Caffé al tempo dello smartworking! di Giorgio Cortese

Lavorando da casa, o meglio usando l’anglicismo che non mi piace, smartworking o lavorando fisicamente sul luogo di lavoro, per non parlare del sabato e della domenica mattina, quello che manca adesso con la pandemia oltre alle strette di mano, il contatto fisico, è la pausa caffè! Ecco quello che manca è la pausa caffè alla macchinetta o al bar con i colleghi, ma anche il gustare con traquillità un caffè con gli amici al sabato e alla domenica mattina, parlando dal calcio alla politica, passando ai problemi personali, senza acredine, senza una tabella da conferenziere, ma solo per scambiare idee e sensazioni. Mi domando, ma farci il caffè in cucina è qualcosa di diverso? La risposta, purtroppo, non è così scontata, si prende quasi sempre da soli o con i famigliari, insomma è come fare gli esami da privatista o preparami con i compagni di classe! Capire il valore di una pausa caffè con colleghi o amici mi offre spunti di riflessione personale. Premetto non entro nel merito del lavoro da casa, la sua produttività ed altro ma del fattore umano e della mancanza del contatto fisico con le persone con cui lavoriamo o condividiamo l’amicizia. E’ vero che il lavoro da casa rivoluziona il modo di vivere, la professione e le relazioni, creando un’enorme quantità di passaggio di inforemazioni. Ma quale tipo di informazioni vengono passate? Per lo più sono solo informazioni di servizio, decisionali, che spiegano come svolgere i compiti da soli e in team. Tutte queste informazioni, messe nero su bianco o videoregistrate, esigono chiarezza, ordine e razionalità ma sono assai diverse dalle informazioni che ci si scambia dal vivo sul luogo di lavoro, magari davanti ad un caffè! Certo la pausa caffè non è una riunione di Governo o della NASA per lanciare un razzo su Marte, non è una riunione ufficiale, dove si deve prendere posizione sulle decisioni prese, con i giri di tavolo, ma una forma di comunicazione implicita dove emerge il valore della comunicazione verbale diretta tra noi esseri umani. L’apprende e scambiarci informazioni fisicamente non è paraganabile a trasmetterci le informazioni davanti al freddo video di un computer. Il prendere il caffè insieme e non in smartworking è cogliere l’empatia di chi mi sta vicino e anche i suoi problemi, preccupazioni e aspirazioni. Come esseri umani siamo animali sociali, questa è la nostra storia, quella di condividere davanti ad un pranzo o ad un caffè le nostre informazioni ed esperienza. Questa pandemia ci aiuta capire che solo collaborando tra tutti noi possiamo rallenatrne la diffusione ed avene il sopravvento ma anche che gli spazi fisici sono importanti come il luogo di lavoro, che è molto di più di quanto pensiamo. Il lavoro non è un non luogo ma uno spazio fisico molto più importante di quello che pensiamo. Il lavoro è sentirci utili a coleghi, altre persone di valore, con i loro personali talenti trasmettendo le informazioni anche davanti ad una tazza di caffè. Ricordiamoci che femarci qualche minuto ci rende più motivati, dicono gli esperti, soprattutto sugli obiettivi a lungo termine, infatti quando lavoriamo, la corteccia prefrontale compie uno sforzo e, se l’impegno necessario è prolungato, prendersi una pausa aiuta a mantenere l’attenzione e a ritrovare la giusta motivazione. Bere un caffè e chiacchierare con i colleghi, infine, aiuta a socializzare e a fare squadra, con il vantaggio di dar vita a un ambiente lavorativo più disteso, sereno, in cui si affrontano meglio le difficoltà e anche gli ultimi arrivati non fanno fatica a integrarsi. Quello che mi manca è una tazza di caffè con i colleghi ed al sabato mattina con gli amici e a Voi? Non c’è niente di meglio di una tazza di caffè per stimolare il cervello!
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