Calembour!.-Dai Marut ai berserkir il mito dei guerrieri mannari!.- Il mostro che è in noi.-Damnatio memoriae!.- Il poilu!- Indovina grillo…LE PAGINE DI GIORGIO CORTESE

Nella vita di ogni giorno non devo mai aspettare che il vento gonfi la vela della mia fortuna, ma devo iniziare a soffiarci dentro io per raggiungere il traguardo senza fretta ma sempre senza sosta.

Calembour!
Calembour è un termine originario della lingua francese. La parola calembour indica un particolare gioco di parole, basato elazione che c’è tra due parole che hanno la stessa pronuncia ma un significato diverso. Ad esempio la parola miglio che è sia una pianta sia un’unità di misura, oppure con una grafia diversa, anno e hanno, l’ago e lago, ceco e cieco, la normale e l’anormale, l’etto o letto, in linguistica si chiama omofonia. Altro sistema di ottenere un calembour è quello di posizionare le parole in una frase facendo in modo che l’ultima sillaba della prima parola insieme alla seconda parola ne formi una terza, di un certo significato. Vi sono anche calembour basati sulla omonimia di alcune parole, come la frase “siamo soli” può voler dire “siamo in solitudine” oppure “siamo stelle splendenti”. Anche nei geroglifici dell’antico Egitto sono stati individuati dei calembour, favoriti anche dall’abbondanza di caratteri usati, circa ottocento, e dalla loro somiglianza. Freud riteneva il calembour un’arguzia legata a un gioco di parole, ovvero un modo privilegiato di manifestarsi dell’inconscio. Il calembour viene utilizzato come strumento di comunicazione da scrittori, attori comici, barzellettieri, pubblicitari, giornalisti, comizianti, manifestanti ed enigmisti. Si tratta di un tipo di comunicazione bidirezionale, perché, nel creare frasi equivoche ed allusioni, si vuole attirare l’attenzione del lettore o dell’ascoltatore attraverso una sua partecipazione interpretativa. Anche nel in politica viene spesso usata la tecnica del calembour, che, facendo leva sul pathos, risulta più efficace di tanti discorsi che invece fanno leva sul logos. In francese il marchese di Bièvre Georges-François Mareschal, letterato francese che viene ricordato per i suoi scritti burleschi che rimisero in voga il calembour, come Almanach des calembours del 1771 ed una finta tragedia in un atto, Vercingétorix, in cui ogni verso contiene un gioco di parole, e Les amours de l’Ange Lure et de la Fée Lure del 1772. E per finire una serie di raccolta di calembour, barba, peluria, noia, canto, canzone, angolo, fattore, agricoltore, termine della moltiplicazione, fine, termine, scopo, lira, strumento musicale, moneta italiana, mandarino, agrume, dignitario cinese, squadra, gruppo di persone, strumento tecnico, riso, vegetale, risata, corte, reggia, corteggiamento, tribunale, verso, metro poetico, rovescio, direzione, Scala, teatro di Milano oppure mobile, arredo domestico, da non confondere con scala mobile, impianto di trasporto. Calembour con cambi d’accento: bòtte, bótte, fòro, fóro, pésca, pèsca, re, nota musicale, sovrano. Spostando d’accento: calamita, calamità, pànico, paníco.
Favria, 7.09.2017 Giorgio Cortese

Se nella vita di ogni giorno gli esseri umani fossero simili ad alberi, che nonostante le intemperie subite continuano a crescere, tutta l’umanità sarebbe una meravigliosa foresta.

Dai Marut ai berserkir il mito dei guerrieri mannari!
In Inda circa 4 mila anni fa ci sono i primi cenni di guerrieri sovrumani che come due lupi a due zampe mangiavano brillanti di una luce magica, chiassosi e bellicosi, mostravano i loro denti di ferro e ruggendo come leoni. Erano i Marut, ma altre tracce di guerrieri mannari che si trovano nelle pianure dell’Iran, sul Caspio, sulle rive del Mar Nero fino ai monti della Grecia arcaica. Dalle colline del centro Italia sino alle isole britanniche, insomma sino a dove si sono sparsi i popoli indoeuropei portatori di questo mito. Nei popoli indoeuropei prima di cedere il posto al leone come re degli animali, venivano considerati come animali totemici simbolo di forza l’orso ed il lupo. Nelle saghe dei Vichinghi erano famosi i berserkr, plurale berserkir che deriva da una parola norrena , bera, orso e serk camicia, infatti questi guerrieri indossavano come corazza solo la pelle d’orso. Esistevano anche gli Ulfhednar, che combattevano con la pelliccia di lupo, ulfr tra i Longobardi. Pare che questi guerrieri si riunivano in confraternite, scapoli e prima della battaglia assumevano sistanze allucinogene, con l’assunzione del fungo allucinogeno Ammanita muscaria unito ad una abbondante bevuta di idromele e birra e la loro furia era detta berserkgangr, la furia dei Berserkir. Con l’avvento del Cristianesimo caddero nell’oblio o perlopiù relegati a banditi manigoldi per spaventare i bambini, l’uomo nero.
Favria, 8.09.2017 Giorgio Cortese

Il rischio più grande della giornata è quello di non rischiare

Il mostro che è in noi.
Leggendo i mitici nordici o le narrazioni fantastiche di Tolkien, mi viene da pensare a quale sia stata nei millenni la relazione tra esseri umani e mostri. Ho visto in televisione una presentazione del film, uscito a giugno, Wonder Woman e non posso non pensare che la parola Wonder, meraviglia, in inglese antico “Wunder” significa l’indicazione di mostro, insomma tra meraviglia e mostri il passo è breve. Ma che dire allora del mostro Grendel, dall’inglese to grind, digrignare i denti, mostro che si abbatte sulla corte danese e mangia i corpi dei guerrieri. Grendel mostro grandissimo, smisurato nelle sua mole. Si scopre in questa narrazione mitologica che il mostro non va alla corte danese per fame, ma per rabbia, sentimento umano, in quanto si sente esclkuso dalla vita sociale dei guerrieri e delle dame della corte. Grendel, abita nelle acque stagnanti perché incute paura, insomma è il prototipo dell’escluso come lo straniero odierno che viene messo al limite del mondo civile. Nelle fiabe e nei miti il nostro muore sempre e l’eroe di turno trionfa. Anche gli dei greci e del nord Europa non sono esenti da scontri con mostri uno di questi e Thor. Figlio di Odino combatte con il martello, Mjollnir, il serpente marino. Oggi, noi esseri umani siamo ancora circondati da mostri, non più simbolici ma reali, esseri umani come noi. Perché dentro di noi esiste una natura mostruosa che non aspetta che uscire allo scoperto dalla razionalità per generare delle brutalità, sta a noi capire la linea di demarcazione interna per domarla ed evitare il caos.
Favria, 9.09.2017 Giorgio Cortese

Nella vita quotidiana ci sono quattro tipi di libri, quelli che ho letto e apprezzato, quelli che forse era meglio non leggere, quelle che non so di aver letto e quelli di cui non conosco l’esistenza.

Damnatio memoriae!
Damnatio memorie è una frase latina che significa letteralmente “condanna della memoria”. Nell’Antica Roma indicava una pena consistente nella cancellazione della memoria di una persona alla sua morte e nella distruzione di qualsiasi traccia che potesse tramandarla ai posteri, come se non fosse mai esistita. Si trattava di una pena particolarmente aspra riservata agli hostes, ossia ai nemici di Roma e del Senato, reali o presunti o divenuti tali dopo essere caduti in disgrazia del potere politico. Il suo contrario era l’apoteosi, che implicava l’attribuzione di onori divini dopo la morte. Ma non solo nell’Antica Roma venne applicata ma anche in tempi recenti come la cancellazione dei simboli legati al fascismo in Italia, compresa la “ Conventio ad excludendum” anche qui frase latina per indicare l’intesa tra le forse politiche fino al 1976 di escludere il PCI quale possibile forza democratica di governo. Queste forze temevano il legame tra il PCI e l’Unione Sovietica e i paesi satelliti, retti tutti da sistemi di dittatura. Oppure il MSI escluso da qualsiasi tipo di dialogo o collaborazione politica dalle altre forse politiche italiane, a causa del legame troppo stretto tra questo partito e il disciolto Partito Fascista. In Germania la rimozione del nazismo, in Spagna i monumenti dedicati al dittatore Francisco Franco per non parlare a quelle di Saddam Hussein in Iraq, di Gheddafi in Libia e in Russia con la caduta del comunismo. Ma è possibile cancellare la memoria storica? Oppure le disgrazie e rovine di oggi ne rafforzano il ricordo di domani? Ieri come oggi, è possibile cancellare la memoria storica? A livello puramente ideologico, è chiaro che la storia possa essere manipolata. L’oggettività delle fonti è sempre presunta, soprattutto se stiamo studiando un periodo passato o trapassato. Non perché “la storia è scritta dai vincitori”, piuttosto perché le dinamiche sociali, la tendenza e pendenza, seppur celata o accennata appena, di chi racconta, compromettono le vicende realmente accadute, se realmente abbiamo modo di conoscerle sotto una parvenza di autenticità. La manipolazione storica è, in un certo senso, un elogio del ricordo, seppur distorto. Quando Augusto, avendo sconfitto Marco Antonio, ne decreta in Senato la damnatio memoriae, distruggendo archivio, busti, monumenti e ogni oggetto collegato alla figura del traditore “orientale”, dipinto dalla propaganda di allora come dedito all’ebbrezza del vino insieme a Cleopatra, contribuisce paradossalmente a renderne immortale la figura nei secoli. Il paradosso che oggi questa damnatio memoriae avviene anche in maniera subdola e democratica, quando per alternanza democratica vince uno schieramento politico una delle sue prime preoccupazioni è quello di mettere nella spazzatura i progetti delle precedente amministrazione di governo, reputando tutto pattume, ma permettetemi una immondizia che costa cara, perché quei progetti ed opere sono stati da noi pagati. Ma penso anche all’atroce tentativo di condurre una cultura verso il baratro della dimenticanza cui stiamo assistendo oggi. È possibile cancellare la memoria storica? Oppure, paradossalmente, disgrazie e rovine di oggi ne rinforzeranno il ricordo di domani?
Si vales bene est, ego valeo!
Favria, 10.09.2017 Giorgio Cortese

Nel cervello umano esiste una parte deputata all’intuizione ed una alla riflessione, insomma siamo di duplice natura irrazionale e creativa? Ma certe persone se ne rendono conto?

Il poilu!
Leggevo un libro sulla Grande Guerra, e ho trovato questa grazioso soprannome dato ai fanti francesi durante la Prima guerra mondiale. Poilu, in argot, il dialetto francese, significava coraggioso, col pelo sullo stmaco. Questo lemma veniva utilizzato per indicare una persona con coraggio, ma alludeva ai peli di barba veri e propri perché in trincea, al freddo e nel fango di certo non era facile rasarsi. Infatti nei manifesti d’epoca i poilus venivano ritratti con lunghi mustacchi. Soldati coraggiosi e determinati con la baionetta lunga 55 cm che era sopranominata “Rosalie”!
Favria, 11.09.2017 Giorgio Cortese

Nella vita ciò che conosco è solo una piccola gocia ma quello che ignoro un oceano infinito

Indovina grillo
Da questo piccolo insetto, abbondante in campagna, di color bruno nerastro lucido, che canta specialmente sull’imbrunire, sono nate delle frasi: secco come un grillo, per indicare una persoma mingherlina, oppure mangiare come un grillo, pochissimo ed infine avere il cervello di un grillo, piccolissimo. È frequente anche il modo di dire: ”indovinala grillo” che deriva da un gioco di ragazzi, oggi non più praticato, consistente nel trarre pronostici dai movimenti di un grillo su una specie di circolo disegnato con parecchi numeri, di cui ciascuno con un preciso significato, e usata per dire che non si sa proprio come sarà, come riuscirà qualche cosa, o come stia realmente un fatto: chi vincerà la partita. Riporto un racconto che spiega la presunta origina della simpatica frase. Si dice che il giovane Ferdinando Medici, , figlio di Cosimo II, un giorno volle fare una burla ad collaboratore della corte del padre di nome Grillo. Ferdinando incontratolo nel giardino si chinò a terra e raccolse qualcosa stringendolo in mano; chiese poi a Grillo, burlandosi di lui e prendendolo in giro, di indovinare cosa fosse con la frese: “Indovinala Grillo?”. Il povero uomo, disperato per l’ennesima burla tesogli dal giovane, esclamò, riferito a se stesso: “Povero grillo in che mani sei capitato!”. Il giovane non credeva alle sue orecchie, aveva indovinato, era proprio un grillo quello che stringeva tra le mani.
Favria 12.09.2017 Giorgio Cortese

Dentro ogni difficoltà che incontro esiste un mondo di opportunità!