20 novembre 1910 – La formula della felicità – Che cosa è la musica? – Chiamale se vuoi emozioni. – Rugghio nevrile! – Stupro dell’intimità familiare. – Autolico!…LE PAGINE DI GIORGIO CORTESE

Le meraviglie si trovano ad ogni istante. Mi sforzo di cercare di sentirle, di percepirle, invece di pensare. Il senso profondo della vita si trova al di là del pensiero.

20 novembre 1910
Inizio dell’epopea dei campesinos.
Il presidente messicano Porfirio Diaz è nei fatti un dittatore. E quando il democratico Francisco Madero si presenta contro di lui alle elezioni del 1910 finisce in carcere a San Louis Potosì. Liberato Madero si rifugia negli Stati Uniti e lancia un manifesto rivoluzionario. Il Plan de Potosì, in cui denuncia la tirannia, esortando il popolo a ribellarsi e fissando anche la data dell’insurrezione, il 20 novembre 1910. L’appello viene raccolto soprattutto dai contadini, campesinos, che vivono in condizioni di estrema miseria. Una serie di sollevazioni a catena in tutto il Paese mette il governo alle corde. Dopo pochi mesi Diaz prende la via dell’esilio e Madero diventa presidente ma sarà poi rovesciato ed ucciso dal generale golpista Victoriano Huerta nel 1913. Inizia per il Messico un lungo periodo rivoluzionario durato un decennio, in cui si metteranno in luce leader popolari come Pancho Villa ed Emiliano Zapata, poi assassinati.
Favria, 20.11.2018 Giorgio Cortese

Non contraddite gli ignoranti e i presuntuosi, si autodistruggono parlando.

La formula della felicità
La formula per esseri felici è semplice ma ci vuole passione, amare, e amare con sacrificio di sé, amare tutti e tutto, stendere in tutte le direzioni la tela di ragno dell’amore: chi ci capita dentro, quello va preso
Favria 21.11.2018 Giorgio Cortese

La gentilezza dovrebbe diventare il modo naturale della vita, non l’eccezione.

Che cosa è la musica?
La musica è misteriosa, quando l’ascolto essa mi suggestiona, mi eleva, mi anima, mi culla, e a volte riesce a rattristare il mio animo portandomi un turbamento interiore. La musica ritengo che rende più importante la mia persona e il mondo in cui risuona, sia esso il mondo di ogni giorno o quello fantastico di un film o di una pièce teatrale. La musica è dotata di luce propria e riesce ad illuminare oggetti, avvenimenti, espressioni o gesti di per sé irrilevanti dando loro un nuovo significato. Insomma la musica valorizza anche gli aspetti più semplici e minuscoli della vita quotidiana. La musica porta al divino, perché come affermava Plutarco è: “invenzione divina”. La musica è il più grande bene che come esseri umani conosciamo, il nostro paradiso sulla terra. Pensate che forza la musica riesce con le sue melodie e ritmi a ricorarci che noi amiamo non solamente con il corpo e la mente, ma con tutto il nostro essere. Tutti siamo nati Si nasce da un atto d’amore, viviamo su questa terra cercando l’amore e alla fine dell’umano cammino nutriamo la speranza di ricongiungerci all’Amore Assoluto e la musica ci aiuta a provare a viaggiare nell’infinito e nell’eterno, poi quando finisce ritorniamo nella piccolezza del nostro essere per scoprire che qualche frammento di mistero è rimasto nel profondo dell’animo. Insomma la musica giunge là dove le semplici parole non arrivano ed esprime l’inesprimibile all’infinito. Sono queste le sensazioni che mi attraversano l’animo quando ascolto la Filarmonica Favriese esibirsi e Vi invito a venierla ad ascoltare sabato 24 novembre al Salone Polivalente adiacente al Palazzo Municipale alle ore 21,00 perché solo la musica apre il cassetto dei sogni e dei ricordi con la sua chiave di violino
Favria 22.11.2018 Giorgio Cortese

Certe mattine al risveglio con le dita mi pare di accarezzare l’abisso del mio animo

Chiamale se vuoi emozioni.
Emozione, forse una delle parole più belle del nostro vocabolario. Infinita delle sfumature, delle impressioni che può animali. Emozione, invase la mia esistenza, ravviva e vivacizza . Cos’è un’emozione da dove nasce? Difficile dare una descrizione delle emozioni. Le emozioni sono il filo conduttore della mia vita quotidiana firmata da gioia, riso, delusione, tristezza, rabbia e panico. Mi attraversano l’animo veloci e repentine e mi auguro sempre di poter trattenere quelle lieti e dimenticare presto le altre. Ogni giorno nel quotidiano cammino sono lì e allora chiamale se vuoi …emozioni!
Favria 23.11.2018 Giorgio Cortese

Cominciando da oggi, tratto chiunque incontro come se stesse per morire entro mezzanotte. Elargisco tutta la gentilezza e la comprensione di cui sono capace senza pensare a qualsiasi ricompensa, penso che dopo la mia vita non sarà mai più la stessa

Rugghio nevrile!
Certe persone sono solo un rugghio nevrile. Mi spiego meglio cercando di dare una definizione ai due termini. Rugghio è sinonimo di ruggito oppure un rumore cupo e prolungato. Strana parola derivato di rugghiare, forse incrocio di ruggire e mugghiare. Ecco queste persone vivono la giornata con un rugghio nell’animo, mai una gioia! Il rugghio è a metà fra un ruggito e un mugghio, convergenza di leone e toro e questo sordo rugghio risuana nell’animo per spigere questi personaggi a vivere uno stato nevrile. Sempre eccitati e pronti a scattare con vigorosi e cupi brontolii. Nevrile deriva da nervo, nell’ottocento, pensate esisteva la parola nevrilità, per descrivere una carattere dei nervi e la loro attitudine alla conduzione d’impulsi elettrici . ora la persona nevrile a diventare nervosa, il passo è breve.
Favria 24.11.2018 Giorgio Cortese

La vita non è altro che il tempo concesso per realizzare i miei sogni.
Stupro dell’intimità familiare.
Una caro amico ha avuto la spiacevole sorpresa di aver trovato la casa visitata dai ladri! Questo spiacevole episodio mi ha fatto pensare a quanto affermava ieri un cliente che invocava pene draconiane per chi ruba in casa, con il diritto di farsi giustizia da se. Questo folcloristico personaggio che chiamo Furioso animato dalla sete di vendetta. Certo il furto in casa ritengo che si uno “stupro” dell’intimità familiare, ed è una dolorosa esperienza. Questo episodio mi obbliga a riflettere che come cittadino ho la necessità di avere dei governanti centrali e amministratori locali che la smettano una buona volta di pontificare dopo il danno, come se tutto fosse sempre colpa di un destino cinico e baro e di “cattivi” per natura o d’importazione. Voglio che chi ha il potere e il dovere di farlo agisca “prima”, dando efficienza alla prevenzione del crimine, che non è un modo di dire, ma un modo di fare. Nulla da spartire con l’esagitato Furioso che pensa di agire come con i banditi del Far West e meno ancora con chi identifica i Martiri che hanno versato la vita per la fede in Cristo con chi difende, se riesce, la propria vita dai saccheggiatori di mestiere. Quello che serve è la presenza e vigilanza concreta sul territorio, ed è certezza della legge, della pena e dell’umanità di regole e sanzioni. Perché una Comunità civile non si vendica, ma si preserva per essere migliore. E non accetto che mi si dica che questo non si riesce a fare. Da cristiano, poi, non posso acconsentire al male. E questo, non vuol dire rassegnarmi a soccombere, ma l’esatto contrario, significa lottare ogni volta che serve, mettendo al primo posto i piccoli, i deboli, gli inermi. E significa, insisto, innanzitutto lottare per non dare la morte e per non farsi morte, anche a costo di uscirne sconfitto. Ma significa anche non darmela a gambe, sebbene il male vada letteralmente fuggito, e resistere alla tentazione della malvagità o, se vuole, alla dittatura del peccato. In definitiva, significa non arrendersi mai, proprio mai, in nessuna forma. Vuol dire sapere che Cristo con il suo sacrificio ha fatto il lavoro decisivo per me e per tutti, ma una parte della fatica spetta a me!. Questa, mi è stato insegnato, è la logica e la speranza e la successione del cammino della Croce e della Risurrezione. Continuo a pensarlo e a dirlo, forse con enfasi, ma prima di tutto a me stesso, proprio perché da una vita sperimento un senso d’inadeguatezza e di gioiosa sfida davanti al compito di essere mite di cuore e capace di vita buona e vorrei avere ciò che non ho: la fede, la santità di vita e la forza disarmata e pacificante di Francesco d’Assisi al cospetto del lupo o del Mahatma Gandhi di fronte all’umanamente impossibile, perché i giusti e i salvati, come non si è stancato di insegnarci a suo tempo papa Benedetto, non sono solo tra i battezzati. E c’è dell’altro, da essere umano semplicemente non posso e non voglio fingere di non sapere e di non vedere che il male c’è ed emerge pure là dove si vive tutti bene, o si vive meglio, e con alto grado di sicurezza, ma che nelle situazioni di miseria, di marginalità e di degrado la prepotenza e la violenza si scatenano di più. Per questo bisogna reagire con forza all’ingiustizia e alle crescenti diseguaglianze. E, qui e ora bisogna decidersi a frenare fino a capovolgere con scelte “attive” il processo di impoverimento di milioni e milioni di concittadini. Impoverimento che è una doppia tragedia, che stravolge e mortifica la vita di tante persone, soprattutto, ma non solo, anziani e giovani, e prepara dolori e drammi anche per chi si pensa in salvo. Infine, continuo a scoprire in diversi modi, e proprio come ci ricorda incessantemente il Papa, che la misericordia non esclude nessuno e non impedisce affatto la giustizia, ma la reclama e le dà anima. Perciò il lavoro che redime va proposto e moltiplicato, non esorcizzato o addirittura bestemmiato. Credimi, non è pensabile continuare a costruire scivoli verso l’abisso che si spalanca tra l’ordine e il rispetto reciproco giustamente difesi e i colpi di pistola fai-da-te. E ogni predicazione dell’assoluta legittimità del “se mi entra in casa, gli sparo” è radicalmente insensata. Perché, detto e pensato così come si sente e come i fatti di cronaca indicano, la parola “casa” finisce per essere non tutto, ma tanto: le scale del condominio, la mia auto, la mia bicicletta, il portone comune, la strada che lambisce il muro del cortile. Ma dove si finisce, di questo passo e con questi spari annunciati? Nella privatizzazione della giustizia, nel cupo abisso della vendetta!
Favria, 25.11.2018 Giorgio Cortese

Nella vita quotidiana quandi diveniamo insensibili all’orrore il dolore si piega in noi stessi

Autolico!
Autolico, è un personaggio della mitologia greca sposo di Anfitea. Autolico aveva un fratello gemello Filammone. Entrambi sono figli del dio Mercurio, Ermes e di Chione, diglia di Dedalione. Autolico sposato con Mestra figlia di Erisittone, è il padre di Anticlea, che sposando Laerte generò Ulisse. Ecco da dove ha erifato Ulisse la sua proverbiale astuzia proprio da questi antenati. Autolico invece, ereditò dal padre Ermes, il dio dei ladri, il dono di riuscire a rubare a chiunque senza mai venire scoperto e soltanto Sisifo, figlio di Eolo, che non è il dio dei venti, era considerato superiore a lui nell’arte dell’inganno, tanto da irritare lo stesso Zeus, Giove che lo condannò ad una dura fatica. Autolico è citato anche nell’Iliade, libro X, per aver rubato l’elmo di cuoio di Amintore, che fu poi dato al nipote Ulisse. Nell’Odissea, libro XIX, cura Ulisse ferito alla coscia durante la caccia al cinghiale. Viene annoverato anche fra i partecipanti della spedizione intrapresa dagli argonauti.
Favria 26.11.2018 Giorgio Cortese

Oggi regalo a un estraneo uno dei miei sorrisi. Potrebbe essere l’unico sole che vede duragiorgio_cortese_ott18nte il giorno. Ovunque ci sia un essere umano, vi è la possibilità per una gentilezza.