1936, anno XIV dell’era fascista tratto da “l’Angelo della Famiglia” di Ivan Bianco Levrin

Il frontespizio del bollettino ci riporta indietro nel tempo, a Quando Ivrea era provincia di Aosta.
Nel retro della pagina una fotografia di gruppo fatta a Ronco. Io ho riconosciuto solo Carolina Gialdrone, di Quandin/arcando.
Le due sorelle, Pina e Carolina, vivevano a quandin nella casa che ha l’ingresso a fianco della fontana.
Carolina non si era mai sposata. Era bruttina, ma altre ragazze bruttine avevano trovato marito. Poi ho scoperto l’arcano.
Torniamo indietro nel tempo dicevo, il bollettino é del 1936. All’epoca le giovani in età da marito dovevano valutare se il futuro sposo fosse in grado di sostenere una famiglia, ed in questo erano facilitate dallo stato. I ragazzi, arrivati all’età di 18 anni venivano identificati come coscritti (co-iscritti, ovvero iscritti tutti insieme nei registri della leva militare). Dovevano recarsi alla visita di leva in cui venivano sottoposti ad una visita accurata, l’antesignana del moderno ceck-up, che durava anche tre giorni. Da lì uscivano o con il foglio di idoneità alla leva perchè “abile, di sana e robusta costituzione” oppure riformato perché presentava dei problemi fisici o mentali.
Le ragazze facevano loro quella selezione. “Se non é buono per il Re, non è buono per me”.
Diverso era per il giudizio che i ragazzi dovevano farsi delle future mogli. Fondamentale era l’aspetto fisico dal quale ricavare qualche indizio sulla capacità di affrontare le gravidanze e le fatiche della campagna. Bastava un indizio sfavorevole, un piccolo difetto fisico e tutto si complicava.
In quel periodo le famiglie erano numerosissime, si arrivava abitualmente a 5-10 figli, ma la mortalità infantile era altissima. Una ulteriore riduzione della popolazione era poi fatta in età adulta: gli uomini morivano in guerra e le donne morivano di parto.
Torniamo a Carolina. Da giovane si diceva che fosse stata stata ricoverata in ospedale per una cosa banale, probabilmente per una appendicite. Ma una ragazza che era stata in ospedale, mamma mia, bisognava stargli alla larga perchè “E’ marcia”. E così in funzione dei pregiudizi e della ignoranza dell’epoca, rimase zitella.
Così mi è stato raccontato.
Tutto questo mi é tornato alla mente leggendo quella logora pagina del bollettino del 1936, che condivido con voi.
Ivan Bianco Levrin
ivan1 ivan2