Caro Gesù Bambino – Buon Natale – Wren day, rè castegna! – L’asepsi dell’acrimonia una malattia che rovina la vita – Il filo rosso dei Martiri innocenti – L’eudemonia del pusigno conviviale – Protervo – Auguri di un felice 2017…LE PAGINE DI GIORGIO CORTESE

Caro Gesù Bambino – Buon Natale – Wren day, rè castegna! – L’asepsi dell’acrimonia una malattia che rovina la vita – Il filo rosso dei Martiri innocenti – L’eudemonia del pusigno conviviale – Protervo – Auguri di un felice 2017…LE PAGINE DI GIORGIO CORTESE

Caro Gesù Bambino,
Ti chiedo un grande regalo, cancella dai nostri cuori la parola “io” e semina la parola “tu”, affinché cresca con essa l’amore che hai tentato di insegnarci, la comprensione che abbiamo perso, la gioia che abbiamo nascosto, la pace che ci è stata rubata. Quando il “tu” coprirà l'”io”, sarà veramente Natale non solo nel mondo, ma nei nostri cuori… Buon Natale!
Favria 23.12.2016 Giorgio Cortese

Buon Natale a tutte le persone eternamente grate alla propria vita per ciò che di buono possiedono, sia spiritualmente sia materialmente. Il mio augurio per Natale? Che possiate conservare in Voi la tenerezza per il passato, che possiate fare scorta di coraggio per il presente, e trovare nel cuore la speranza per il futuro. E il fervido auspicio che ogni calice possa traboccare di benedizioni eterne, e che ogni strada della Vostra vita possa condurre alla pace, all’amore e alla serenità.
Buon Natale e Felice 2017
Favria, 24 dicembre Giorgio Cortese

Buon Natale il mio augurio è che nella vita di ogni giorno non diamo mai niente per scontato e soprattutto non tratteniamo mai le emozioni, non priviamoci mai dire quello che sentiamo. Se sentiamo di dire Ti voglio bene ditelo, che fa bene al cuore e allo spirito e non solo a chi lo dite, più che altro a voi stessi. L’amore scalda l’anima, un gesto, una parola, un sorriso, un abbraccio. Sono preziosi, molto più di quello che si crede. Non sono bravo a scrivere ma, Vi auguro di passare il Santo Natale con le persone che amate, e se sono lontane saranno comunque con voi dentro di voi. Ma più che altro vi e mi auguro tanta serenità e tanto amore, che ne abbiamo bisogno tutti. . E tanti auguri anche a chi sa valorizzare, con sincero affetto, amici e parenti non soltanto il 25 dicembre
Buon Natale amici miei.

Wren day, rè castegna!
Lo scricciolo il più piccolo insettivoro presente in Italia, ma difficile da vedere e riconoscere sia per le ridotte dimensioni sia per l’indole schiva. Il piumaggio di questo pennuto è di colore castano, uniforme salvo una finissima barratura chiara ed un “sopracciglio” biancastro. La corta coda è uno dei tratti più distintivi dell’uccello, in quanto è spesso rivolta verso l’alto. Un interessante aneddoto sullo scricciolo riguarda il suo soprannome in alcune zone di Italia, “piccolo re” o varianti dialettali. In Piemonte è il “cit re”, in Canavese “ re castegna”, forse perché grosso come una castagna! Piccolo si può capire, ma perchè re? Un racconto popolare narra della guerra che ci fu tra gli animali “grandi”, capeggiati dall’orso, e quelli “piccoli”, guidati dallo scricciolo, i cui piccoli erano stati offesi dall’orso. Grazie ad uno stratagemma, la zanzara, oppure la vespa, andò a pungere l’alfiere dell’esercito nemico, la volpe, sotto la coda finchè questa non fu costretta ad abbassarla e tutti gli animali grandi credettero che questo significasse la sconfitta e fuggirono. Fu così che lo scricciolo vinse ed ottenne, oltre alle scuse dell’orso, il titolo di re di tutti gli animali. Un’altra favola, di origine probabilmente celtica, ha invece come soggetto una competizione tra gli uccelli, si narra che sarebbe diventato re degli uccelli chi fosse riuscito a volare più in alto. Sembrava che il vincitore fosse l’aquila, ma lo scricciolo gli si era poggiato sul dorso così da vincere facilmente. Nelle isole Britanniche lo scricciolo si chiama Jenny Wren. Wren day è il nome irlandese della nostra festa di Santo Stefano, 26 dicembre, che, insieme a Natale, corrisponde alle antiche feste del solstizio d’inverno. Nell’antica tradizione celtica uno dei riti di questa festa era l’uccisione dello scricciolo, appeso ad un ramo di agrifoglio, tradizione rimasta molto a lungo in Irlanda, da cui il nome Wren day. Un’altra leggenda molto antica narra che che lo scricciolo con il suo forte canto rivelò ai soldati romani il rifugio di S. Stefano, che fu catturato e martirizzato. Ancora oggi, in alcune zone dell’Irlanda è tradizione celebrare una simbolica caccia allo scricciolo, il 26 dicembre. Durante il Wren Day l’effige di uno scricciolo viene posta su un ramo o un palo, e tutti i bambini del villaggio devono colpirla con bastoni o sassi, fino a farla cadere. Una volta “ucciso” lo scricciolo, i bambini dovranno bussare alle porte del paese con un rametto di agrifoglio in mano, chiedendo soldi per seppellire lo scricciolo cantando un antica filastrocca. Nella a tradizione celtica, la lotta tra le due parti dell’anno, è rappresentata dalla lotta tra il re-agrifoglio, o vischio, che rappresenta l’anno nascente e il re-quercia, che rappresenta l’anno morente. Al solstizio d’inverno il re-agrifoglio vince sul re-quercia, e viceversa per il solstizio d’estate. Una variante di questa lotta è rappresentata dal pettirosso e lo scricciolo, nascosti tra le foglie dei due rispettivi alberi. Lo scricciolo rappresenta l’anno calante, il pettirosso l’anno nuovo. Il nostro albero di Natale e la tradizione del vischio sono il retaggio di questi miti, come le cartoline natalizie che associano il vischio e l’immagine di un pettirosso. Per vederlo, lo scricciolo, bisogna prestrare attenzione al suo trillo, acuto e potente, ed al codino ritto. Le sue minuscole dimensioni mi ricordano che da ogni piccolo germoglio nasce un albero con molte fronde, e ogni grande costruzione si erige con la posa della prima pietra e allora ogni viaggio comincia con un solo primo piccolo passo.
Favria 26.12.2016 Giorgio Cortese

Nella vita di ogni giorno una sconfitta non è una perdita, ma un’importante lezione. Cerco di fare sempre tesoro delle quotidiane sconfitte perché solo cosi mi rendo conto che la giornata non è stata inutile per la mia vita.

L’asepsi dell’acrimonia una malattia che rovina la vita
La parola asepsi significa assenza di germi, sterilizzato. Il lemma deriva dal greco a, privativo che nega la successiva parola sepsis putrefazione. L’asepsi, può apparire nell’uso medico, come qualcosa di molto positivo, infatti la sterilizzazione riesce fondamentale per evitare infezioni. Ma nell’uso del linguaggio figurato, quando si dice che qualcosa è asettico, non si intende una qualità positiva perchè l’asettico è freddo, privo di passione, perfino privo di carattere. Invece l’acrimonia deriva dal tardo latino acrimonia da acre con il significato di asprezza e livore. Quando passeggio e al lavoro se osservo bene i volti delle persone noto che sempre di meno sorridono e hanno il volto disteso. Se potessi osservare il mio volto allo specchio, in alcuni frangenti della vita vedrei quali sono le espressioni dominanti. Sempre più spesso vedo nei mie simili volti scuri, arrabbiati, irritati. E non solo per disturbi fisici. Anzi, spesso il motore di questa maschera di acredine stampata sul volto ha una duplice motivazione: nasce anzitutto da una sostanziale frustrazione per quello che non si è o non si ha, dove rabbia e dolore nascono sempre dal posare lo sguardo sul lato buio della vita, invece che su quello luminoso. Certo, ci sono molte ragioni obiettive per avere un’espressione amara sul volto: ansia, angoscia, dolori fisici ed emotivi, malattie, solitudine, difficoltà di lavoro e difficoltà economiche, disperazione, possono segnare il volto e il cuore con cicatrici profonde. Ma moltissima acredine nasce dal considerare la propria vita e quella degli altri. Si diventa freddi nell’animo con le emozioni in asepsi e con il pensiero dominato dall’acredine, mi sembra quasi una malattia virale che oltre alle espressioni scure nei volti genera sempre di più è le ondate di insulti e di aggressività che si scatenano anche sul web. Certo i motivi per arrabbiarsi sono seri e precisi, e questo è vero. Ma questa asepsi e acrimonia nell’animo non porta da nessuna parte, e peggiora la vita quotidiana. Ritengo che per guarire occorre fare uno sforzo di alzare la testa e puntare lo sguardo su ciò che è positivo, impegnandomi per amplificarlo. Un detto degli anziani diceva che “Un mai contento è un sventurato”, con efficace sintesi della saggezza popolare. Nella vita di ogni giorno per non farci intossicare dall’acredine che porta ad un animo avvelenato di aspesi delle emozioni bisogna ridurre l’impatto degli atteggiamenti negativi degli altri. Insomma per vivere bene, e col sorriso, in certi momenti bisogna liberarsi dagli infrequentabili. Conoscenti, parenti o pseudo-amici che siano. Quelli con l’acredine stampata in faccia, prima di tutto. E quando non è possibile, è saggio aumentare almeno la distanza interiore, quel sano distacco che protegge buonumore, sorriso e gioia di vivere. Perchè solo cosi si riesce a dimenticare le offese e seppellire nel silenzio il rancore, cercando di confortare chi è triste e sorridere a tutti, anche a me stesso.
Favria 27.12.2016 Giorgio Cortese

Ho scoperto che spesso nei rapporti umani sono apprezzato più per i miei difetti che per le mie buone qualità.

Il filo rosso dei Martiri innocenti
Il vile terrorismo dalle molte teste come la mitologica Idra di Lerna, torna a colpire con una trama ed un ordito che a prima vista possono sfuggire, anche perché siamo sgomentati e sconvolti da questa ennesima e purtroppo non ultima strage. Questi criminali, e non ho in mente un altro epiteto che renda meglio il mio disprezzo sono ritornati alla ribalta con due episodi che sembrano slegati ma che hanno forse una loro diabolica linea rossa di sangue che le unisce. L’attacco al mercato natalizio di Berlino e l’assassinio dell’ambasciatore russo ad Ankara, sono entrambi episodi che cercano di destabilizzare sia l’Unione Europea, soffiando sul fuoco del populismo xenofono che per incrinare i rapporti tra Russia e Turchia. Si sa della spinta geopolitica di Mosca verso i “mari caldi” già ai tempi di Ivan, di Pietro, di Caterina e di Nicola, che ha storicamente trovato prima in Istambul, e poi in Ankara, l’ostacolo principale, la guerra di Crimea ne è stato nel passato un episodio. Poi nel Medio Oriente continua il martirio di popolazioni inermi come ad Aleppo ed in altre zone che non sono coperte dai media, ma che soffrono efferati omicidi giorno per giorno. Lo sappiamo bene, anche se è una consapevolezza che cerchiamo di rimuovere specialmente in questo periodo dell’anno, la serpe infida dell’assassino della guerra e del terrorismo, quando è in difficoltà sul piano militare diventa feroce e spietata contro gli innocenti ed inermi cittadini ed i fatti di sangue di Berlino e di Ankara lo dimostrano in modo drammatico. Ma da sempre i cinici giochi di potere, come quelli che hanno fatto strage di Aleppo e della sua gente, li pagano soprattutto gli incolpevoli e siamo di nuovo ad una strage degli innocenti come quella di Erode. Per solidariteà a chi innocente e soffre sulla propria pelle a questi cinici giochi di potere mi viene da modificare la frase che il presidente americano Kennedy disse il il 26 giugno del 1963 : “Ich bin ein Berliner” io sono berlinese in “siamo tutti esseri umani”, certo questo sembra solo un sogno ma se sogniamo assieme un futuro migliore di pace e fratellanza, allora è la realta che comincia.
Favria, 28.11.2016 Giorgio Cortese

C’è differenza fra essere buono e volere essere ritenuto tale. Ritengo che sianobilità dell’animo essere buono, ma è più nobile insegnare agli altri ad essere buoni, ed è meno faticoso.

L’eudemonia del pusigno conviviale
Mi spiego subito l’eudemonia significa la felicità quale scopo di vita e fondamento morale e deriva dal greco eudaimonìa, felicità, benessere, composto da eu, buono e daimon, genio ma anche demone. L’eudemonia o meglio eudaimonia che forse è fedele dalla traduzione del greco, non è la semplice felicità. L’eudemonia è la felicità intesa come scopo della vita, e come fondamento morale, insomma una felicità a cui viene dato un ruolo preciso nell’indirizzare la mia condotta, e non solo una condizione passeggera come il bel tempo. Certo è un bel concetto che mi fa riflettere, questo pensiero ha attraversato la filosofia antica dai presocratici ad Aristotele, e in questo percorso, in cui sono segnati la differenza con la ricerca del piacere e il legame con la virtù, appare evidente il suo carattere mutevole che è bene porre la felicità come scopo di vita e fulcro morale, ma resta da capire il piccolo particolare di che cosa sia la felicità! In effetti, si tratta di una delle definizioni più difficili da dare, vista la vaghezza e la soggettività della sua considerazione, perché nell’animo di ciascuno di noi c’è la personale definizione di che cosa sia la felicità e poi questo concetto astratto e variabile finisce per far perdere i contorni di ciò che significa. Molti intendono la felicità come serenità, altri come la realizzazione dei propri sogni. Personalmente la mia eduonomia, oltre che avere l’animo sereno è quello del pusigno conviviale. Pusigno, significa ghiotto spuntino che si fa a tarda ora, dopo cena e deriva dal tardo latino postcenium. Certo è una parola ormai dimenticata, ma ha è sempre attuale. Prima di continuare devo fare la premessa che la cena nel mondo latino, era un pasto ben diverso dalla cena che si conosce oggi. Allora, era il pasto principale della giornata, e gli altri erano poco più che spuntini. La cena, in quel tempo, veniva consumato a metà pomeriggio, alla fine della giornata lavorativa, e così è stato per lunghi secoli. Quindi, uno spuntino ulteriore dopocena, se ce lo si poteva permettere, ci stava tutto. Ma anche oggi, in cui la cena dovrebbe essere un pasto più leggero, e consumato a sera, il rilassato lasso di tempo fra la cena stessa e l’andare a dormire è sufficiente a risvegliare la gola, in barba alla sazietà, ed ecco allora il pusigno, d’estate un gelato oppure dei biscotti, cioccolatini, certo sconsigliato da tutti i medici e da ogni buonsenso salutista, ma che prima di andare a dormire penso a torto di essermelo e presuntivamente meritato in quanto sono in quel momento posseduto dal buon demone, l’eudemonia, della golosità!
Favria 29.11.2016 Giorgio Cortese

Nella vita da solo posso fare così poco ma insieme ad altri esseri umani, tutti insieme possiamo fare così tanto. Nella vita nessuno può fischiettare una sinfonia, ci vuole un’intera orchestra per riprodurla.

Protervo
La parola protervo come si intuisce significa arrogante, superbo, insolente e deriva dal latino protervus, insolente e sfrontato. Le persone proterve hanno una superbia ostentata ed anche una insolenza dovuta ad una mancanza di garbo dovuta ad una esuberanza fuori luogo. Nel protervo che conosco noto una superbia arrogante, scura, un’insolenza sfacciata in quanto si presume sempre il più furbo di tutti, mi sembra quasi cattiveria allo stato puro. Ma pensare che anticamente a questa parola furono ricondotti anche dei significati positivi, quale l’ardore e la passione. Di protervi al mondo ce ne sono tanti, e riconoscerli col loro nome è il primo passo per gestirli. Quello che mi consola che è una parola così fine, e di una sonorità così espressiva, almeno quella!
Favria 30.11.2016 Giorgio Cortese

La coerenza è comportarsi come si è, e non come si si è deciso di essere. E il primo dovere morale di ogni essere umano è di essere sempre se stessi

Auguri di un felice 2017
Alla fine di ogni anno trovare le parole è facile, ce ne sono molte che potrei dire: che sia un anno fantastico, che questo sia per Voi che mi leggete un anno dove avrrete le Vostre soddisfazioni, che i Vostri desideri si realizzino. Potrei continuare ancora, ma preferisco dirtVi auguri, a Voi che sietei sulla mia stessa strada, andando verso il futuro, ognuno di noi con le sue aspettative da realizzare. Auguri amici di viaggio per questo nuovo anno.