movimenti apparissero naturali e coordinati, tali da dare la netta sensazione di uno spaccato di vita vera. Di fronte ai bagliori del presepe sul mio volto si accende lo stupore, nel silenzio ascolto un’angelica melodia e mi pare di sentire seguendone i loro movimenti le voci dei pastori e delle altre statuine piene di allegria. Se nella vita uno non riesce più a provare stupore e meraviglia è già come morto e i suoi occhi sono incapaci di vedere! Questo sentimento di stupore mi avvolge ogni anno fino nell’intimo nel pensare che in quella umile capanna, è nato neonato, il Salvatore, il Messia e Signore. Nato non con effetti speciali, ma come un normalissimo bambino, avvolto in fasce, adagiato in una mangiatoia, tenero e fragile come tutti i neonati, che dorme e succhia il latte come loro, che come loro ha per culla una ordinaria, semplicissima mangiatoia. Ecco cerco di spiegare cosa probo nell’animo lo stupore della straordinaria semplicità, una semplicità disarmante! Grazie Giovanni e Severina per avermi donato lo stupore con il Vostro bellissimo presepe meccanico, bello, semplice e classico nella migliore tradizione italiana ma con quella vena di creatività artistica che contraddistingue Giovanni, una eccellenza favriese.
Favria, 26.12.2019 Giorgio Cortese

Più passa il tempo e più mi convinco che l’unica cosa per cui valga la pena di vivere e morire è il privilegio di rendere qualcuno più felice e più utile. Nessun uomo che faccia qualcosa per il suo prossimo fa un sacrificio.

La danza dell’ermellino!
L’ermellino ha un corpo snello e allungato con zampe corte che misura tra 16 e 31 cm. La sua pelliccia, in estate, è bruna rossastra sul dorso e bianca con sfumature giallastre dal mento al ventre. La sua coda termina con un ciuffo nero. In inverno, il colore della la pelliccia diventa totalmente bianca, tranne la punta della coda che rimane nera. L’ermellino trae il suo significato di purezza e di candore dal suo manto bianco come il latte ed immacolato. Esso entra per questa ragione a far parte dell’abbigliamento di certi religiosi, attestando il valore spirituale della loro persona e della loro funzione. In araldica, designa una pelliccia bianca moscata di nero, lo stemma è composto di un campo d’argento seminato di fiocchetti di nero, in forma di trifoglio con il gambo tripartito ed allargato, che sono detti mosche d’armellino o moscature. Per ogni animale utilizzato nella confezione di un capo d’abbigliamento, la punta della coda, sempre nera, era separata dal resto della pelliccia e poi utilizzata per moscare, macchiettare la veste ottenuta. Il nome ermellino, anticamente armellino deriva molto probabilmente dal latino medievale armeninus, topo di Armenia! Questo mammifero è presente in tutto l’emisfero settentrionale, soprattutto nelle zone montane, tra i 1000 e i 3000 m di altitudine. Assomiglia notevolmente alla donnola con il corpo snello e affusolato con la coda, lunga da un terzo alla metà del corpo. La testa è appiattita, il muso corto, le orecchie piccole e gli arti molto brevi. Il folto e soffice mantello, assai pregiato, è di colore bruno chiaro-giallastro, tranne nelle parti inferiori del corpo, dove è bianco. L’uso della pelliccia di ermellino, soprattutto quella invernale bianca, la più pregiata, che è anche straordinariamente spessa, infatti in ogni centimetro racchiude fino a 20 mila peli, risale all’epoca bizantina, quando cominciò a essere utilizzata per ornare i mantelli regali con la stola d’ermellino, guarnizioni di ermellino. Una volta, come detto la cappa di ermellino veniva indossata tradizionalmente da regnanti come segno del potere, e oggi come insegna di dignità dai gradi più elevati della gerarchia accademica, Rettore, Preside di facoltà o giudiziaria come il Presidente di Corte di Cassazione, d’Appello, sopra la toga, in determinate occasioni in quanto ha assunto il simbolo del candore e dell’innocenza, si dice candido come un ermellino ed in araldica per indicare la raffigurazione della pelliccia di questo mammifero viene detto armellino. Nell’antichità severe leggi suntuarie ne proibirono l’uso, ma le donne seguitarono ad impiegarla facendola passare per pelle di agnellini lattanti o conigli bianchi e per fare una pelliccia ne occorrono tantissimi se pensate che la lunghezza di una pelle di ermellino è di circa. 20 cm. e la larghezza di 8 cm. Alla fine del 1400 Isabella d’Este Gonzaga richiedeva una bernia, ampio mantello, fatta con ottanta ermellini. Nel 1500 sarà solo per pochi privilegiati e spesso insegna di potere, infatti l’ermellino è la pelliccia più nobile ed è utilizzata come fodera di re e principi, oltre che come risvolto del copricapo papale il camauro. Ludovico il Moro aveva l’ermellino nel suo stemma araldico e anche Giovanni Andrea da Lampugnano, sicario ed uccisore nel 1476 di Galezzo Maria Sforza. Ed oggi essa viene usata dall’Alta Moda per bordare le vesti, e meno per mantello da sera, dato anche il suo alto costo. La variante più pregiata è detta ermellino mouchetè dal francese, col significato di macchiato, maculato e pare che risalgono al tempo di Marco Polo. Una curiosità, tra i nativi dell’Alaska e del Canada, la costellazione dell’Orsa Maggiore è talvolta paragonata ad un ermellino. Personalmente io sono dell’idea che quei manti preziosi donano più agli animali che a noi bipedi evoluti e che la loro vita è più preziosa ancora della loro pelliccia, senza contare che, cominciando a scarseggiare gli animali selvatici, sono arrivati anche ad uccidere quelli domestici per la nostra umana avidità solo per sete di denaro e potere. Lasciamo la caratteristica più accattivante del ermellino alla variazione del suo manto in natura. E se proprio lo voglio ammirare accontentiamoci di ammirare il quadro di Leonardo da Vinci “ La Dama con l’ermellino”.
Favria, 27.12.2019 Giorgio Cortese

Prendete la vita con filosofia, aggiungete un pizzico di allegria, dosate bene la malinconia e vedrete che l’anno nuovo sarà il più bello che ci sia.

Un semplice fiocco di neve.
Pare che a fine dicembre del 1610 il grande astronomo e matematico Keplero stava percorrendo il ponte di San Carlo a Praga. Capodanno si avvicinava e Keplero era angustiato perché non aveva nulla da offrire al suo grande amico e mecenate Johannes von Wackenfels come strenna per la fine dell’anno . Ma ecco che sul ponte inizia a nevicare e alcuni fiocchi di neve cadono sul mantello di Keplero. Keplero a una sua illuminazione da quale genio era. Porta al suo mecenate all’inizio dell’anno, un piccolo trattato che si addentra nella simmetria esagonale del fiocco di neve e pone le basi di quella che in futuro diverrà la cristallografia. Egli anticipa il problema oggi noto come packing . Mi hanno sempre affascinato i cristalli e non solo me ma tutti i grandi matematici del passato Oggi gli scienziati continuano a studiarne le sue forme. La forma della neve è anche divenuta a partire dal XX secolo, uno dei simboli per presentare l’inverno ed il periodo di Natale sui maglioni, accessori, tazze da tè e carta da regalo, in rete e nei cartoni animati. Le immagini che vediamo oggi sono quelle immortalate dalle fotografie di Bentley, un agricoltore del Vermont che e senza un’istruzione formale scattò nel 1885 la prima micro fotografia di cristalli di neve mai realizzare prima.
Favria 28.12.2019 Giorgio Cortese

Che il nuovo anno ti possa regalare nuovi quesiti da risolvere e dodici mesi di sorrisi.

Brindiamo!
Cin cin! Kanpai! Santé! Prosit! In tutto il mondo le persone si augurano il meglio facendo tintinnare i bicchieri prima di fare un sorso dal loro bicchiere. IL brindisi, un rituale d’augurio con cui si alzano i bicchieri facendoli toccare; discorso pronunciato in accompagnamento del rito. La parola brindisi deriva dal tedesco bring dirs’s, lo porto a te, sottinteso il bicchiere, quindi bevo alla Tua salute. Si tratta forse del più forte e comune fra i riti d’augurio rimasti nella nostra cultura, legato com’è alle gioie conviviali, e l’etimo ci racconta un nome che già contiene quella formula che siamo soliti pronunciare levando i calici: alla salute ma non solo. Racconta un brindisi che è portare, una leggera e ridente forma di sacrificio che si vuole sempre volgere a qualcosa: il brindisi non è un semplice bere. Molto probabilmente l’usanza di bere alla salute’ dei vivi deriva molto probabilmente dall’antico rito religioso di bere in onore degli dèi e dei defunti. Ai pasti i greci e i romani versavano libagioni agli dei, e ai banchetti cerimoniali bevevano in onore degli dei e dei defunti”, aggiungendo: “Il bere alla salute dei vivi dev’essere stato strettamente collegato a queste usanze che in sostanza equivalevano a sacrificio agli dei, quando un liquido sacro veniva offerto agli dei, sangue o vino in cambio di un desiderio, una preghiera riassunta con le parole “lunga vita!” o “alla salute”. Presso i primitivi è in genere l’ospite che beveva per primo, non tanto per garantire che la bevanda non fosse avvelenata, quanto per offrire la bevanda migliore. Già nei poemi omerici spesse volte dei ed eroi ci sono rappresentati nell’atto di bere scambievolmente gli uni alla salute degli altri. Nell’antica Grecia si usava declamare, improvvisando, discorsi o versi poetici durante il brindisi. Si chiamava Philotesia da philotes, amicizia. Veniva augurata una lunga vita di sangue o di vino in cambio di un desiderio, una preghiera riassunta nelle parole: “Alla salute!”. A Roma infatti si diceva bibere graeco more, bere alla greca, appunto per fare un brindisi . Un’altra usanza specialmente praticata nei brindisi al gentil sesso era quella, dopo aver bevuto di passare la coppa all’amica, d’intingere il dito nel vino e di scrivere col dito così bagnato il nome dell’amica sul tavolo. Con l’avvento del cristianesimo S. Ambrogio narra di un singolare uso dei cristiani, quello cioè di brindare non tanto alla salute dei vivi, quanto alla memoria dei martiri e dei santi. Bibere in amore sanctorum val animae defuncti, si chiamò questa strana forma di brindare che suscitò, come è logico, forti reazioni della chiesa. Fra i popoli nordici, all’atto del brindisi s’invocavano gli dei, gli eroi tradizionali, i re. Thor, Odino, Freya, Niord erano invocati dagli antichi Norvegesi prima di passare all’ospite il corno ricolmo di birra. Ai primi del Quattrocento l’uso era diffuso in Francia. In Normandia, contrariamente all’uso generale, era lecito persino bere alla salute delle ragazze. Luigi XIV, 1638-1715, vietò i brindisi, permettendo solo quelli fatti in occasione dell’Epifania. In Italia l’uso di brindare prese piede nel ‘500 in poi e si diffuse, con l’altro di comporre versi di circostanza. Secondo varie leggende, l’usanza dei calici che si toccano viene da preoccupazioni di avvelenamento. I bicchieri che si toccavano facevano in modo che la bevanda di un bicchiere sconfinasse in quella dell’altro. In questo modo se la bevanda di uno era avvelenata avrebbe avvelenato anche quella dell’altro, risultando l’atto, di fatto, una garanzia per l’invitato a bere. E qui una serie di serie di teorie si incentrano sul suono dei bicchieri che tintinnano. Una suggerisce che sia un residuo di una superstizione medievale. Nel Medioevo molti fenomeni naturali, per cui abbiamo adesso una spiegazione scientifica, erano attribuiti alla magia e ad esseri soprannaturali come angeli, demoni, fate e goblin. Per tenere gli spiritelli cattiva a distanza, le persone sbattevano i loro bicchieri per spaventarli con quel tramestio. Un’altra afferma che il brindisi era un modo per i ricchi di mostrare di essere abbastanza benestanti da potersi permettere bicchieri di cristallo. Facevano toccare i bicchieri lievemente l’uno con l’altro, così che i loro ospiti potessero sentire la differenza tra il suono chiaro del cristallo e quello più debole del vetro. Una terza spiega che fosse un modo per includere tutti i sensi quando ci si gode un buon drink. Senti il bicchiere in mano, vedi il colore della bevanda con i tuoi occhi, senti il suo profumo con il naso e l’assaggi con la bocca. Con il tintinnio, includi anche le orecchie in questa esperienza sensoriale. Una spiegazione alternativa è che facciamo tintinnare i bicchieri per sentirci connessi gli uni con gli altri. Anche questa teoria vede le sue origini in epoca medievale. Durante le occasioni speciali, si faceva una coppa comune perché tutti facessero un sorso dalla stessa. Per ragioni igieniche, questa venne poi sostituita con bicchieri individuali. Da allora, invece di bere dalla stessa coppa, le persone hanno fatto tintinnare i loro bicchieri e bevuto simultaneamente in segno di unione e connessione. Il brindisi in Inghilterra si chiama Toast, significante a parola, fetta di pane tostato. Anticamente gli Inglesi non bevevano senza prima inzuppare nel vino una crosta di pane tostato. Il termine può essere applicato alla persona o alla cosa celebrata nel brindisi. Così, una persona potrebbe essere il brindisi della serata, per il quale qualcuno propone un brindisi per congratularsi. Tranne che in piccole e informali incontri, un brindisi è offerto in piedi. Ci sono alcune eccezioni come nel caso del British Royal Navy dove si può fare un brindisi da seduto, perché nelle vecchie navi da guerra di legno sotto le piattaforme, il soffitto non era abbastanza alto da permettere di stare in piedi. Trattenere il bicchiere, dopo il brindisi senza bere, è considerato come scortese, come se non si condividessero i sentimenti benevoli espressi nel brindisi. Il brindisi è fatto tradizionalmente con bevande alcoliche. In caso di bevande analcoliche, superstiziosamente è meglio non toccare i bicchieri. In alcune culture, brindare con un bicchiere vuoto può essere considerato accettabile, ma solo per gli astemi. In alcune tradizioni, c’è l’usanza di guardare negli occhi ogni “brindante” prima di bere. Sempre per superstizione, nel caso in cui i bicchieri fossero di plastica, ci si tocca le dita e non i bicchieri stessi. Nella Marina degli Stati Uniti, un brindisi non deve mai essere fatto con acqua, perchè se così fosse sarebbe come augurare una sepoltura nell’acqua di mare. I brindisi sono generalmente offerti in momenti di celebrazione o commemorazione, tra cui alcune festività, come Natale e Capodanno. Altre occasioni comprendono le celebrazioni di pensionamento, feste di inaugurazione di una nuova casa, nascite, compleanni. A un ricevimento di nozze, il padre della sposa, nel suo ruolo di padrone di casa, offre regolarmente il primo brindisi, ringraziando gli ospiti per la partecipazione, offrendo ricordi di buon gusto dell’infanzia della sposa. Desiderando agli sposi una vita felice insieme prepara un breve discorso, che combina con una miscela di umorismo e sincerità. Il brindisi viene quindi fatto alla fine del discorso ed è accompagnato generalmente da una breve frase per augurare agli sposi una felice e sana vita amorosa insieme. Ma se visitate l’Ungheria evitate di brindare con la birra. Questo rimanderebbe a quando gli austriaci celebrarono, ne XIX secolo, la repressione della rivolta ungara, brindando con boccali di birra. Tra la gente del Caucaso, in particolare in Georgia, il brindisi è guidato dal Tamadá, il maestro di cerimonia. I brindisi iniziano solitamente con discorsi tipo parabole apparentemente estranei all’occasione, ma con una conclusione pertinente che arriva in modo imprevisto. Cin Cin è l’esclamazione più comune in Italia all’atto del brindisi. Ha origini cinese e significa, prego prego. Usato tra i marinai di Canton come forma di saluto cordiale ma scherzoso, fu esportato nei porti europei. È entrato nelle usanze popolari essenzialmente per la somiglianza onomatopeica con il suono prodotto dal battere due bicchieri tra loro. Ma non usate cin cin in Giappone, la parola chinchin, molto simile, che significa, tra le altre cose, pene! Prosit, in latino, significa letteralmente sia di giovamento. È un’esclamazione usata principalmente nei paesi del Nord Europa. La parola è usata anche in campo liturgico al rientro in sacrestia, dopo la conclusione della Messa, dai ministranti verso il celebrante, il quale risponde con Deo gratias vobis quoque. Dimenticavo la parola brindisi non c’entra niente, però, con la vivace città di Brindisi, che deve invece il suo nome a ‘brendos’, vocabolo dei Messapi, antico popolo pugliese, che significa cervo. Tuttavia , una leggenda vuole che l’augurio di brindare abbia sí a che fare con la città pugliese, che già dall’epoca dei Romani rappresentava uno dei principali porti di accesso alla Grecia ed al Mediterraneo intero. Nel periodo di massimo splendore di Roma, Brindisi rappresentava forse il porto più importante di tutto l’impero. Il suo scalo era importante anche nel Medioevo per le crociate in Terrasanta, e nel XIX secolo per il collegamento tra Londra e le Indie Orientali. Quando i marinai attraversavano i mari impervi dell’Adriatico, di ritorno verso Brindisi, aspettavano con ansia l’avvistamento della terra ferma, del porto più vicino. Tale porto era proprio Brindisium. Quindi al vedere la terra ferma, invece del forse più ovvio terra, terra, gridavano Brindisium, dando via alle commemorazioni che ovviamente sfociavano in fiumi di vino per tutti.
Favria 28.12.2019 Giorgio Cortese

Vi auguro che ogni bollicina del vostro brindisi sia un desiderio che si avvera, in questo nuovo anno. Tanti auguri.

Capodanno.
Naturalmente non c’è bisogno di spiegare la natura della parola, però ne approfittiamo per parlare della notte di San Silvestro. Il 31 dicembre del 335 muore Papa Silvestro I, proclamato santo in seguito alla miracolosa guarigione dalla lebbra dell’imperatore Costantino. Secondo la tradizione, Costantino curava la sua malattia lavando le piaghe col sangue, e per questo aveva dato inizio ad un orrendo eccidio di bambini. Silvestro intervenne per porre fine alla strage, guarendo l’imperatore. La guarigione miracolosa convinse l’imperatore della potenza della fede cristiana ed a promulgare gli editti che posero fine alla persecuzione dei suoi seguaci. Il 31 dicembre si ricorda quindi il papa che permise, grazie al suo intervento, la “ufficializzazione” della religione cristiana.
Favria 29.12.2019 Giorgio Cortese

Nella vita le persone di talento percepiscono le differenze, i geni l’unità.

Sorridi!
Sorridi! Nella vita sorridi sempre perché il sorriso sa di Paradiso! Non c’è nessuno tanto povero da non poterlo dare, né tanto ricco da poterne fare a meno. …e allora sorridi! Questo è il mio sincero augurio di Buon Anno!
Favria 30.12.2019 Giorgio Cortese

A capodanno prendi carta e penna, un nuovo capitolo della tua vita attende di essere scritto. Nuovi propositi e nuovi sogni sono pronti per essere realizzati. Auguri.

Buon anno…
Buon anno con la speranza nel cuore e un sorriso. La speranza fa sbocciare e fiorire i nostri desideri, ci aiuta ad andare avanti nei momenti bui e tristi. Il sorriso è luce, calore, illumina noi e chi incontriamo nel nostro cammino. Buon anno a chi è pieno di entusiasmo e ha tanti progetti da realizzare e tanto amore da donare. Buon anno a chi si prodiga per i disagiati, per gli ammalati, per i bisognosi, offrendo cure e attenzioni. Buon anno a chi tra un sorriso e una lacrima, coglie il meglio che la vita gli regala. Buon anno a tutti, nessuno escluso, anche a chi è pieno d’invidia e di astio, a chi ha un cuore arido e freddo, a voi auguro con tutto il cuore di ritrovare la gioia dell’amore.
Buon anno a tutti Voi!
Favria 31.12.2019 Giorgio Cortese

Buon anno…
Buon anno con la speranza nel cuore e un sorriso. La speranza fa sbocciare e fiorire i nostri desideri, ci aiuta ad andare avanti nei momenti bui e tristi. Il sorriso è luce, calore, illumina noi e chi incontriamo nel nostro cammino. Buon anno a chi è pieno di entusiasmo e ha tanti progetti da realizzare e tanto amore da donare. Buon anno a chi si prodiga per i disagiati, per gli ammalati, per i bisognosi, offrendo cure e attenzioni. Buon anno a chi tra un sorriso e una lacrima, coglie il meglio che la vita gli regala. Buon anno, a Voi Direttivo e soci del Centro Incontri Pensionati che con la Vostra esperienza ci insegnate ad imparare dal passato per vivere il presente e guardare il futuro, ma soprattutto con la speranza che l’alba di ogni giorno del nuovo anno porti cose uniche e indimenticabili! Buon anno a tutti, nessuno escluso, anche a chi è pieno d’invidia e di astio, a chi ha un cuore arido e freddo, a voi auguro con tutto il cuore di ritrovare la gioia dell’amore.

Auguro a…
Auguro a tutti Voi che ogni giorno sia il vostro capodanno, che ci siano nuove ore per nuovi propositi e nuovi sogni, che ogni singolo nuovo giorno sia celebrato con sorrisi di speranza e con abbracci d’amore per la vita!

Si riparte con il 2020, rimettiamo l’orologio su gennaio. Buon anno a tutti!…

…..Continua al 2020….
Giorgio