18 settembre 1938 l’italica vergogna! – Da piazza a pallaio! – La gente. – Creiamo dimenticanza….- Probo probiviro e probulo. – Aplustre! – Con il passare degli anni….LE PAGINE DI GIORGIO CORTESE

18 settembre 1938 l’italica vergogna!
Non è vero che gli anniversari servono solo a celebrare le glorie passate, ma anche a interrogarci sui momenti bui e sulle pagine nere della storia come le leggi razziali del 1938. Dal 18 settembre del 1938, sono passati ottanta anni da quelle vergognose leggi, una delle vicende più vergognose della Patria dalla sua unità. Una serie di leggi antisemite varate dal regime fascista fra l’estate e l’autunno del 1938 che di colpo, senza apparente motivo, trasformavano i circa 47.000 ebrei italiani in cittadini di serie B, negando loro, fra l’altro, l’accesso alle cariche pubbliche e all’insegnamento, limitandone le attività economiche e vietando i matrimoni misti. Dicono che la scelta antisemita, una bufala, fu fatta dalle pressioni, che non vi furono, di Hitler. E nessuno può pensare che a spingere Mussolini sulla via del razzismo siano state le sollecitazioni di pochi pseudo-scienziati o di giornalisti in cerca di notorietà. Ma la cosa angosciante che allora di fronte a misure così radicali la cosidetta società civile, ormai assueffatta all’autoritarismo fascista rimase indifferente, come la monarchia e la Chiesa. Ma anche tra gli stessi oppositori poche furono le voci fuori dal coro e le leggi razziali scivolarono come feccia su tutta la società. Perché non vi furono, salvo rare eccezioni, pubbliche prese di distanza negli ambienti dell’alta cultura? Perché i senatori di nomina regia, e in quanto tali inamovibili, rimasero in silenzio nella quasi totalità? Perché il tema trovò così poco spazio nella letteratura dell’epoca, compresi gli scritti, epistolari e diari, non destinati alla pubblicazione? Perché molti uomini di Chiesa accettarono la discriminazione, limitandosi a criticarne le motivazioni razziali e religiose? Perché non pochi imprenditori e commercianti approfittarono della condizione di minorità degli ebrei per liberarsi di qualche concorrente? Perché nemmeno nei ceti popolari si registrarono proteste, magari silenziose, rispetto a quanto stava accadendo? Certo nell’Italia fascista esprimere dissenso, anche in forme contenute, poteva comportare un prezzo, in termini di lavoro e di carriera. Ma, nella maggior parte dei casi, non risulta che si rischiasse la vita. Potremmo auto assolverci dicendo che le leggi razziali non furono accompagnate da manifestazioni di fanatismo o di consenso popolare. Gli italiani, al contrario, le accolsero con distacco e con qualche perplessità. Ma non è detto che questa sia una scusante valida. Proprio perché difficilmente comprensibile ed estranea alla cultura politica e giuridica italiana, il razzismo coloniale era cosa recente e non certo una peculiarità nazionale, la legislazione razziale avrebbe dovuto suscitare un rifiuto più netto e, nei limiti del possibile, più esplicito. Se questo non avvenne, lo si dovette soprattutto a una diffusa insensibilità ai temi delle libertà individuali e dello Stato di diritto, anche di fronte a norme in evidente contrasto con lo Statuto, che voleva i cittadini uguali davanti alla legge. Attenzione allora i comunisti e socialisti liquidarono le misure antisemite come un tentativo di deviare l’attenzione degli operai dai conflitti di classe. Ma anche coloro che videro la gravità della svolta come Nenni e Rosselli si limitarono a denunciare la barbarie di Mussolini assolvendo il popolo, non cogliendo l’efficacia di una politica totalitaria ed efficiente ed oggi assistiamo al fomentare l’odio verso i migranti perché la storia di meschinità, di egoismi, di tradimenti può ripetersi. Mala tempora currunt sed peiora parantur!
Favria 18.09.2018 Giorgio Cortese

“Sed iam pompa venit linguis animisque favete! Tempus adest plausus, aurea pompa venit.”Ovidio, “Ma ecco avanzare la parata non parlate e state attenti! È tempo di appaludire, arriva la parata splendente d’oro”.

Da piazza a pallaio!
Domenica 16 Settembre dalle ore 8,30 del mattino nella piazza adiacente al Palazzo Comunale, avverrà una trasformazione: la piazza si modificherà in pallaio! Una porzione dello spazio asfaltato utilizzato per transitare, parcheggiare le auto muterà in un campo di bocce, il pallaio. Questo avverrà a Favria ad opera del Comitato T.T. Canavesano con il Patrocinio del Comune di Favria questa manifestazione promozionale. Che bello il gioco delle bocce, un gioco antico. La sua presenza è accertabile già nel Trecento inglese, e rudimentali bocce in pietra, risalenti al 7000 a. c. all’incirca, sono state ritrovate in Turchia. Gia’ i romani si divertivano con la bulla. Anche i greci, e prima ancora gli egizi nel II millennio a. C., praticavano un gioco non molto diverso da quello delle bocce. Pensate che nel 1600 il gioco delle bocce anche passatempi era addirittura proibito. Il gioco delle bocce, mi raccontava l’amico Moreno, uno degli organizzatori richiede sempre e comunque concentrazione e conoscenza di noi stessi, due attitudini che questo gioco aiuta a rafforzare. Sul campo, inoltre, c’è il confronto continuo con gli avversari e socializzare è naturale. Dallo scherzo alla discussione, il dialogo è costante. Insomma tra una puntata o accosto, lancio di precisione mirato a far arrivare la propria boccia il più vicino possibile al boccino, e una splendida bocciata al volo a a raffa il gioco delle bocce fa bene al corpo e anche alla mente, ottimo antidoto con la dipendenza da Iphone, mantiene in forma e per gli anziani aiuta a vincere la solitudine. Ricordiamoci che nella vita il modo in cui la gente gioca mostra qualcosa del loro carattere e allora si può scoprire di più su una persona in un’ora di gioco che in un anno di conversazione
Favria, 19.09.2018 Giorgio Cortese

La serenità è una canzone continua che scorre senza note che ne alterino il ritmo. La felicità è la furia selvaggia che risuona senza margini preimpostati.

La gente.
Il termine gente è di moda, affascinante, trovo che non significa nulla ma dice tutto, o meglio significa di non significare nulla. Non dà forma determinata, non suggerisce tratti specifici, nei negativi che positivi. Chiunque può essere gente, ma che cos’è gente? Gente è il contrario di popolo parola vecchia e ormai datata che sembra abbia anche assunto significati negativi come la parola derivata populismo, lemma che evoca dei regimi dittatoriali pertanto non mi stupisco perché molti al posto della parola popolo usano la parola gente, come detto prima può apparire affascinante e dall’aria innocua. La gente comune, la giusta indignazione della gente, la gente onesta che lavora. Ma attenzione la parola gente è vuota, cerca di accaparrarsi tutto ma è sempre un niente. Ma se la parola gente è tutto e nessuno a chi interessano le faccende di nessuno come, come già rimproveravano i ciclopi a Polifemo? Personalmente preferisco la parola popolo perché nonostante tutto ha fatto la storia. La sovranità appartiene al popolo, in nome del popolo italiano che sono tutte testimonianze vittoriose della parola popolo, invece la parola gente perde sempre
Favria, 20.09.2018 Giorgio Cortese

Molte volte non basta guardare, occorre guardare con occhi che vogliono vedere, che credono in quello che vedono.

Creiamo dimenticanza….
“Creiamo dimenticanza ….essi si vogliano bene gli uni con gli altri…e ricchezza e pace vi sia in abbondanza “ Odissea, XXIV, 484/486. Se ci maceriamo con sentimenti negativi ci intossichiamo la vita quotidiana. Lo stesso vale per le Comunità che si intestardiscono a non seppellire le loro controversie.
Favria, 21.09.2018 Giorgio Cortese

Quando la necessità costringe le persone ad usare parole sincere, cade la maschera e vedo l’essere umano.

Probo probiviro e probulo.
Si indica come “probo” una persona onesta e virtuosa, deriva dal latino: probus, coi medesimi significati. Una na parola di sapore antico, oggigiorno con tutti i furbetti che ci sono in giro, quasi mitica. La probità è un’onestà impregnata nell’animo delle persone integerrime, rette in tutto. Persone rare ma non estinte che contribuiscono a dare valore di purezza morale e di trasparenza pubblica che genera un onore civile. Siamo tutti probi se facciamo il nostro dovere ogni giorno, se ci chiniamo a raccogliere le cartacce senza selfie e autocelebrazioni, ma compiamo il gesto per senso civico. Siamo delle persone probe se rinveniamo oggetti o soldi senza neanche pensare di imboscarne una laida parte ma le portiamo al legittimo proprietario. Da probo a probiviri il passo è breve, i probiviri sono persone che per prestigio e qualità morali vengono investite del potere di dare pareri e dirimere controversie all’interno di istituzioni, associazioni, società, la parola deriva dall’espressione latina “probi viri”, uomini onesti. L’ampiezza di questa immagine si concentra sul significato particolare, infatti i probiviri sono quelle persone che, per la stima e l’autorevolezza di cui godono in virtù delle competenze che hanno e soprattutto delle loro doti morali, vengono chiamati a formare un collegio in istituzioni, associazioni, società, dove è importante avere un gruppo di persone capaci e di specchiata onestà che abbia il potere di dare pareri e giudizi, da questo collegio, costituito per legge, per consuetudine o per opportunità. I probuli dal greco probuloi, nell’antica Atene era un collegio di 10 membri eletti a vita e scelti tra i cittadini di età superiore ai 40 anni; fu creato nel 413, dopo il disastro di Sicilia, su proposta degli oligarchici che aspiravano ad avere in mano la direzione del governo. Al singolare probulo significava letteralmente “che delibera prima degli altri”, nell’antica Grecia era un magistrato nominato per consultare o prendere misure a favore del popolo. Il più autorevole dei probuli fu Teramene di Stiria. Collegi analoghi di probuli vi furono in vari altri Stati oligarchici greci.
Favria, 22.09.2018 Giorgio Cortese

La ruota gira per tutti. La mia ho l’impressione che ogni tanto sia bucata, e forse per questo che certe mattine ho sempre questo senso di nausea.

Aplustre!
Ho trovato questa parola rileggendo l’Iliade ed era l’ornamento che nelle navi antiche, sovrastava alla ruota di poppa ed era costituito da quattro o cinque assi ricurve, disposte a ventaglio, espanse in alto e riunite alla base. Secondo quanto scrivono antichi autori greci pare che l’aphlaston, così è il suo nome originario in greco, era attraversato talvolta da un legno diritto che si chiamava stylis e che portava una striscia di panno, tenia. La forma speciale di questo ornamento, che non si trova costantemente sulle navi antiche, pare derivasse dalla concezione per cui l’imbarcazione doveva sembrare un essere vivente, un mostro marino di cui l’aplustre figurava la coda emergente dall’acqua. Il primo chiaro ricordo presso gli scrittori greci, lo troviamo in Omero. Iliade, XV, 717, come scritto all’inizio, dove si legge di Ettore che si abbranca all’aphlaston di una nave nemica. In seguito l’aplustre compare anche in navi greche e romane con più o meno sensibili variazioni nel disegno. Ricordo ancora il rilevo scolpito sulla pietra sull’acropoli di Lindos a Rosi nel monumento ad Agesandro e nell’antica Roma si trovava tale ornamento sulle monete. Questa caratteristica della nave oltre a quelle commerciali e molto usata in quelle da guerra e si trova anche talvolta su archi di trionfo e spesso è impugnata da una figura che simboleggia la Vittoria come nelle monete di Imera
Favria, 23.09.2018 Giorgio Cortese

Possiamo ambire alla serenità, solo quando abbiamo raggiunto la consapevolezza, dei nostri limiti e delle nostre risorse.

Con il passare degli anni….
Con il passare degli anni ho scoperto che i momenti importanti nella vita non sono quelli annunciati, non i compleanni e neanche i grandi obiettivi raggiunti. Le vere pietre miliari sono meno pretenziose. Arrivano alla porta della memoria senza essere annunciate, cani randagi che entrano, annusano un po’ in giro e semplicemente non se ne vanno più. La mia vita ho imparato a misurarla da questi momenti.
Favria 24.09.2018 Giorgio Cortese

A volte un momento restituisce ciò che molti anni hanno tolto.
giorgioCorte